La storia di Lea Garofalo è un film per la tv. Presentato all’apertura RomaFictionFest, andrà in onda su Raiuno il prossimo 18 novembre. Il regista de 'I cento passi' si è cimentato nella storia drammatica e potente di una delle donne più ribelli e sovversive della storia di mafia del novecento.
Il film racconta la storia di Lea Garofalo e la sua battaglia per salvare sua figlia Denise, e di come nel 2002 decise di denunciare il suo compagno e padre di Denise, Carlo Cosco, ‘ndranghetista dedito allo spaccio a Milano. Lea decise di collaborare con i magistrati, raccontando degli affari del compagno dopo essere stata sottoposta al regime di protezione.
Lea verrà rapita, torturata e uccisa. Denise ha contribuito con la sua testimonianza a mandare a processo e a far condannare i mandanti e gli esecutori dell’omicidio della madre.
Lea fu uccisa dalla ‘ndrangheta per essersi ribellata alle sue “leggi” e per averla combattuta rompendo regole arcaiche in nome di un amore più grande: quello per la figlia Denise, non meno ribelle della madre, ma anzi, totalmente libera di accusare e far arrestare suo padre e gli altri della cosca coinvolti in quell’orribile esecuzione.
Il regista racconta del suo desiderio di vedere il film insieme a Denise, tuttora sotto protezione e impossibilitata anche alla partecipazione sul set: “durante la lavorazione abbiamo potuto comunicare solo tramite il suo avvocato”.
Scritto insieme a Monica Zappelli, sceneggiatrice con Giordana anche ne 'I cento passi', il film riesce ad essere molto coinvolgente senza cadere nella retorica o nei sentimentalismi. Molto intense e profonde le interpretazioni di Vanessa Scalera (Lea) e Linda Caridi (Denise), primi ruoli da protagoniste in lungometraggi.
Dal racconto del regista e dei protagonisti, le vicende del film si incrociano con i destini di ognuno: “Lea aveva fatto vedere' I Cento pass'i a Denise, dicendole che avrebbe fatto la stessa fine”, dice Giordana, “quel film è stato un punto di riferimento”, quasi che Lea avesse tracciato una strada per la salvezza della figlia. “Ho avuto l’aiuto di don Luigi Ciotti e dell’avvocata Enza Rando, secondo i quali la denuncia e non l’omertàmette in crisi le leggi di ‘ndrangheta”.
“Spero che questa storia non venga dimenticata. Persone come Lea Garofalo non devono essere chiamate vittime. La morte non le ha soppresse. Sono persone più forti del loro stesso destino”.
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