Lettera al Governo italiano della rete abolizionista
Emergenza Covid19 e salvaguardia delle donne prostituite
Giovedi, 16/04/2020 - Lettera al Governo italiano della rete abolizionista
Emergenza Covid19 e salvaguardia delle donne prostituite
Moltissime donne nel nostro paese subiscono stupro a pagamento. Non solo vittime di tratta ma anche donne sfruttate da mariti, fratelli, fidanzati e parenti. Il regime schiavistico nel quale vivono si è aggravato per loro come per tutte le vittime della violenza maschile. Nel loro caso si aggiunge, alla sistematica costrizione, la minaccia concreta di contagio da Covid19 attraverso rapporti ravvicinati e senza protezione.
La riduzione generalizzata della capacità di spesa dei clienti, che in Italia non sono puniti, fa di molte di queste donne “una risorsa da sfruttare fino all’osso” per gli schiavisti organizzati o no.
Nell’emergenza si evidenziato che queste donne sono fattualmente escluse dall’esercizio della salvaguardia e della cura, a causa dell’isolamento al quale sono sottoposte e perché sono private di un reddito proprio.
Le misure per la ripresa dopo l’emergenza Covid19, oltre che nel perdurare di questa, dovranno puntare a un ribaltamento di prospettiva nelle politiche sociali ed economiche in ragione delle mutate condizioni degli scambi e della produzione. A maggior ragione è da considerarsi inaccettabile il silenzio della politica sulla povertà femminile, causa non unica ma molto rilevante, della riduzione in schiavitù sessuale.
L’occasione della ripresa non può fondarsi sulla riorganizzazione occupazionale alle condizioni presenti, che escludono le donne sottacendo e tollerando la loro possibile sottomissione al mercato sessuale.
La Convenzione di Istanbul, ratificata dal Parlamento italiano, definisce i connotanti della violenza maschile nelle sue varie espressioni, sessuali psicologiche ed economiche: sono i connotati che caratterizzano la normalità vissuta dalle donne prostituite. Eppure, sembra che per ora non sia stata presa in considerazione alcuna misura per la protezione di queste vittime di violenza maschile, per le quali l’isolamento si trasforma in una possibilità di ulteriore sfruttamento e nell’impossibilità di difendersi dal contagio.
Si teme che gli effetti di questa mancata attenzione non tarderanno a risolversi nell’ulteriore degrado delle condizioni di vita imposte alle donne prostituite.
La discussione aperta in parlamento, e nel Governo, sulle politiche da adottate a protezione sanitaria e sociale delle cittadine e sulle strategie di ripresa nel paese, deve misurarsi con le indicazioni della risoluzione 2013/2103 sulla prostituzione (Honeyball), con le direttive in attuazione della convenzione contro tutte le discriminazioni contro le donne (CEDAW) e con la Convenzione per l’abolizione del lavoro forzato (105 OIL). Il Parlamento e il governo lo devono fare al più presto, perché per queste donne e per i loro figli si profila un vero disastro umanitario. Alle donne prostituite è preclusa ogni libertà di difendersi anche, e soprattutto, per la cultura che ancora prevede la necessità di fornire sesso a pagamento agli uomini. In questa presunta necessità si considerano inevitabili i rischi corsi dalle donne nel mercato di cui sono oggetto, e non di rado questi rischi vengono rappresentati come il segno delle colpe delle vittime, considerate come untrici. La legge Italiana condanna lo sfruttamento e il lucro sulla prostituzione, ma il mercato è solido e corroborato dalla domanda che preme per prestazioni sempre più spinte e sostenute da imprenditori che garantiscono anonimato e silenzio delle vittime. È un mercato collegato alla tratta di esseri umani e al commercio di droghe pesanti che per mantenere i suoi standard viola sistematicamente i diritti umani.
L'epidemia è una occasione unica per dimostrare come questa fetta di 'produttività' non è salvabile e non può essere protetta con mascherine e guanti. Il Covid19 è una occasione irripetibile per mostrare come sia aleatoria la posizione di chi asserisce che la prostituzione è un lavoro. Non esiste spazio per questa affermazione, perché la prostituzione, comunque la si chiami, è per antonomasia e nella pratica l’attività più pericolosa per le donne, e le attività pericolose, nella storia dell’umanità sono sempre state nella logica del superamento e poi dell’eliminazione. Tutte, tranne una che, forse perché impiega preminentemente donne e bambine, resiste ed anzi viene coltivata, a spese della salute e della sicurezza delle donne. Le esperienze mondiali, e soprattutto le testimonianze delle donne tedesche sopravvissute alla logica della “prostituzione legale e sicura”, dimostrano che non esiste spazio, nel mercato delle prestazioni sessuali a pagamento, per la salvaguardia di chi la prestazione la dà.
L’informazione in questa fase dell’epidemia continua a non occuparsi delle donne prostituite, ma si occupa invece del calo delle prestazioni in strada, presentando il fatto come curiosità, mentre è in corso una tragedia nella quale le donne chiedono aiuto.
La richiesta di aiuto di queste donne offre alla politica un’opportunità tardiva e inedita, e per questo irrinunciabile, per immetterle nel circuito delle leggi di tutela contro la violenza e per considerarle, quali sono, vittime di reati sessuali. Queste donne vanno sottratte alla malattia, alla morte ed a condizioni di maggiore sfruttamento, mentre sono alla ricerca sempre più difficile di mezzi di sussistenza primari come il cibo e un tetto.
La loro richiesta di aiuto non può divenire il lasciapassare per regolarizzare ciò che è nei fatti violenza e schiavitù sessuale, come affermato anche dalla Corte Costituzionale che ha ricordato, appellandosi all'art. 41 della Costituzione, che "la libertà di iniziativa economica essa non può, svolgersi «in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
La richiesta di aiuto delle donne in prostituzione va accolta come emergenza nella emergenza ma in un altro contesto che non sia quello ventilato da alcune associazioni anti-tratta. Essa deve potersi incanalare nei percorsi comuni alle donne vittime di violenza, e con questo obiettivo abbiamo firmato una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, e con questo obiettivo chiediamo al nostro governo:
- la creazione di un fondo dedicato al sostegno delle vittime della prostituzione e della tratta, erogato come reddito di primo inserimento nel sistema produttivo legale
- l'inserimento delle donne prostituite nei progetti nazionali e regionali finanziati per le vittime di violenza comprensivi di borse studio-lavoro e borse alloggio
- La predisposizione di una legge come quella francese che introduca nella fase di ricostruzione della post epidemia, il modello nordico per combattere la domanda di prostituzione e garantire su questo fronte che si attivino le uniche misure di contenimento del virus.
La rete abolizionista
(Arcidonna, Associazione Salute donna, Iroko, Resistenza Femminista, UDI di Napoli)
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