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Legge 194: applicazione tra spending review e obiettori

Legge 194: applicazione tra spending review e obiettori

Legge 194 - Lettera aperta di LAIGA Al Ministro della Salute Prof. Renato Balduzzi

Lunedi, 17/12/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Dicembre 2012

LETTERA APERTA di LAIGA



Al Ministro della Salute Prof. Renato Balduzzi





Le scriviamo certi di meritare tutta la Sua attenzione, dal momento che la nostra associazione, LAIGA (Libera Associazione Italiana dei Ginecologi per l’Applicazione della legge 194), raccoglie quella esigua parte dei ginecologi italiani, cosiddetti “non obiettori”, cioè quegli operatori che, pur fra mille difficoltà, si fanno carico di applicare una legge dello Stato.

Abbiamo finalmente potuto leggere la Sua relazione al Parlamento sullo stato di applicazione della legge 194, ed abbiamo notato come questa si differenzi significativamente da quelle che l’hanno preceduta, sganciandosi dal rigido tecnicismo della comunicazione e dell’interpretazione dei dati, per fare un ragionamento più generale sugli obiettivi e le finalità della legge.

Obiettivo primario, Lei ci dice, è la prevenzione dell’aborto; in quest’ottica, Lei inserisce la legge 194 in un contesto più ampio, che comprende la legge 405 sui consultori familiari, la sentenza n. 27 del 1975 della Corte Costituzionale e il documento del Comitato Nazionale di Bioetica del 2005 intitolato “Aiuto alle donne in gravidanza e depressione post-partum”. Il nesso tra aborto e depressione post-partum non è così immediato, ma intuiamo che la chiave di interpretazione sia la supposta fragilità psicologica delle donne, una fragilità “esistenziale”, che si accentua drammaticamente in gravidanza e che sarebbe la causa di gran parte (se non di tutte) le interruzioni di gravidanza. Sarebbe dunque possibile prevenire gli aborti con un adeguato sostegno psicologico e “spirituale” alle donne: allora, ci suggerisce Lei, i medici obiettori (certamente i più qualificati e certamente spinti da più alti principi etici) potrebbero essere utilizzati nei consultori, per convincere le donne a non abortire.

Gentile Signor Ministro, Le ricordiamo che le leggi da lei citate, la 194 e la 405 sui consultori familiari, sono nate proprio grazie alla determinazione, alle lotte e all’impegno civile di quelle donne, cittadine del Suo Paese, che Lei ritiene meritevoli di “tutela” perché incapaci di fare autonomamente una scelta che riguarda la loro vita e la loro salute. D’altra parte, gentile Signor Ministro, ci sembra che questa, sotto altra veste, sia la stessa logica che portava taluni ad osteggiare l’aborto medico in quanto “aborto facile”: l’idea, in questo caso, era che, vista la maggiore facilità, le donne sarebbero corse ad abortire senza pensarci tanto, e che dunque il numero degli aborti sarebbe sicuramente aumentato. È l’idea che sostanzia il parere del Consiglio Superiore di Sanità, acriticamente seguito dalla quasi totalità delle amministrazioni delle nostre Regioni: ignorando i dati riportati dalla letteratura scientifica internazionale e le esperienze sanitarie degli altri Paesi, si è perseguito il fine di rendere più difficile l’accesso all’aborto farmacologico, consigliando il regime di ricovero ordinario con tre giorni di ospedalizzazione! Eppure, gentile Signor Ministro, i dati contenuti nella Sua relazione, seppur frammentari ed incompleti, smentiscono questa logica: nonostante infatti il crescente ricorso all’aborto farmacologico, il numero totale degli aborti è ulteriormente diminuito, e non si sono avute maggiori complicazioni, in accordo con i dati degli altri Paesi, in molti dei quali la pillola per abortire viene addirittura dispensata in consultorio. D’altra parte, poiché l’aborto farmacologico viene praticato in epoche gestazionali precoci, e poiché l’incidenza di complicazioni è tanto minore quanto più precoce è l’epoca gestazionale, facilitare l’accesso a questa metodica non può che essere un’azione per la salute delle donne. Gentile Signor Ministro, a tal proposito le facciamo notare che, in tempi di crisi economica e di “spending review”, la scelta di eseguire l’aborto farmacologico in regime di Day Hospital permetterebbe di ridurre notevolmente sia i costi per il nostro Sistema Sanitario Nazionale, grazie ad un più razionale utilizzo dei posti letto, sia i rischi di complicazioni legati ai lunghi tempi di attesa.

A Lei, che con questa relazione ha voluto essere non solo “tecnico”, chiediamo di allargare lo sguardo e di muoversi nella logica non della semplice prevenzione dell’aborto, ma in quella della prevenzione delle gravidanze indesiderate, promuovendo in primo luogo un più facile accesso alla contraccezione sicura. Siamo certi che i ginecologi obiettori sarebbero felici di essere impiegati a tal fine nei nostri consultori.

Gentile signor Ministro, siamo convinti che anche Lei ritenga la legge 194 una delle migliori del nostro Paese, il che è peraltro sottolineato dal dato, riportato anche dalla Sua relazione, che in poco più di trent’anni dalla sua approvazione il numero di aborti in Italia è più che dimezzato. Tuttavia, la Sua stessa relazione sottolinea le numerose criticità per la piena applicazione della legge; fra queste, a nostro avviso merita una considerazione particolare il problema dell’obiezione di coscienza, o, per meglio dire, dell’uso strumentale dell’obiezione di coscienza. Nel nostro Paese, caso unico tra quelli che si sono dati una legge per regolamentare il ricorso all’aborto, la percentuale di ginecologi obiettori è altissima, tanto da ostacolare in molti casi la possibilità per le donne di esercitare appieno un loro diritto.

Nella Sua relazione Lei ci parla di una stabilizzazione generale del fenomeno dell’obiezione di coscienza, che nel 2010 è stata sollevata dal 69,3% dei ginecologi italiani; i dati in nostro possesso, nati dalla necessità di verificare la sensazione dell’esistenza di uno “scollamento” fra i dati ufficiali e quelli reali, fotografano una situazione molto più grave: la percentuale di obiettori nel Lazio è pari al 91,3% del totale dei ginecologi delle strutture ospedaliere pubbliche; sempre nel Lazio, su 31 strutture pubbliche, ben 9 non dispongono di un servizio di pianificazione familiare e non praticano aborti, e in ben tre provincie del Lazio non si eseguono aborti terapeutici, in assoluta inadempienza proprio di quell’art. 9 della legge che disciplina la possibilità di sollevare obiezione di coscienza.

Questi i numeri, gentile Signor Ministro. Sono inquietanti, ma sono numeri. Sono importanti, ma al tempo stesso non sono sufficienti a descrivere e definire la realtà, perché non raccontano le condizioni di lavoro dei non obiettori, costretti a sobbarcarsi un carico di lavoro considerato generalmente “bassa manovalanza” ma che non lascia spazio ad altro, non raccontano l’esasperazione, la stanchezza, i rischi personali e professionali, la voglia, a volte, di gettare la spugna. Né parlano dell’impegno civile, dell’ostinazione, della passione per la nostra professione che, invece, ci spingono a continuare a lavorare per la tutela della salute riproduttiva.

A Lei, Ministro “tecnico” chiediamo dunque di incontrare noi “tecnici”, perché l’azione di governo per migliorare l’applicazione di una legge miliare del nostro Paese possa sostanziarsi dell’esperienza e dei suggerimenti di chi realmente lavora “sul campo”.





La relazione annuale sull’applicazione della legge 194



Nel 2011 sono state effettuate 109.538 IVG (dato provvisorio), con un decremento del 5,6% rispetto al dato definitivo del 2010 (115.981 casi) e un decremento del 53,3% rispetto al 1982, anno in cui si è registrato il più alto ricorso all’IVG (234.801 casi).

Il tasso di abortività (numero delle IVG per 1.000 donne in età feconda tra 15-49 anni), l’indicatore più accurato per una corretta valutazione della tendenza al ricorso all’IVG, nel 2011 è risultato pari a 7,8 per 1.000, con un decremento del 5,3% rispetto al 2010 (8,3 per 1.000) e un decremento del 54,7% rispetto al 1982 (17,2 per 1.000). Il valore italiano è tra i più bassi di quelli osservati nei Paesi industrializzati. Il commento del Ministro della Salute Renato Balduzzi. “I dati evidenziano che nel nostro Paese prosegue la tendenza alla diminuzione del numero di IVG e quindi del tasso di abortività e che nella grande maggioranza dei casi il ricorso a questo intervento rappresenta l’ultima scelta, essendo stati tentati prima metodi per evitare gravidanze indesiderate. La riduzione percentuale di aborti ripetuti è la più significativa dimostrazione del cambiamento nel tempo del rischio di gravidanze indesiderate, poiché, se tale rischio fosse rimasto costante nel tempo, si sarebbero avute attualmente percentuali doppie rispetto a quelle osservate. La sostanziale riduzione dell’aborto clandestino e l’eliminazione della mortalità e morbilità materna ad esso associata si accompagnano con la riduzione dell’IVG, ottenuta anche grazie alla promozione di un maggiore e più efficace ricorso a metodi di procreazione consapevole, alternativi all’aborto, secondo gli auspici della legge. La promozione della procreazione responsabile costituisce la modalità più importante per la prevenzione dell’aborto. Per conseguire tale obiettivo, è importante potenziare la rete dei consultori familiari, che costituiscono i servizi di gran lunga più competenti nell’attivazione di reti di sostegno per la maternità, in collaborazione con i servizi sociali dei comuni e con il privato sociale. Specifica attenzione dovrà anche essere posta verso i gruppi di donne straniere a maggior rischio di ricorso all’IVG con specifici interventi di prevenzione che tengano conto anche delle loro diverse condizioni di vita, di cultura e di costumi.”



Tutte le informazioni su: http://www.salute.gov.it/dettaglio/phPrimoPianoNew.jsp?id=351

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