I nostri figli / 12 - Dodicesimo appuntamento con l'interpretazione dei disegni dei bambini
Baldassarre Bruna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2007
Gentile Dr.ssa Bruna Baldassarre,
da tempo seguo gli articoli di 'noidonne' e in particolare la sua rubrica sulla lettura del disegno infantile. Le chiederei la cortesia di avere, se possibile, la lettura dei disegni di mio figlio, il quale sta vivendo una situazione molto conflittuale. Mia moglie ed io siamo separati da sei anni e, purtroppo, il bambino che oggi ha più di sette anni, ha sviluppato delle somatizzazioni e dei disagi che non gli permettono di condurre normalmente e serenamente la sua vita di bambino. La mamma, che in passato è stata in cura da uno psichiatra, si comporta in modo poco edificante nei confronti del figlio, minando la sua autostima, alterando le sue abitudini e i suoi impegni, compromettendone le scelte e la normale libertà affettiva. Per la mia personale esperienza è molto difficile evidenziare, nell'ambito di un procedimento giudiziario, le reali esigenze di un bambino, perché ancora oggi siamo immersi in un mondo molto omologante rispetto a vecchi stereotipi. La figura della mamma sembra appartenere a uno stereotipo di profonda ed indiscussa bontà, ma ciò che realmente serve a un bambino è una vera struttura, in grado di sostenere il suo delicato sviluppo. Quando tale struttura vacilla è tanto difficile difendere i diritti di un figlio. E' difficile poter parlare di pericoli in senso preventivo, leggere il senso di disperazione dal tono della sua voce, dalle bugie indotte, dall'incapacità di sentire una vera struttura protettiva. Potrei fare tanti esempi di come un bambino possa finire vittima e sintomo del disagio di un genitore, l'oggetto posseduto per la punizione del partner "perduto", ma ciò che mi colpisce maggiormente è il non poter scorgere o credere ancora che esistano categorie ottimali in grado di leggere tale disagio, prima che sia tropo tardi.
Lettera firmata
Prevenire e conoscere la vita dei bambini.
Il bambino “oggetto”, che il padre dolorosamente ci presenta attraverso i suoi disegni è il prototipo-ostaggio di un mondo adultiforme, che vive le proprie ferite sulla pelle del bambino interiore mai accolto, amato ed integrato. Un mondo così esteriorizzante che per leggere il disagio di un bambino ha bisogno di un “crimine” già perpetrato, ignorando la letteratura esistente e i segni evidenti, vere e proprie grida d’aiuto, come la didascalia dell’omino sotto la pioggia, che urla al mondo di smetterla. La pioggia, equivalente simbolico di eventi traumatici, non si può evitare, nemmeno con una adeguata copertura -l’ombrello-, e ci si augura soltanto che smetta al più presto. Lo sguardo è di paura, di disgusto, perché i tempi delle strutture preposte alla protezione del minore sono ancora tropo distanti dalle vere esigenze del mondo infantile. Il tempo è fondamentale per evitare uno squilibrio della personalità di un bambino e il nostro sistema difetta ancora in questa direzione, oltre che nella lettura e prevenzione del disagio infantile. Il tempo è ritmo, legato al mondo delle abitudini. Quando un genitore non supera il trauma della separazione non può proteggere il bambino dallo stesso o da altri pericoli. Tale impedimento è trasversale, nel senso che capita indifferentemente sia ai padri che alle madri. Una sorta di stereotipo ci porta a credere che la madre sia la persona più adatta per crescere un figlio e in un certo senso è vero, perché ha già vissuto questa esperienza internamente, prima ancora della stessa nascita. Ha protetto una vita, una parte di sé, ma proprio per questo è anche portata, quando la sua vita è minata interiormente a distruggere con la stessa naturalezza. Una donna può sentirsi talmente svuotata da vivere il figlio ancora come un prolungamento di sé, e questo è il caso delle mamme depresse che si tolgono la vita dopo avere ucciso i propri figli. C’è una categoria vigente, quella del “possesso”, non ancora abolita dal nostro inconscio collettivo, che serpeggia indisturbata. Una categoria difficile da combattere, perché infiltrata nelle stesse maglie istituzionali. Una persona consumata dall’odio, dal senso di vendetta, non può tutelare i diritti di un bambino, ma può invece distruggerne la vita, giorno dopo giorno, minando la fiducia di base. Il bambino ha bisogno di modelli saldi, autorevoli, in grado di proteggere, non di distruggere, necessita di una struttura, come saggiamente accenna il papà del bambino in esame. Una persona in preda a problematiche affettive peculiari irrisolte può sgretolare la vita di un figlio fino alla pazzia. La follia arriva con i disagi, con i sintomi, che si trasformano in qualcosa di irreversibile, fino alla scissione tra la vita psichica e quella fisica. Le malattie borderline sono un esempio di tale rottura e spesso legate all’incapacità di sostenere la struttura nascente di un bambino. Nessuno lascerebbe un neonato nudo sotto la neve, perché sarebbe compromessa la sua stessa vita. Il senso della vita di un bambino non dipende solo da fattori esterni accidentali, ma dai suoi stessi modelli genitoriali. La copertura adeguata corrisponde alla capacità materna di “scaldare” e proteggere il proprio figlio, ma tale protezione è insufficiente quando non c’è un’ottimale coscienza di sé. Sono molti i casi di malattie psicosomatiche dei bambini che rivelano tale inadeguatezza genitoriale.
Il disegno dell’albero riflette una regressione del bambino (altezza del fusto rispetto alla chioma), staticità (radici evidenti e massicce), mancanza di fiducia in se stesso, blocco, sentimento di degrado, inibizione, senso di incomprensione (rami come segati), oppressione, chiusura, angoscia (forma della chioma), una tendenza alla psicopatia, fissazione su livelli inferiori di sviluppo. I traumi sono moltissimi e avvenuti nei seguenti anni e mesi: 2,3-2,7-3,4-3,8-4,2-4,8-5,5-6,2-6,5-6,9.
Il bambino può ancora recuperare nel suo sviluppo, ma è vitale una chiarezza affettiva, e una maggiore protezione dai suoi modelli di riferimento. Il mondo non è buono per questo bambino e l’espressione dell’omino sotto la pioggia somiglia quasi all’urlo di Munch.
Lascia un Commento