Le riforme istituzionali hanno bisogno di gambe robuste
Emilia Romagna -
Serri Luciana Mercoledi, 28/05/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2014
Con l’approvazione in Senato a fine marzo del disegno di legge del Ministro Delrio, le province sono diventate “enti di secondo livello”, cioè non più istituzioni ed organi elettivi ma “agenzie” al servizio dei Comuni del territorio. Questa legge non rappresenta ancora il punto di arrivo ottimale, piuttosto una tappa necessaria del percorso di riforma e semplificazione del nostro assetto istituzionale, con l’obiettivo di realizzare sia un significativo risparmio per le finanze dello Stato sia, soprattutto, una maggiore efficienza ed efficacia del sistema pubblico dei servizi. Intanto al posto di 107 Consigli e Giunte provinciali abbiamo 97 enti di area vasta, guidati a costo zero dai presidenti uscenti fino a fine anno; e, per la prima volta, i cittadini italiani non hanno votato per le province, né più lo faranno dal momento che è stato avviato l’iter per la loro eliminazione dalla Carta Costituzionale.
Tutto bene allora? Sì, a patto però di fare le cose perbene. L’Emilia-Romagna, come le altre Regioni italiane, ha delegato nel tempo molti compiti importanti alle Province, che li hanno svolti mettendo a punto modalità operative ormai rodate e ben funzionanti anche grazie alla professionalità dei loro dipendenti. Parliamo di circa 60.000 persone a livello nazionale, impegnate quotidianamente in settori come l’istruzione e la formazione professionale, la programmazione territoriale e ambientale, i servizi alle imprese. E’ del tutto evidente che queste migliaia di lavoratrici (in maggioranza) e lavoratori, rappresentano un patrimonio di competenza ed esperienza davvero strategico nel processo di riforma in atto, da utilizzare al meglio per una maggiore produttività e qualità della spesa pubblica. Per non depotenziarlo o peggio disperderlo dobbiamo offrire ai dipendenti provinciali, in tempi brevi, un quadro definito delle mansioni che andranno a svolgere, con quali interlocutori, partner e finalità istituzionali.
Al momento questi elementi non sono noti e la legge Delrio prevede solo che entro il 31 dicembre 2014 dovranno essere approvati gli statuti delle nuove province e delle 10 Città metropolitane. I tasselli ancora mancanti ci costringono ad uno standby che non ci possiamo permettere, perché mai come ora le politiche per il rilancio economico e sociale del Paese richiedono una macchina amministrativa oliata, motivata e funzionale. Credo sia responsabilità di tutti contribuire ad una maggiore chiarezza, alla razionalità e certezza del progetto di riordino, alla sua coerenza con i percorsi di fusione e unione dei Comuni che la Regione sta portando avanti con determinazione, ma anche con le annunciate riforme della Pubblica Amministrazione e del Senato. Occorre perciò che il governo completi al più presto il processo di delega statale e metta le Regioni e gli enti locali nelle condizioni di fare ognuno la propria parte in un disegno organico di riordino dei poteri. Abbiamo per questo sollecitato la giunta Errani a presentare una proposta di riassetto istituzionale regionale che dia certezze sul piano delle funzioni (chi fa cosa) ed allo stesso tempo sicurezza ai lavoratori, sulla loro collocazione e per ciò che riguarda la valorizzazione della loro professionalità. Ricordiamoci sempre che le riforme camminano sulle gambe delle persone e che l’Italia ha necessità di correre su gambe robuste. Circa 60.000 lavoratrici e lavoratori a livello nazionale sono impegnate quotidianamente in settori come l’istruzione e la formazione professionale, la programmazione territoriale e ambientale, i servizi alle imprese. Un patrimonio di competenza ed esperienza strategico per la riuscita delle riforme.
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