Editoriale luglio-agosto 2012 - Il mese scorso una sentenza della Corte Costituzionale ha respinto un quesito posto da un giudice tutelare di Spoleto. Il nuovo attacco alla 194 è fallito. La legge resiste e le donne anche...
Bartolini Tiziana Domenica, 01/07/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2012
Il mese scorso con una sentenza la Corte Costituzionale ha respinto un nuovo attacco alla legge 194, che quindi continua a resistere nonostante le numerose e continue insidie di cui è oggetto.
Un giudice tutelare di Spoleto, investito dalla Asl circa la richiesta di una minorenne di interrompere la gravidanza, ha fatto riferimento ad una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione Europea per sollevare la questione classica, cioè che l’embrione è un “essere provvisto di una autonoma soggettività giuridica” e quindi da tutelare. La Corte Costituzionale ha confermato in sostanza i precedenti orientamenti, e cioè che “non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare”, ma nel merito la decisione ha riguardato il ruolo del giudice tutelare che “non partecipa alla volontà abortiva della minorenne, ma deve solo verificarne l’adeguata maturità”. Dunque ancora una volta l’impianto della norma che regolamenta l’interruzione volontaria di gravidanza, oltre trenta anni fa frutto di equilibri culturali e politici e anche del buon senso, respinge i tentativi di colpirla sul piano giuridico. Il fatto che una giurisprudenza consolidata costituisca un collaudato argine contro gli estremisti della Vita a scapito delle donne non può essere di conforto né ci consente distrazioni perché questa trentennale guerra di trincea è combattuta su vari fronti. L’esempio degli obiettori di coscienza è emblematico: il loro numero è talmente alto da impedire la reale e piena attuazione della legge 194, e lo abbiamo documentato nel numero di aprile di ‘noidonne’. Il 93% di obiettori di coscienza nel Lazio, come ha denunciato LAIGA a seguito di una sua ricerca di cui diamo conto in questo numero, conferma che la situazione ha abbondantemente superato il livello di guardia. Se non si porrà argine normativo e politico a questa alluvione di obiezioni, tra non molto le interruzioni volontarie di gravidanza non sarà più possibile praticarle. O meglio, non le si potrà fare nel rispetto della legge. La clandestinità, come si sa, offre spazi illimitati e sappiamo che le donne non scelgono di portare avanti gravidanze o di amare i propri figli per obbligo di legge. Quello che sorprende in tale e tanto accanimento, che con la scusa della difesa della vita intende in realtà colpire le donne e la loro libertà di scelta, è l’immobilità rispetto all’obiettivo. In trenta anni il mondo si è rivoluzionato. Dalla politica alle modalità di comunicare e di viaggiare, dalla crisi dell’ecosistema alla globalizzazione delle merci e delle persone, tutto è cambiato in modo radicale e profondo. Paesi che erano considerati in via di sviluppo sono diventati giganti. Siamo nel pieno di una tempesta finanziaria e di una crisi economica senza fine… e loro sono sempre lì, con gli stessi argomenti e impegnati ad insidiare in modo più o meno strisciante la legge 194. Perenne centro del mondo e delle loro ansie vendicative. Dei due nodi cruciali della modernità, produzione e riproduzione, non riescono a vederne che uno, accecati come sono da un furore ideologico insensato e crudele. Se vogliamo sperare in un futuro di civiltà e di vita dignitosa per miliardi di persone possiamo immaginarlo solo nei nuovi equilibri che economia e diritti umani sapranno individuare. La sfida è immensa e in ballo ci sono milioni di vite, presenti e pulsanti, che chiedono oggi cibo e speranze. La sfida è epocale e sappiamo che se la supereremo non sarà certo con la collaborazione di chi ha ibernato i propri interessi e il punto di osservazione del mondo. Il futuro che vogliamo immaginare e costruire è libero da integralismi o dittature tanto economico-finanziarie quanto ideologiche. Ed è l’unico futuro possibile e auspicabile.
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