Baldassarre Bruna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009
Cara Bruna,
ho avuto la prova più dura che la vita può riservare ad una mamma, ed è veramente difficile mettere a posto i pezzi. Ho disegnato, senza volerlo, il cipresso cresciuto nel giardino della villetta di mio figlio, che ormai, già da un anno non è più tra noi in questa dimensione. Che mi racconta questo albero?
Gabi
Cara Gabi,
tra le righe della tua sensibile presentazione alcune delle parole scritte sono già di conforto a chi, come te, ha conosciuto ciò che una mamma non dovrebbe mai provare. Scrive R. Steiner: “L’uomo porta con sé un nucleo essenziale animico, che appartiene a un mondo spirituale. Questo è l’elemento duraturo dell’uomo…”. Continua sostenendo che dopo la morte fisica quel nucleo fa le sue esperienze in un mondo puramente spirituale per poi vivere in una nuova vita.
La tua affermazione relativa a “questa dimensione” sollecita tante riflessioni a riguardo. Secondo la fisica quantistica noi conosciamo soltanto il 5% della realtà visibile. Sarebbe veramente difficile parlare della realtà sovrasensibile, ma con il tuo albero tenti di farlo, perché il cipresso ricorda qualcosa di sacro e di raccolto, di maestoso e umile allo stesso tempo. Il tuo cipresso è un rifugio alle difficoltà legate alla malinconia del ricordo stesso, ma il suo simbolo, che svetta verso il cielo, è anche legato alla spiritualità.
Chi disegna cipressi è una persona riservata, un po’ schiva e meditativa, sulla quale poter contare per linearità e affidabilità. Anticamente il cipresso veniva attribuito a Plutone, dio dell’eternità, e gli stessi sacerdoti del dio Plutone amavano adornarsi di ramoscelli di cipresso.
Il tratto rivela una grande sensibilità, tipica di una persona che mette il cuore prima di ogni altra cosa. Per te i sentimenti sono al primo posto!
L’albero è come sospeso verso il cielo, ma la sua posizione è ben centrata, tendente ovviamente, verso la zona del passato. Una nuova parte di te deve ancora mettere le sue radici nella terra. Il tronco è come sostenuto dai tratti marcati del confine, quasi a voler ricordare la necessità di ricevere tale sostegno. Il tronco è oscurato dal tratteggio, così come la chioma. Non è ancora un tratteggio nero, ma tende a diventarlo. Kandinsky dice: “Il bianco è un muro infinito ed il nero un foro infinito”. Il grande pittore intende arrivare al significato eterno del colore nero, che in questo caso, è qualcosa che sta lasciando lo spazio al giorno, qualcosa che non è ancora nato, ma che sta per risvegliarsi. È un silenzio che mostra già un futuro, qualcosa che si risveglia dall’inconscio attraverso il chiarore della coscienza.
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