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Legge 194: un ripasso non fa male

Legge 194: un ripasso non fa male

Leggi amiche - "Molto si è detto in merito all’interruzione volontaria di gravidanza, ma nel profluvio di parole ripassare le norme…non fa male!"

Natalia Maramotti Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2008

La legge risale a trent’anni fa e all’art. 1 dice che lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità, tutela la vita umana dal suo inizio; precisa poi che l’aborto non è un mezzo per il controllo delle nascite.

L’art. 2 affida ai consultori, istituiti con la legge 405 del 1975 il compito di assistere la donna e di informarla. Questo articolo è quello che riconosce anche la legittimità della prescrizione della contraccezione ai minori.

L’art. 3 fa riferimento alle risorse economiche necessarie ai consultori per adempiere alle finalità indicate dalla legge 194.

L’art. 4 definisce i termini temporali, i primi 90 gg, e i presupposti per accedere alla Interruzione Volontaria di Gravidanza, ossia l’accusare circostanze, da parte della donna, in base alle quali il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute FISICA o PSICHICA, in relazione: o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche o sociali o familiari , o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito.

L’art. 5 attribuisce al consultorio non solo la competenza per gli accertamenti medici ma il compito, in ogni caso ma in particolare quando l’interruzione volontaria di gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche o sociali o familiari sulla salute della donna , di esaminare con lei le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che porterebbero all’interruzione volontaria di gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto. E’ anche previsto che il padre del concepito possa essere coinvolto nell’esame della situazione, ove la donna lo consenta.

L’art. 6 ammette l’interruzione volontaria di gravidanza dopo i primi 90 gg quando a) la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) siano accertati processi patologici, tra quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinano un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Non è previsto dalla legge un limite massimo oltre il quale non è possibile praticare l’interruzione volontaria di gravidanza, ma l’art. 7 prevede che, quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione di gravidanza può essere praticata solo nel caso in cui la gravidanza o il parto mettano in pericolo la vita della donna e il medico, che esegue l’intervento, deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto. E allora, potremmo dire con Shakespeare, quanto rumore per nulla!

Con raro equilibrio fra sensibilità diverse la legge continua occupandosi all’art. 8 del rapporto pubblico/privato autorizzato, all’art. 9 dell’obiezione di coscienza, all’art. 12 delle donne minori di età, stabilendo come regola il consenso di chi esercita sulla minore la potestà, dunque i genitori, o la tutela. Tuttavia nei primi 90 gg,ove le persone interpellate rifiutino il loro assenso o esprimano pareri difformi, il consultorio o il medico di fiducia trasmette entro 7 gg una relazione al giudice tutelare competente territorialmente. Questo, sentita la donna minore di età, può, tenendo conto della sua volontà, autorizzarla a decidere l’interruzione volontaria di gravidanza; ciò sottolinea come il legislatore di allora avesse ben compreso l’intima connessione esistente tra il concepito e la madre ancorché non ancora, per la legge, pienamente capace di agire, ma già soggetto, a certe condizioni, non espropriabile della responsabilità personale di una decisione così intimamente connessa al suo corpo e alla sua vita.



(8 aprile 2008)

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