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Legge quadro sulla parità e contro le discriminazioni di genere

Legge quadro sulla parità e contro le discriminazioni di genere

Emilia Romagna - Dalla rappresentanza all’occupazione, dalla salute alla prevenzione della violenza contro le donne: la legge quadro della Regione Emilia Romagna

Venerdi, 27/06/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2014

 45 articoli per dieci ambiti di intervento. Dopo i princìpi, le finalità e le definizioni, si comincia con il Sistema di rappresentanza, vale a dire: norme di riequilibrio (quale la doppia preferenza) che dovranno essere inserite nella prossima legge elettorale regionale; apposita sezione di genere nell’albo delle nomine di competenza regionale; applicazione delle norme nazionali per la parità di accesso nelle Aziende ed enti dipendenti e nelle società partecipate in cui la Regione detiene la maggioranza assoluta del capitale; valorizzazione delle buone pratiche nella predisposizione di tutti i bandi, forme di collaborazione, selezioni. Nel capitolo dedicato a Cittadinanza di genere e rispetto delle differenze, previste iniziative di tipo educativo per “favorire in tutte le scuole di ogni ordine e grado un approccio multidisciplinare e interdisciplinare al rispetto delle differenze e al superamento degli stereotipi”; la Regione promuove l’istituzione di borse di studio per tesi di laurea in differenze di genere, “l’intitolazione di spazi pubblici a donne meritevoli ed esemplari”, sostiene i centri di documentazione e biblioteche delle donne, si impegna ad “assumere un linguaggio non discriminante, rispettoso dell’identità di genere”.



Per quanto riguarda Salute e benessere femminile, si vuole garantire “parità di trattamento e di accesso alle cure con particolare riguardo alle differenze di genere e relative specificità”, attraverso la formazione del personale sanitario e la “promozione di campagne di comunicazione, informazione e sensibilizzazione”. I Piani sociosanitari si adeguano all’approccio della medicina di genere volto alla cura personalizzata. Inoltre, rilancio dei servizi consultoriali e un percorso di accoglienza integrato e multidisciplinare, il cosiddetto ‘codice di prevenzione’ dedicato a chi subisce violenza, per l’accesso a tutti i Pronto soccorso del territorio regionale, garantendo riservatezza e protezione. La Regione favorisce l’accesso delle donne e delle bambine alla pratica sportiva e, in collaborazione col Comitato regionale per le comunicazioni (Corecom), favorisce “una più incisiva copertura mediatica dello sport femminile praticato a tutti i livelli”.



Sulla Prevenzione alla violenza di genere i cardini sono i Centri antiviolenza e le Case rifugio. Centri e servizi distribuiti “in maniera uniforme sul territorio”, potenziato il “coordinamento regionale dei Centri antiviolenza quale fondamentale interlocutore per la pianificazione di settore”. Incremento del patrimonio immobiliare dedicato: “la Regione e gli enti locali possono individuare immobili da concedere in comodato d’uso ai Centri” e “il Comune … una soluzione abitativa temporanea ed attribuirla direttamente alla donna”. Introdotti il Piano regionale contro la violenza di genere (di durata triennale) e l’Osservatorio regionale di monitoraggio permanente, anche per “favorire il coordinamento di tutti i soggetti istituzionali e non impegnati sul tema”. Grande attenzione, sia sul contrasto che sulla prevenzione, ai reati di “tratta e riduzione in schiavitù”, ai “matrimoni forzati” e al fenomeno delle “mutilazioni genitali femminili”. Inoltre, favoriti percorsi di inserimento lavorativo e formativo e, in accordo con le Asl, percorsi sia per minori testimoni di violenza sia per “uomini maltrattanti, perché attivino nuove modalità relazionali che escludono l’uso della violenza nelle relazioni d’intimità”. La legge prevede la possibilità per la Regione “di costituirsi parte civile, devolvendo l’eventuale risarcimento a sostegno delle azioni di prevenzione contro violenza sulle donne”.



A Lavoro e occupazione femminile è dedicato un altro titolo della legge, con l’obiettivo di promuovere l’autonomia economica delle donne e contrastare la loro fragilità sociale, economica ed occupazionale. Costituiti su tutto il territorio regionale i Cug, cioè Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni. La strategia perseguita è quella delle premialità: si va dalla scelta di “assumere il principio paritario come base per la costruzione e disciplina dei rapporti istituzionali e amministrativi, formulazione di bandi, selezione degli interlocutori”, alla creazione dell’etichetta Ged (Gender equality and diversity) che “valuta le migliori pratiche di genere segnalate da enti locali, associazioni, organizzazioni e parti sociali, attribuendo uno specifico riconoscimento ad aziende esemplari sia pubbliche che private”. Incentivata l’imprenditoria femminile, con “la costituzione di fondi regionali di garanzia, controgaranzia e cogaranzia”, “la concessione di contributi per l’abbattimento dei tassi di interesse”, “il sostegno all’accesso al sistema dei Consorzi fidi regionale” e, infine, “la stipula di convenzioni con il sistema finanziario e del credito, nonché ordinistico, anche per percorsi specifici di formazione”. Tra le pratiche discriminanti da contrastare, le dimissioni in bianco che colpiscono soprattutto le donne e la loro legittima aspirazione di maternità.



Le norme sulla Conciliazione e condivisione delle responsabilità sociali e di cura hanno l’obiettivo di “determinare un processo di riequilibrio nei ruoli assunti da donne e uomini nell’organizzazione della società, del lavoro, della sfera privata e familiare”. Tra le prassi da promuovere “la condivisione del lavoro di cura tra uomini e donne all’interno delle famiglie e dei luoghi di lavoro” e “l’implementazione del sistema di conciliazione e di accesso ai servizi educativi, ai servizi integrativi e ai servizi sperimentali per l’infanzia e l’adolescenza, ai servizi di assistenza e di cura per anziani e malati a domicilio, anche mediante l’erogazione di assegni di servizio alle famiglie residenti”.



Con lo scopo di incentivare “un uso responsabile di tutti gli strumenti di comunicazione” e “superare i messaggi discriminatori o degradanti basati sul genere e gli stereotipi di genere”, viene rafforzata la corretta Rappresentazione femminile nella comunicazione, attraverso “azioni dirette a contrastare la discriminazione dell’immagine femminile nella pubblicità e nei mezzi di informazione e comunicazione, nonché a favorire la rappresentazione autentica dei generi e realistica della donna”: in arrivo anche “un riconoscimento annuale, non in denaro, alla pubblicità che meglio abbia saputo rappresentare la figura femminile”.



L’ultimo titolo definisce gli Strumenti del sistema paritario. Il bilancio di genere viene redatto dalla Giunta regionale e “comporta l’adozione di una valutazione dell’impatto sul genere delle politiche di bilancio”. L’ente sarà poi chiamato ad “adeguare la rilevazione, l’elaborazione e la diffusione dei dati statistici di interesse regionale in termini di genere”. Viene istituito, senza oneri per la Regione, il Tavolo regionale permanente per le politiche di genere, per “coordinare le azioni territoriali” e sancito il Piano Integrato delle azioni regionali in materia di pari opportunità di genere. Rafforzato il ruolo del Centro e della rete regionale contro le discriminazioni e il raccordo con il Difensore civico e con le Consigliere di parità regionali. Ultima novità istituzionale è la costituzione della Conferenza delle elette, che si riunirà almeno una volta all’anno coinvolgendo tutte le donne con una carica elettiva in Emilia-Romagna.





(Redazionale)



 

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