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Leggiamo i disegni dei bambini

Leggiamo i disegni dei bambini

I nostri figli/1 - Pubblichiamo un ciclo di interventi sul significato del disegno infantile in relazione alle fasi di sviluppo. La psicologa risponde alle domande e analizza i disegni dei bambini

Baldassarre Bruna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2006

Parlare di bambini è come parlare di noi, di ciò che eravamo e di ciò che dovremo essere. Le prime esperienze sensoriali, attraverso la sperimentazione grafico-pittorica sono uguali in tutto il mondo. Il bambino, disegnando, rende trasparenti le motivazioni di base che lo invogliano ad esprimersi. Al pari del gioco simbolico e del linguaggio, il disegno infantile è un tipo di comportamento significativo della comparsa dell’attività rappresentativa. Neppure all’inizio, l’attività grafica rappresenta qualcosa di involontario o di casuale, ma è invece una conquista intenzionale, un modo di conoscere il mondo che segue una certa evoluzione. Il disegno dei bambini c’illumina sul comportamento infantile nella sua globalità, proprio perché gli scarabocchi sono visti come la traduzione grafica inconscia di uno stato emotivo. Sono i fattori ambientali, quelli affettivi e sociali, ad essere così determinanti anche nello sviluppo dello stesso bambino. Sembra inconsueto credere che sia l’intento rappresentativo, e non l’immagine o la forma, a determinare la costruzione degli schemi figurativi. Eppure tutto ciò avviene fin dai primi scarabocchi. I primi passi, e i mezzi usati dal bambino per esplorare l’ambiente esterno gli aprono un mondo nuovo, tutto da vedere, da ascoltare, da toccare. La possibilità di sperimentare liberamente in senso lato, e soprattutto nell’ambito grafico con i primi scarabocchi, predispone il bambino verso un migliore apprendimento del linguaggio simbolico e della lettura. Già da un anno, un anno e mezzo il bambino inizia la sua attività grafica con lo scarabocchio onomatopeico, cioè uno scarabocchio accompagnato da un suono. La non casualità viene dimostrata dal fatto che il bambino ripete lo scarabocchio quando si nomina l’oggetto rappresentato sia dallo scarabocchio sia dal suono che l’accompagna, fino ad acquisire una struttura più di tipo formale intorno ai due anni d’età. La somiglianza con un oggetto reale non è formale, cioè i vari scarabocchi vengono combinati tra loro secondo un ordine spaziale e a seconda della grandezza assumono un significato preciso, nel senso che il più grande è anche il più è importante. Prima ancora di avere una carica rappresentativa, gli scarabocchi hanno una carica espressiva, cioè costituiscono l’espressione grafica di esperienze interne piacevoli o spiacevoli, quindi non possono essere considerati un semplice prodotto dell’attività motoria fine a se stessa. L’intenzionalità, presente sin dai primi scarabocchi, determina il movente della creazione, ma il bambino può essere spinto a scarabocchiare anche dalla vitalità del proprio organismo e dal bisogno d’imitazione. L’analogia tra forma grafica prodotta e oggetto reale è l’ultima conquista di un lungo processo. All’età di due anni e mezzo, lo schema iniziale del bambino si arricchisce con un maggiore intento rappresentativo. Il bambino passa alla rappresentazione di un oggetto attraverso una sua qualità “buona” o “cattiva”. Lo scarabocchio esprime la qualità di buono o cattivo che l’oggetto ha assunto nel momento in cui è venuto in rapporto con esso. Le qualità rappresentate sono quelle affettive, cioè il bambino rappresenta le esperienze affettive buone e cattive. C’è una corrispondenza tra tracciato grafico e categoria affettiva. Il disegno “buono” corrisponde solitamente a forme arrotondate, spirali, curve, non troppo marcate, mentre il disegno “cattivo” a linee spezzate, sovrapposte disordinatamente, piuttosto marcate. L’attività grafica, dunque, inizialmente imitativa, diventa autonoma, esplorativa, cioè il bambino traduce in forme grafiche le sue tendenze “riparative” o “distruttive”. Un bambino ignorato a causa di un ambiente poco stimolante, soprattutto dal punto di vista affettivo, è un bambino incapace di riconoscersi nel mondo. Il vero significato del disegno infantile mette in evidenza problemi relativi alle opportunità fornite dall’ambiente, ad esempio, la conquista della realtà esterna, il ruolo dei rapporti affettivi del bambino col suo mondo, la funzione dell’imitazione. Non può esistere la creatività senza considerare l’ambiente.
La maggior parte dei problemi di apprendimento dei bambini possono essere legati ad un’alterazione della fase di sperimentazione e a una mancanza di libertà nell’esplorazione del mondo. Oggi, le “macchine”, i giochi informatici -con il gesto disritmico e ripetitivo-, si sono sostituiti alla fantasia creativa.

L’articolo è tratto da Bruna Baldassarre, Iniziazione alla Pedagogia Artistica,conoscersi per educare,Edizioni Mediterranee)

(9 giugno 2006)

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