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Le sentenze che creano cultura

Le sentenze che creano cultura

Sentiamo l’avvocata - Genitorialità, figli e crisi coniugali

Napolitani Simona Domenica, 07/04/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2013

I rapporti matrimoniali e le loro purtroppo frequenti crisi sono a volte il frutto di una incapacità dei coniugi a realizzare condotte in linea con i principi fondamentali che regolano la vita delle famiglie, come ad esempio: - i precetti costituzionali sulla parità tra marito e moglie, sul rispetto dei diritti della persona, sino a parlare del rispetto dei diritti civili, riconducibili alla famiglia; - l’obbligo di educare, istruire e mantenere i figli. La famiglia dovrebbe essere intesa come il centro degli affetti e come luogo ove ciascun componente, grazie ad un sostegno reciproco tra gli stessi familiari, ha la possibilità di auto realizzarsi e di poter affermarsi come persona nella società e nel mondo del lavoro.

Purtroppo, si tratta di enunciazioni di principio, la cui realizzazione è purtroppo abbandonata al destino di ciascuna singola famiglia: lo Stato non fornisce alcun supporto preventivo al nucleo; sin dalla scuola ci si dovrebbe far carico di insegnare i precetti fondamentali della nostra Carta Costituzionale, come quello del rispetto, del decoro, della salute. Si dovrebbero e si potrebbero anche insegnare i principi basilari sulla genitorialità, senza lasciare che ragazzi o adulti mettano al mondo figli, senza poi saper fornire loro gli strumenti fondamentali per una crescita sana ed equilibrata, o, ancor peggio ma non meno frequente, ponendo condotte insane che mettono a serio rischio l’equilibrio psicologico di tanti bambini.

A fronte di tali gravi condizioni della famiglia italiana, può soccorrere la giurisprudenza e, nelle aule di giustizia, creare cultura, attraverso decisioni che colmino le lacune del nostro legislatore. E ciò che accade a Roma: un Giudice della sezione famiglia del Tribunale civile, con una recente sentenza, ha espresso importanti principi che, ove nel futuro auspicabilmente confermati e ribaditi, potrebbero consentire un miglioramento dei comportamenti coniugali e genitoriali e, quindi, delle relazioni familiari.

Il caso riguarda un padre che non provvede al mantenimento della figlia. Al riguardo si legge che la perdurante violazione del marito all’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento in favore della figlia minore denuncia l’insussistenza di qualsivoglia volontà da parte di costui di fronteggiare i bisogni materiali della stessa magari offrendole quanto era ed è comunque nella sua disponibilità, in quanto l’obbligo di un genitore di provvedere al mantenimento della prole implica il dovere di soddisfare primariamente le esigenze dei figli stessi e quindi di anteporre le loro esigenze alle proprie. Pertanto, l’eventuale esiguità del reddito a disposizione non può comunque giustificare la totale inadempienza protratta per molto tempo da parte di un genitore, la quale incide con riferimento ai figli non solo sul piano strettamente materiale impedendo loro la possibilità di sfruttare al meglio le proprie potenzialità formative, ma incide ancora di più sotto il profilo morale essendo sintomatica della mancanza di qualsiasi impegno e quindi dell’assoluta inidoneità del genitore a fornire loro il contributo necessario a creare quel clima di serenità familiare, indispensabile ad una crescita serena ed equilibrata della prole stessa.

Il Giudice romano continua ad affermare principi di grande rilievo ed importanza, laddove dichiara che è un diritto inviolabile dell’uomo - anche se ancora in formazione come nel caso di minori - ricevere affetto, cura ed educazione da entrambi i genitori; la riuscita del compito educativo deve mirare a strutturare una personalità ben formata.

In attesa che il Legislatore colmi gravi ed ingiustificabili lacune, accogliamo con grande favore l’intervento del Tribunale di Roma.



simonanapolitani@virgilio.it



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