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Le supporter del sobborgo

Le supporter del sobborgo

Cultura/ Storia di donne Made in USA - Il “quarto mondo” dei quartieri poveri di Chicago e la comunità di Hull-House, donne che lavoravano per creare condizioni di vita migliore

Providenti Giovanna Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2005

C’era una volta a Chicago, tra il 1889 e il 1953, una comunità di donne, che volendo aiutare i poveri e gli immigrati abitanti in uno dei quartieri del “quarto mondo” d’America, non hanno disdegnato di aiutare se stesse, passando alla storia sia del riformismo che del femminismo. La comunità è il Social Settlement Hull House: “un posto per gli entusiasmi, un luogo in cui tutti coloro che hanno la passione per la condivisione equa delle gioie e delle opportunità umane sono presto attratte” (Jane Addams, 1910, p.184). Si tratta di un insediamento sociale rivolto al miglioramento della popolazione di un quartiere dalla elevata presenza di popolazione immigrata di variegata provenienza. Il successo dell’iniziativa era interamente riposto su un gruppo di donne che, intendendo lavorare non per ma con il vicinato problematico del quartiere, mettendo a frutto per questo tutte le proprie risorse personali. Tutte loro, pur nelle difficoltà causate da differenze e conflitti, hanno fatto prevalere il desiderio e la capacità di sperimentare la democrazia partecipativa in un sobborgo multiculturale e industriale di Chicago. Persuase che questa micro-esperienza, potesse essere esemplare per l’intera società hanno sfidato l’oppressiva società patriarcale del loro tempo, costruendo le basi per strutture sociali alternative, mostrando una via per far coincidere personale e politico, facendo camminare insieme l’ambizione a migliorare se stesse e l’aspirazione a creare condizioni di vita migliori per tutti.
Negli anni di maggiore ampliamento del Social Settlement Hull House figurano ben 70 residenti (di cui solo tre uomini). Alle residenti però bisogna aggiungere le “supporters”, che pur dando gran parte delle proprie energie morali e fisiche, e anche gran parte del proprio patrimonio economico, alle attività e all’ampliamento della struttura, continuavano ad abitare in case proprie, nel “primo mondo”. Andando a vedere, lungo il corso degli anni, le presenze, tra residenti e supporters, “durate” lungamente e/o che risultano significative per il loro apporto nel coordinamento di specifiche attività della casa o di iniziative politiche esterne ad esse, ricaviamo con certezza almeno nove nomi: Jane Addams, Mary Keyser, Ellen Gates Starr; Alice Hamilton, Julia Lathrop, Florence Kelley; Helen Culver, Louise deKoven Bowen e Mary Rozet Smith.
Guardando più da vicino le loro singole biografie emerge la grande differenza di attitudini e capacità, sia personali che professionali: differenze che, negli anni, si sono mantenute, e anzi talvolta intensificate, non portando però mai ad uno scontro. Anzi, esse hanno mantenuto saldi rapporti di amicizia tra loro (anche quando non più conviventi), ospitandosi reciprocamente, andando in vacanza insieme e partecipando a comuni battaglie politiche.
Tra le nove sopra elencate solo quattro – Jane Addams, Mary Keyser, Louise deKoven Bowen e Mary Rozet Smith – hanno concluso i propri giorni ad Hull-House, facendo coincidere, quasi interamente, le proprie personali biografie con la storia e le sorti di Hull-House. Ma Mentre Addams e Keyser erano residenti, Bowen e Smith non lo erano. Louise Bowen, che dopo la morte di Addams, leader indiscussa per quarant’anni, è stata presidente di Hull House fino alla propria morte (avvenuta nel 1953), abitava nella sua benestante casa di famiglia con un marito e quattro figli. Bowen aveva iniziato a collaborare dal 1893, tenendo per decenni la presidenza di una delle tante organizzazioni interne al social settlement, e impegnandosi, insieme a Julia Lathrop, per l’istituzione di un Tribunale di Minori (Chicago fu la prima città degli Stati Uniti d’America ad averne uno), e conducendo importanti studi sulla delinquenza e sulle relazioni “interazziali” tra Afro-Americani ed Euro-Americani a Chicago. Ella rappresentò Hull-House pubblicamente e la sostenne finanziariamente, sia attraverso propri fondi, sia grazie ad importanti “connessioni” con finanziatori esterni.
Mary Keyser, morta troppo presto per potere essere certi che non se ne sarebbe mai andata, viene ricordata soprattutto per l’apporto dato alla democraticità “sostanziale” della struttura, e per avere iniziato ad instaurare i primi rapporti con il vicinato, dapprima inevitabilmente diffidente. Di più umili origini rispetto alle altre e non altrettanto istruita, Keyser aveva il compito di gestire la conduzione “materiale” della casa, provvedendo al cibo, alle pulizie e al “maintaining the pratical aspects of life” (Stebner, p. 96). La sua semplicità, spontaneità ed umiltà, messe a frutto positivamente, hanno aiutato a far cadere le prime barriere tra la comunità e il “pericoloso vicinato”, nozione perduta, a detta di lei stessa, già dopo la prima notte di presenza nel quartiere, in cui distratte forse dalla novità e dall’eccitazione, le prime tre donne residenti hanno dimenticato di chiudere la porta principale della Casa.
Nel gruppo delle nove sopra elencate Alice Hamilton, Julia Lathrop e Florence Kelley sono state accomunate sia per il loro costante impegno “pubblico”, rivolto all’ottenimento di riforme sociali e di leggi più giuste, sia per il loro essersi “formate” ad Hull-House e avere poi perseguito la “carriera” sociale in altri luoghi, divenendo protagoniste di importanti campagne riformiste, ognuna nel proprio settore. Alice Hamilton (1869-1970), nota per le sue ricerche sull’inquinamento industriale e prima donna medico del lavoro, ha vissuto ad Hull-House “solo” ventidue dei suoi 101 anni, tutti trascorsi nell’impegno per il miglioramento della salute e delle condizioni materiali di donne e uomini. Lathrop e Kelley, entrambe con antecedenti quaccheri nelle loro storie famigliari e anch’esse con esperienza ventennale a Hull House, sono diventate “famose”, dopo avere lasciato la Casa, per avere ricoperto degli importanti ruoli istituzionali, e per avere contribuito da protagoniste alla svolta riformista avvenuta negli Stati Uniti d’America nel corso dei primi trenta anni del ventesimo secolo.
Florence Kelley, durante la sua residenza ad Hull-House, ha avuto la responsabilità di far sì che il Social Settlement non rimanesse una comunità chiusa ai soli interessi del “vicinato”, ma si rivolgesse “toward social reform, bringing the community’s formidable energy and talents to bear on a historic campaign on behalf of labor legislation for women and childern (Sklar, 1985, p. 664). Kelley, giunta nella casa senza preavviso durante le festività natalizie del 1891 e accolta da subito (coi suoi tre figli di 4, 6 e 9 anni) aveva trovato in Hull-House un rifugio per se stessa e anche un luogo dove potere sperimentarsi pienamente e mettere a frutto quanto aveva appreso nei lunghi anni in Europa, partecipando al movimento socialista e conoscendo anche Friedrich Engels, con cui è stata in corrispondenza dal 1884 al 1992, in seguito alla traduzione in inglese di alcune sue opere. Se il tipo di influenza portata da Kelley ad Hull House è stata in qualche modo condizionata dalla sua personale storia di socialista, è anche vero che il fatto di stare dentro un Social Settlement al femminile come Hull-House ha influito sulla storia personale di Kelley, come delle altre donne, dalle provenienze più disparate.
Una struttura come Hull-House ha svolto un ruolo importante nella storia della forza femminile, rafforzando le vocazioni e le risorse individuali di ognuna delle sue protagoniste, spesso di differenti provenienze ideologiche o religiose, e dando loro sostegno morale, reti di relazione sia tra donne che con uomini rivolti alle stesse finalità politiche, senza però permettere loro di interferire nella leadership, o condizionarne l’operato. Soprattutto Hull-House ha dato, alle donne che ne sono state la struttura vivente, lo spazio per sviluppare strategie e metodi di lotta creativi, rivolti a costruire possibili alternative politiche e valorizzare le persone: a segnare i primi passi verso una democrazia vissuta e partecipativa.

* Ricercatrice presso l’Università Roma Tre, si occupa di studi sulla pace e di genere, in particolare nella prospettiva pedagogica

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