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LEGGE 194 e INTERRUZIONE DELL’OSPITALITÀ GRAVIDICA

LEGGE 194 e INTERRUZIONE DELL’OSPITALITÀ GRAVIDICA

La 194 e un equivoco del linguaggio da eliminare, in un’analisi di Iole Natoli

Mercoledi, 16/05/2012 - In un giorno che passerà alla storia come simbolo dell’antifemminismo più bieco, la città di Roma - situata in Italia e non all’estero e capitale della Repubblica italiana - è divenuta luogo della manifestazione più orrenda che si possa ideare in uno Stato: bambolotti posti ad adornare una croce, dichiarazioni aberranti alla stampa, insulti infamanti e da codice penale alle donne e, ciliegia acida su una torta marcia, l’appoggio fisico e politico alla Marcia - impropriamente chiamata Pro Vita - del Sindaco Alemanno e della Consigliera delle Pari Opportunità, Lavinia Mennuni.

Non intendo concedere altro spazio al delirio inscenato in questo 13 Maggio romano: molte donne hanno già dato una risposta articolata ed energica all’evento. Non mi dilungo nemmeno - e potrei! - sugli antecedenti storici di frequentazioni fasciste e sugli ancora durevoli e non onorevoli connubi tra Stato e Chiesa. Mi limito, in questo articolo, a far notare come molto discenda dal linguaggio.

La parola gravidanza - derivazione di gravido, dal lat. gravĭdus «aggravato» - è forse adatta alle femmine dei mammiferi, ma inadeguata a descrivere lo stato di “aggravamento” di una donna, che da quello puramente animale si distingue.

In ambito prettamente animale, infatti, l’interruzione di una gravidanza può avvenire solo per fatti spontanei o incidentali, non collegati a un esercizio del discernimento e della volontà della femmina. Nessun animale può operarsi da sé o essere operato da un suo simile per estrarre un calcolo renale o per inserire una protesi, a causa dell’assoluta impossibilità operativa che consegue a un’altrettanto assoluta impotenza psicologica, culturale e fisica della sua specie. Ciò vale anche per la femmina gravida, che non può né potrebbe decidere se restare in stato gravidico o non farlo. A livello di statuto animale, il problema non esiste nemmeno.

Ma cos’è una gravidanza? La parola non dice poi molto: aggravamento non spiega le caratteristiche specifiche del mutamento. La parola ha assunto il senso d’ineluttabilità del procedere per semplici ragioni culturali, che hanno a che fare in massima parte con l’ideologia patriarcale vigente.

D’ineluttabile, invece, non v’è nulla. L’avvio dello sviluppo embrionale non implica la necessità dello sviluppo. Quel che si genera nel corpo della donna è uno stato di OSPITALITÀ GRAVIDICA, che PUÒ proseguire sino a che l’embrione diventa feto e assume quelle caratteristiche specifiche che lo rendono idoneo alla vita, o PUÒ fermarsi: spontaneamente o per interruzione volontaria. L’arrivo spasmodico di uno spermatozoo in un ovulo non è equiparabile all’atto del conficcare gioioisamente la bandierina di uno stato in un qualsiasi territorio astrale. Il territorio femminile umano è della donna e di nessun altro. Mamme NON si è sin dal cosiddetto concepimento - altra parola da sostituire d’urgenza - ma dal momento in cui la donna decide di esserlo, dunque solo dal momento in cui l’OSPITALITÀ GRAVIDICA viene accettata.

Qualcuno vorrebbe modificare la legge 194. NON tocchiamola. Se dovessimo farlo, però, partiamo da una modifica della sua finalità e descrizione. Non interruzione volontaria della gravidanza, ma INTERRUZIONE VOLONTARIA DELL’OSPITALITÀ GRAVIDICA. E, soprattutto, chiariamo bene che nei Consultori non può esserci spazio alcuno per le ideologie religiose. Il fondamentalismo non può e non deve avere cittadinanza operativa in uno Stato di diritto LAICO: che si tratti di fondamentalismo cristiano o d’altro tipo.

Milano, 16.05.2012 - ©Iole Natoli

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