Salute BeneComune - ...il controllo del corpo delle donne come fondamento del controllo di tutti i corpi, compresi quelli maschili, attraverso gli stereotipi di genere....
Michele Grandolfo Lunedi, 04/07/2016 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2016
Gli omicidi di donne da parte di partner o ex partner ripropone all’ordine del giorno l’attenzione su un fenomeno apparentemente aberrante ma, invece, punta di iceberg di una dimensione radicata nelle società umane: il controllo del corpo delle donne come fondamento del controllo di tutti i corpi, compresi quelli maschili, attraverso gli stereotipi di genere.
Non c’è persona di buon senso che non inorridisca alle storie di omicidio di donne, perché donne, ma ritengo si debba riconoscere come violenza quotidiana tutte le volte che si nega l’autodeterminazione, l’autonomia, il rispetto alle donne.
L’ambito della salute è paradigmatico della qualità di una società. In tale ambito assistiamo a fenomeni che rappresentano un clamoroso oltraggio alle donne nel momento in cui si impedisce l’autodeterminazione, come nel caso del ricorso all’aborto, o si opera, contro ogni evidenza scientifica accumulata da oltre trent’anni, impedendo l’espressione di competenza delle donne nel percorso nascita.
In tali circostanze il controllo del corpo ha valenze ideologiche primali e tale esercizio di controllo nella riproduzione umana rappresenta il fondamento di tutte le altre forme di controllo e di tutti gli stereotipi di genere: la donna ha bisogno di tutela perché soggetto debole.
Riguardo il ricorso all’aborto è forma di violenza non proporre, contro ogni evidenza scientifica, l’aborto farmacologico entro le 9 settimane (in Italia per ragioni ideologiche e non scientifiche è permesso solo entro le 7 settimane) e costringere la donna in ospedale per tre giorni esponendola al rischio di contrarre infezioni nosocomiali, quando molto più efficacemente, anche per ridurre il rischio di aborto ripetuto, si potrebbe procedere nei servizi consultoriali. Come è forma di violenza costringere la donna all’aborto chirurgico in anestesia generale, maggiormente dannoso per la salute della donna e implicante la presenza dell’anestesista che pure può opporre obiezione di coscienza oltre a un impegno non indifferente di risorse strutturali e infrastrutturali, necessarie anche per altre procedure chirurgiche essenziali, quando si potrebbe procedere in anestesia locale e operare a livello ambulatoriale, con maggiore tutela della salute della donna.
Riguardo la nascita, il non rispetto delle competenze della donna, la continua azione di inibizione delle sue competenze e di quelle della persona che nasce, costruiscono il senso di inadeguatezza e di incompetenza tali da fondare lo stereotipo della donna da mettere sotto tutela e di chi nasce da trattare come animale di allevamento industriale, quindi privo di autonomia e prono/a a acquisire gli stereotipi di genere. Va detto che ultimamente le donne hanno ripreso la parola e vanno denunciando in migliaia e migliaia, con la campagna #bastatacere e all’osservatorio violenza ostetrica, le violenze subite, i soprusi, le mancanze di rispetto.
Operare secondo le prove scientifiche, oltre a esprimere rispetto determina ingenti risparmi economici utili per finanziare integralmente il POMI (progetto obiettivo materno infantile) e tutti i servizi relativi alla salute delle donne e dell’età evolutiva, a partire dagli incontri di educazione sessuale nelle scuole.
Mostrare orrore per gli omicidi contro le donne non basta, è necessario che chi ha responsabilità di governo centrale e locale, chi ha responsabilità amministrative e tecniche e tutte le professionalità coinvolte facciano la propria parte quotidianamente per riconoscere l’autodeterminazione ed esprimere rispetto nei confronti delle donne.
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