Lunedi, 14/06/2021 - Sfogliando le annate di Noidonne degli anni ’50, si trova un articolo che riporta lo sciopero fatto dalle centinaia di donne lavoranti a domicilio delle erbe palustri. Leggendolo, sembra di scoprire un mondo di fantascienza. Sono passati solo settanta anni, ma quel mondo, che esisteva dai secoli, è completamente scomparso. Le erbe palustri? E cosa sono? Si lavoravano…e per farne cosa? Il vecchio articolo di Noidonne è stimolo per raccontare la storia dell'Ecomuseo delle Erbe palustri, dell'etnovillaggio ricostruito e di una tradizione salvaguardata dalla passione per le proprie radici.
La parola palustre richiama la palude. Queste erbe non crescevano in palude, ma nelle valli di acqua dolce prodotte alla foce del fiume Lamone e del fiume Reno nella zona di Comacchio. Le valli erano un ecosistema difficile e complesso, che però consentiva ai suoi abitanti di vivere di pesce e prodotti vallivi. Gli uomini con alcuni tipi di erbe producevano grandi capanne per il ricovero degli attrezzi, del bestiame ed anche per abitazione. Le donne lavoravano altre erbe per fare le stuoie, le sporte, le borse eleganti, i cappelli ed anche le scarpe. In quei luoghi c’era povertà, ma non miseria; lavoravano tutti e giustamente rivendicavano un adeguato salario. Come in tutti i lavori a domicilio, le ore di lavoro a cottimo erano infinite, ed anche i bambini erano chiamati a contribuire. Questo lavoro particolare ed intenso, che noi ora percepiamo quasi come pittoresco, ad un certo punto è scomparso.
L’arrivo della plastica negli anni ’60-’70 ha sostituito completamente quei manufatti, rendendo superato l’uso di queste erbe.
In realtà, va riconosciuto che la plastica produsse una specie di “sbornia” collettiva e tutti ci sentivamo più “moderni” ad avere oggetti colorati di plastica, facilmente lavabili e ad un prezzo altamente competitivo. Si creò anche a livello politico la scelta di prosciugare le valli, per trasformarle in terreno agricolo. Il progetto era di dare la terra agli abitanti della zona per creare agricoltura, sostitutiva di un lavoro che non veniva più richiesto. Le valli furono prosciugate, il lavoro agricolo fu estremamente stentato, perché dal terreno sabbioso non cresceva quasi nulla. In questo modo il cerchio si chiuse e quell’ecosistema scomparve. Ne rimane solo un accenno sui libri di storia, perché fu in esso che Garibaldi riuscì a nascondersi e fu in esso che gli abitanti della zona trovarono protezione evitando la cattura da parte dei tedeschi durante l’ultima guerra.
Negli anni ’80, precisamente nel 1985, una donna innamorata del proprio territorio, Maria Rosa Bagnari, diede la spinta per creare l‘ “Associazione Erbe Palustri” a Villanova di Bagnacavallo (Ravenna) con lo scopo di raccogliere tutti i reperti, gli strumenti ed i manufatti di quel lavoro scomparso. Erano ancora molte le donne che avevano nelle mani il lavoro delle erbe e questo fu un aiuto indispensabile per riuscire a non perderne la memoria. L’associazione progettò l’attuale Ecomuseo, che, con i suoi 2.500 pezzi, ha ricevuto come spazio espositivo la vecchia scuola media del paese. I visitatori sono circa 15.000 all’anno. Fortunatamente tanti di essi sono classi di ragazzi di ogni ordine e grado. Entrano con curiosità e faticano ad uscirne, perché il discorso sulla sostenibilità ambientale e sul valore del rispetto dell’ecosistema è rappresentato con una concretezza inaspettata. Ancora più trattenuti dal volerne uscire, sono i bambini delle classi elementari, che trovano e vedono per la prima volta i giochi di un tempo in una sala a loro dedicata.
Ed anche questa volta il cerchio si chiude. Il lavoro di quelle lavoranti a domicilio non è scomparso, ma si è trasformato in un passaggio del testimone alle generazioni future, perché sappiano cosa sia un ecosistema e perché imparino ad apprezzarlo e difenderlo.
Vale la pena farci un viaggio. All’interno si può anche pranzare a piano terra nella “Locanda dell’allegra mutanda”. Il nome è nato dall’avere messo in mostra sopra i tavoli del buffet i fili del bucato con appese mutande e camicie della fine ‘800 ed inizi ‘900.
Ecomuseo delle Erbe Palustri – Via Ungaretti 1 – Villanova di Bagnacavallo (RA)- chiuso il lunedì.
Tel. 0545 . 47122 /47951 www.ecomuseoerbepalustri.it
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