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Lettera aperta alla Diocesi di Fano

Lettera aperta alla Diocesi di Fano

Di fronte allo stupro perpetrato ai danni di una giovane ragazza da parte di suoi coetanei, durante la Notte bianca di Fano (PU), le parole della Diocesi appaiono tristemente lontane dalla realtà.

Martedi, 28/06/2011 - Come non dimostrare una forte e vibrata critica al comunicato stampa predisposto da don Giacomo Ruggeri, portavoce del Vescovo Trasarti, in merito alla triste vicenda che ha visto quale protagonista una ragazzina di quindici anni, violentata da tre sedicenni di Città di Castello (PG) durante la Notte bianca di Fano (PU). Colpiscono come pietre le parole utilizzate nella nota data ai media, soprattutto laddove l’episodio viene inquadrato nel fenomeno di “una accelerata e pseudo emancipazione che le ragazze di oggi hanno acquisto rispetto alle loro coetanee di alcuni anni fa”. L’abbigliamento, sempre più un mezzo “per esibire il corpo, che invece deve essere sacro, non ostentato e tanto meno oggetto”, appare nel comunicato la concausa dello stupro, insieme a quell’emancipazione che porta le giovani donne a rientrare a tarda notte, nell’indifferenza dei genitori, accusati “di non dare ai figli la propria testimonianza”. I violentatori sono, invece, definiti “ragazzi malati”, ai quali si rivolge la Diocesi “organizzando campi scuola tra quanti vivono il rapporto con il loro corpo e quello dell’altro in maniera sana senza farsi gioco di esso”. Gioco di esso??? Lo stupro non è un gioco, il ragazzo che violenta una sua coetanea non è un malato e la ragazza violentata non è un’adescatrice, l’uno da comprendere e curare e l’altra da biasimare e redimere. Il primo è un individuo che per il reato compiuto dovrà subire le conseguenze della detenzione e non il servizio civile presso l’oratorio! La seconda, che non se la va a cercare solo perché indossa un abito piuttosto che un altro, non potrà ristabilirsi nel corpo e nello spirito partecipando ai campi scuola organizzati dalla Diocesi di Fano! A lei che dovrà, piuttosto, liberarsi da quel senso di colpa, avvertito da ogni donna violentata, di aver provocato l’aggressione, occorrerebbero ben altre parole che quelle usate nel suddetto comunicato stampa. Per lei, che necessita di una medicina dell’anima, avranno il gusto del veleno quei giudizi affrettati ed irrispettosi della sua dignità, giudizi che mai avrebbe pensato di sentire da chi dovrebbe ricoprire proprio il ruolo di curatore dello spirito. La diagnosi della Curia è sbagliata come pure la cura, perché ci si dovrebbe interrogare sul perché ragazzi “appartenenti a famiglie normali” compiano atti così brutalmente violenti. Probabilmente i loro genitori non li hanno educati al rispetto della donna; probabilmente la scuola, o le altre agenzie educative, non gli hanno insegnato alcunché su come coniugare l’educazione sentimentale con quella sessuale, al fine di evitare un uso prorompente dei loro istinti; probabilmente la vendita e l’uso di sostanze alcoliche, o altro ancora, induce i minorenni a non essere capaci di controllare pulsioni che sempre più li dominano; probabilmente i ragazzi non riescono neppure a capire che hanno commesso un reato, perché altrimenti non chiederebbero “ma che abbiamo fatto di male?”, quando gli viene notificato l’atto giudiziario. Solo a questo punto interverrebbero gli adulti, che gli consiglieranno di dire che la ragazza era consenziente “perché ci stava”, salvo poi essere smentiti dai riscontri medici in base ai quali la presenza di lesioni alla spalla ed al ginocchio dimostrano che la vittima è stata costretta al rapporto sessuale. Mi chiedo se i rappresentanti della Diocesi vogliano anche loro offrire un aiuto del genere agli autori di un atto così efferato, gettando discredito su quella ragazza che da “emancipata” era stata in giro fino a tarda notte e da “chissà come abbigliata” aveva suscitato gli istinti repressi di quei giovani “malati”? Siate più umili nel proferire giudizio che per una ragazza di quindici anni avranno l’amaro, anzi amarissimo, sapore di una sentenza che non tiene alcun conto di quel fortissimo dolore interiore che sente attanagliarle l’anima; siate più pietosi, di quella pietas cristiana che necessita oggi di una veste nuova, per far sì che possiate essere avvertiti spiritualmente vicini a chi soffre, ma non di meno puntualmente severi con chi sbaglia; siate più attenti esaminatori della realtà sociale che avete il compito di governare attraverso i vostri precetti educativi. In tal senso e nel solco degli insegnamenti di cui i giovani abbisognano, agite di concerto con le istituzioni scolastiche, di modo che esse, organizzando lezioni di educazione sessuale, predispongano con il vostro ausilio corsi a quell’educazione sentimentale che, come la prima, non può apprendersi da sé o con l’aiuto degli amici o peggio ancora attraverso film e materiale pornografico attinti dalla rete. A don Giacomo Ruggeri, portavoce del Vescovo, come cattolica indignata per quel comunicato stampa, chiederei personalmente di essere vicino quotidianamente alla ragazza violentata, di modo che la verità di quel dolore lo induca da un lato a rischiarare il nero profondo delle parole usate a commento del drammatico evento e dall’altro a disvelare quel sentimento di pietà che dovrebbe accompagnare il suo cammino di educatore dell’anima.

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