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Legge 194 e disabilità

Legge 194 e disabilità

Legge 194 - "E’ davvero curioso che si difenda con tanta veemenza il diritto alla vita e si “dimentichino” le condizioni di vita reale di tante persone discriminate e spesso le più povere tra i poveri, ancor più se di genere femminile."

Carla Castagna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008

La legge 194, nonostante le limitazioni imposte per l’interruzione volontaria della gravidanza e l’obiezione di coscienza, è secondo me, donna con disabilità motoria facente parte dei movimenti delle donne e della disabilità, complessivamente una buona legge, da salvaguardare. Inoltre ritengo che spetti alla donna il diritto a scegliere se portare avanti una gravidanza oppure no, qualunque sia la ragione, senza contrastare il diritto alla sua piena e totale autodeterminazione. Gran parte del mondo politico, su temi eticamente sensibili – aborto, convivenze, testamento biologico, procreazione assistita, ricerca sulle cellule staminali (che avrebbe dato speranza per molte patologie) - sembrerebbe mancare di autonomia e indipendenza culturale e politica con una pericolosa subalternità a valori non laici, né democratici, né umani e nel contempo parrebbe ostile o indifferente verso persone che, a causa delle loro diversità umane (di razza, genere, orientamento sessuale, condizioni psico-fisiche), subiscono quotidianamente discriminazioni e continue violazioni dei loro diritti umani. La recente Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (in corso di ratifica al Parlamento italiano) non è stata sottoscritta dallo Stato del Vaticano perchè l’articolo che fa riferimento all’accesso ai servizi sanitari dell’area sessuale e di salute riproduttiva è stato percepito come un’apertura verso l’interruzione volontaria della gravidanza e pertanto inconciliabile con le posizioni della Chiesa. Sconcerta poi che non abbia preso in considerazione neppure l’ipotesi, prevista dal diritto internazionale, di esprimere una riserva sul testo, in particolare sull’articolo in questione, sottoscrivendo il resto della Convenzione. In realtà, per la prima volta nella storia, si sancisce il diritto per le donne con disabilità ad avere una vita sessuale e la possibilità di scegliere se interrompere o portare avanti una gravidanza, senza prevaricazioni. Mi chiedo se il Vaticano non condivida che sulla disabilità si passi da un modello medico e vetero assistenziale, che ha consentito di relegare in istituzioni chiuse migliaia di persone con disabilità, a un modello sociale che valorizza le diversità umane e promuove, protegge e assicura il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali delle donne e uomini con disabilità (art.1 Convenzione). Ancora oggi succede che le donne con disabilità, a causa di barriere e pregiudizi, abbiano grosse difficoltà ad accedere ai servizi sanitari di prevenzione e cura delle patologie e a quelli riguardanti la sfera sessuale e riproduttiva e che donne con disabilità intellettiva subiscano violenze e abusi spesso impuniti o, se rilevati, considerati fatti “di lieve entità”, come recentemente sentenziato dalla Corte di Appello di Campobasso.
E’ davvero curioso che si difenda con tanta veemenza il diritto alla vita e si “dimentichino” le condizioni di vita reale di tante persone discriminate e spesso le più povere tra i poveri, ancor più se di genere femminile.

(5 febbraio 2008)

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