Lunedi, 11/08/2014 - RIceviamo e volentieri pubblichiamo
Dal 4 al 6 luglio, Bologna, ha ospitato un Festival eritreo nell’area destinata all’ex festa dell’Unità. Il festival, organizzato dal governo eritreo, presentandolo come un’occasione di incontro culturale e sociale per gli eritrei della diaspora, in realtà era uno strumento di propaganda e per cercare un avvallo internazionale. Il Coordinamento Eritrea Democratica, appoggiato internazionalmente dalla diaspora eritrea, pacificamente, si è opposto a questo festival e a qualsiasi forma di appoggio istituzionale al governo eritreo, responsabile di detenzioni arbitrarie, servizio militare a tempo indeterminato, casi documentati di tortura e sistematica negazione della libertà di stampa, di opinione e di credo religioso.
L’Eritrea, dalla sua indipendenza da vari colonialismi, dal 1991, è guidata dallo stesso uomo senza nessuna elezione e senza l’applicazione della sua Costituzione emanata nel 1997. In Eritrea c’è schiavitù camuffata da “servizio militare” a tempo indeterminato ed è l’unico paese al mondo senza un’università. Ci sono però più di 10.000 prigionieri politici, più di 360 carceri ufficiali, sparizioni, uccisioni sono all’ordine del giorno. Secondo i documenti delle Nazioni Unite, circa 3.000 persone al mese scappano dall’Eritrea - Paese che conta circa 4 milioni di abitanti - e uno dei Generali è l’organizzatore della vendita degli eritrei nel Sinai. Il naufragio di Lampedusa che ha causato la morte di circa 360 eritrei è la punta di iceberg del dramma eritreo. Le salme dovrebbero essere rinviate in Eritrea e avere una sepoltura nelle terra d’origine, così le persone capirebbero e non organizzerebbero i viaggi della speranza per intere famiglie o giovani, e ultimamente in numero sempre più elevato di bambini non accompagnati che rischiano la vita scappando via terra e via mare, diventando spesso merce per un possibile commercio di organi.
Il Comune di Bologna, fedele alla sua tradizione, quando ha capito che dietro il Festival c’era il governo eritreo, ha ritirato il suo patrocinio ed è stato a fianco del Coordinamento Eritreo Democratico. Così come tante associazioni, artisti e organizzazioni femminili come La Casa Internazionale Delle Donne di Roma. Ci auguriamo anche che sia la linea del governo italiano e trovi un modo per riportare le salme delle vittime di Lampedusa in Eritrea. In nome della nostra storia in comune e dell’amore tra i due popoli, il Coordinamento Eritrea Democratica, spera che l’Italia, soprattutto durante il suo semestre europeo riesca a gettare le basi che servono per l’Eritrea democratica. La situazione attuale dell’Italia ci fa pensare che forse nell’agenda del trimestre Europeo dovrebbe essere inserito il tema dell’immigrazione che ormai da troppi anni è diventato un problema di discriminazione. Manca, inoltre, una proposta concreta per l’integrazione. Il nostro è un Paese con coste soggette a continui sbarchi (impossibili da fermare) eppure noi abbiamo paura del diverso, di quello che è altro da noi e non vogliamo confonderci e ricordare che gli italiani sono un popolo di immigrati da sempre, persone che una volta lasciavano le campagne e partivano per crearsi un altro futuro. Oggi i nostri figli partono dall’Italia perché non si trova lavoro, ma il lavoro non è più pensabile averlo sotto casa ed in un mondo globalizzato dobbiamo di nuovo trovare la bussola e darci dei tempi per essere all’altezza delle sfide che ci attendono. Si pensa che non siamo in grado di poter essere noi stessi ed invece in un momento di crisi diventa una vera risorsa il conoscersi, instaurare rapporti di rete che diano la possibilità di capire il perché una donna deve attraversare il deserto per giungere in Italia, Paese che ha ben poco da offrire, Ma se quella donna parte da cosi lontano ci sarà un motivo sensato, infatti scappa dalla guerra o dalle dittature. L’Europa costituita da 27 Paesi deve pur capire che è un problema da affrontare con più forza anche nelle regioni natie, deve creare progetti che possano far capire che di là dal Mediterraneo non esistono oasi di vita migliore che noi abbiamo poco da offrire. Ma la nostra è una storia che scandisce il tempo ed in questo tempo c’è un modo per rimettersi in discussione e percepire nuovi modi di essere e di affrontare i problemi non abbandonando la speranza che ci sia una svolta in positivo. Facciamoci aiutare dall’Europa a sviluppare dei ponti affinché le donne, i bambini non partano più. Aiutiamoli a casa loro. Uno dei punti nodali credo che sarebbe restituire le bare dei loro figli all’Eritrea. Sarebbe un gesto molto forte e credo che già le aspettassero. Se non possono essere inviate è solo per problemi politici. Bisogna fare un encomio alla nostra Marina Militare che con l’operazione Mare Nostrum ha salvato, e salva, tante vite umane.
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