Siamo piene di dolore e di collera ...
Lunedi, 21/09/2009 - Una ragazza di diciotto anni, Sanaa Dafani, uccisa pochi giorni fa vicino a Pordenone dal padre, che si opponeva alle sue scelte di vita. Siamo piene di dolore e di collera per la vita spezzata di questa giovane donna. La morte di Sanaa si aggiunge a quelle di donne uccise o gravemente ferite in Italia negli ultimi mesi: Cristina M., 34 anni, uccisa dal marito separato (Rho, 29/8); Rosalia D., 17 anni, ferita gravemente alla testa dal fidanzato che voleva lasciare (Palermo, 23/8); Marta B., 36 anni, uccisa dal marito da cui si voleva separare, uccisi anche i due figli piccoli, Fabio e Mattia (7/8); Rossellina L., accoltellata a morte dal marito da cui stava divorziando (ViboValentia, 8/8); una donna non identificata dal giornale, accoltellata dal marito che voleva lasciare (Bari, 8/8); un’altra donna non identificata, strangolata dal convivente geloso (Roma,12/8). Al di là delle differenze - Sanaa è stata uccisa dal padre, un immigrato marocchino; le altre donne, e i loro bambini, da mariti o compagni, tutti italiani - colpiscono gli elementi comuni di queste tragedie: queste donne sono state uccise perché volevano scegliere le loro vite – allontanarsi dalla famiglia di origine e vivere con la persona amata, oppure chiudere una relazione, o lasciare un uomo violento, e perché pensavano, nell’Italia del 2009, che fosse possibile farlo. Sono morte perché uomini a loro vicini non hanno sopportato la loro autonomia, la loro libertà: da questa libertà si sono sentiti diminuiti, e le hanno uccise. Violare, maltrattare, uccidere una donna è inaccettabile. Non ci sono scusanti di ordine culturale o religioso: nel 2007, un giudice tedesco ha ridotto la pena a un immigrato italiano, colpevole di aver sequestrato e torturato la fidanzata che voleva lasciarlo, in quanto aveva considerato che venisse da una cultura arretrata. Né possiamo accettare le scusanti addotte quando un uomo uccide la moglie, e spesso i figli, perché lei voleva lasciarlo, spesso dopo anni di maltrattamenti: un raptus, un litigio, troppo amore, troppo dolore. Ma non possiamo neppure accettare che l’assassinio di Sanaa venga strumentalizzato per una campagna razzista, in cui tutti gli immigrati vengono assimilati a quei pochi che delinquono: sarebbe come affermare che tutti gli uomini sono degli assassini perché alcuni uccidono le donne. Né possiamo accettare una visione delle culture diverse dalla nostre come statiche, immutabili: in Italia il delitto d’onore è stato abrogato dal Codice penale italiano solo nel 1981. Le culture cambiano, evolvono: quella italiana, come le altre.
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