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Legge matrimoniale iniqua

Legge matrimoniale iniqua

Cina - In caso di divorzio, la casa e i beni vanno al proprietario, cioè quasi sempre al maschio capo-famiglia, che è l’intestatario ufficiale. Nessuna tutela alla moglie, nemmeno se ha contribuito all’acquisto, al mutuo o alla manutenzione.

Cristina Carpinelli Lunedi, 14/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011

La Corte Suprema del Popolo ha stabilito nuove regole relative al patrimonio dei coniugi, in base alle quali la proprietà di un bene immobile, in caso di divorzio, apparterrà esclusivamente alla persona intestataria del bene stesso. La legge matrimoniale precedente, promulgata il 1 maggio 1950, stabiliva che le coppie sposate dovessero godere entrambe di pari quote di proprietà sui beni coniugali. Questa legge, che introduceva l’uguaglianza giuridica tra uomo e donna, costituiva la logica conclusione della lotta che era iniziata durante il Movimento del Quattro Maggio (1919), per sconfiggere le influenze del patriarcato nel sistema familiare feudale.

La nuova disposizione matrimoniale, entrata in vigore il 13 agosto 2011, prevede, invece, che una casa debba appartenere alla persona che l’ha acquistata o, nel caso in cui siano stati i genitori di un coniuge a comprare la casa, questa debba appartenere a loro, mentre l’altro coniuge non può rivendicare alcun diritto sulla proprietà del bene. La legge così modificata favorisce gli uomini, che già comandano nelle relazioni tra moglie e marito, assestando un colpo basso alle donne. D’ora in avanti le cinesi, nel caso in cui abbiano contribuito al pagamento delle rate sul mutuo o a ristrutturazioni della casa coniugale, invece di ricevere, in caso di divorzio, una compensazione in relazione al valore di mercato della casa, perderanno tutto. È noto che in Cina la maggior parte delle proprietà residenziali sono intestate al marito, anche se la moglie e la sua famiglia d’origine hanno concorso in modo sostanziale all’acquisto della casa, al pagamento del mutuo o alla manutenzione dell’immobile.

I prezzi delle case nelle grandi città sono 22 volte più alti rispetto a quanto un lavoratore medio guadagna in un anno. L’Ufficio nazionale di statistica ha rilevato che, negli ultimi tempi, i prezzi degli immobili a Pechino e Shanghai hanno avuto un incremento annuo rispettivamente dell’1,9% e del 2,5%. La lievitazione dei prezzi delle case sta rallentando l’acquisto degli alloggi nelle due municipalità. Eppure, la Cina è il paese con uno dei più alti tassi di proprietà residenziali in tutto il mondo (oltre l’80% nel 2010). L’alta richiesta d’immobili abitativi è dovuta in parte allo squilibrio demografico tra i sessi (il rapporto tra nascite di maschi e femmine è attualmente di 119 a 100), che ha intensificato la pressione sui genitori di un figlio maschio, affinché acquistino una casa con l’intento di “attrarre” una sposa. Secondo il demografo Wang Guangzhou, nel 2020 più di 24 milioni di giovani uomini cinesi potrebbero non riuscire a sposarsi per la difficoltà di trovare una moglie.

La nuova legge matrimoniale ha spinto molti giovani cinesi a prendere in considerazione l’acquisto di un immobile prima del matrimonio. In un sondaggio online condotto da Sina.com, il 58,8% degli intervistati ha sostenuto di voler acquistare una casa prima di contrarre il matrimonio, per evitare “contestazioni e/o perdite patrimoniali dopo le nozze”. Il 63,5% ha espresso preoccupazione in merito alla nuova legge, poiché essa genererà il rialzo dei prezzi delle case, dato che tutti quelli che potranno cercheranno di acquistare un “proprio” appartamento per non perdere il diritto alla casa, una volta sposati. La legge, dunque, contribuisce a creare nuove opportunità per le società immobiliari, che vedranno accrescere le prospettive di compra-vendita.

Secondo recenti statistiche nazionali, oltre l’86 per cento delle famiglie in Cina individua l’uomo come capo-famiglia. In campagna, questa percentuale arriva al 92%, mentre, nelle città, quasi all’80%. La maggior parte degli immobili residenziali in Cina appartiene al “capofamiglia”. La Federazione delle Donne di tutta la Cina sostiene che è il capo-famiglia (praticamente l’uomo) che ha il controllo sulla proprietà della casa, e che, quindi, è lui che decide se e quando vendere l’immobile. Il sociologo Mariko Lin Chang ha affermato che la maggior parte della ricchezza in Cina è investita nel settore immobiliare. Ecco perché l’analisi dei modelli di proprietà mostra chi è economicamente debole e chi è forte. Sempre la Federazione delle Donne di tutta la Cina denuncia che il problema più urgente riguarda le donne che vivono in campagna, che non hanno alcun diritto di proprietà. De jure, le donne possono avere terre e proprietà. Ma, de facto, con il matrimonio, il divorzio, l’eredità, la vedovanza o la migrazione urbana, perdono il possesso di questi beni, soprattutto della terra. Ora, con le modifiche apportate dalla nuova legge sul matrimonio, le donne non godranno più di alcune protezioni, anche de jure.

Ovviamente, le donne che vivono in città sono più istruite e benestanti rispetto a quelle di campagna. Ma la crescita vertiginosa del mercato immobiliare urbano cinese, combinata con una tradizione patriarcale ancora radicata, che consacra gli uomini come capi-famiglia e proprietari ufficiali di case, acutizzerà nel tempo il gap di genere anche nel tessuto cittadino.

Un procuratore cinese intervistato da “The Epoch Times” ha affermato che molti suoi connazionali hanno espresso insoddisfazione riguardo alla nuova legge matrimoniale: “La vecchia legge sul matrimonio sanciva la co-proprietà di tutti i beni dei coniugi. Essa era molto ragionevole e non avrebbe dovuto essere modificata. (…) Purtroppo, coloro che fanno le leggi sono uomini”. “Radio Free Asia” ha riferito che il professor Xie Jiaye, presidente dell’Associazione per gli scambi culturali cino-americani, ha proposto, per aggirare il dettato legislativo, che le coppie possano firmare accordi prematrimoniali. Ha anche puntualizzato che la nuova normativa ha un effetto negativo sul valore e sul significato del matrimonio, e legittima comportamenti intollerabili: “Ti ho sposato, ma posso facilmente divorziare: quando ti lascio, tu non otterrai nulla”.

Su questa spinosa questione, l’opinione pubblica cinese è nettamente divisa. C’è chi ritiene che la nuova legge matrimoniale incoraggerà finalmente le coppie a concentrarsi sull’amore coniugale, “recuperando i valori umani tradizionali”, piuttosto che sulle conseguenze che la legge produce sul piano patrimoniale, mentre altri considerano la legge fortemente lesiva dei diritti delle donne e un salto indietro rispetto alla vecchia legge del 1950.

Song Huiyong, direttore del dipartimento di consulenza e ricerca “Shanghai Centaline Property”, afferma che la nuova norma matrimoniale incentiverà chi è abbastanza ricco a comprarsi un appartamento prima di sposarsi. Anche se - tiene a precisare - “acquistare una casa prima del matrimonio non dovrebbe essere il trend più importante nel futuro, dato che la maggior parte delle famiglie non sono sufficientemente ricche per permettersi di acquistare da sole un appartamento per i propri figli prima che si sposino”.

Non tutte le donne cinesi accettano passivamente le nuova disposizione matrimoniale. Molte donne non sposate sono più che mai determinate a ritardare il matrimonio e a comprarsi, se ne avranno i mezzi, una casa. Per il momento in Cina sembra che le donne, come unica soluzione al problema, stiano pensando di allontanarsi dal matrimonio o di ritardarlo, esattamente com’è successo in altre parti dell’Asia (Giappone e Singapore). Purtroppo, solo le donne che potranno acquistare una casa eviteranno di cercare un uomo che vi provveda. Ecco perché sarebbe, invece, auspicabile la creazione di un forte movimento di protesta al femminile che si batta per cambiare questa legge iniqua.



Per chi fosse interessato la CNTV ha dato spazio a un dibattito sulla nuova legge matrimoniale in Cina. Link: http://english.cntv.cn/program/crossover/20110906/100149.shtml

CNTV - Crossover 2011-09-05 New marriage law

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