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Le ragioni della notte non sono quelle del giorno

Le ragioni della notte non sono quelle del giorno

La storia di una “strana donna” nata sotto il segno di Saturno: Giovanna la pazza

Martedi, 03/09/2013 - La storia di una “strana donna” nata sotto il segno di Saturno

Le ragioni della notte non sono quelle del giorno



Chi? Giovanna la Pazza, figlia terzogenita di Isabella di Castiglia e di suo marito Ferdinando d’Aragona; Dove? In Spagna; Quando? Nel XVI secolo; Perché? E’ vittima della ragion di stato; Come? Regina, innamorata di Filippo il Bello, è lacerata dal suo amore, dalla gelosia e dalla solitudine.

Siamo nel cuore di un libro avvincente scritto da una donna, Adriana Assini (“Le rose di Cordova”, Scritture & Scritture, 2009) che parla di una donna e che donna!

Su tutti campeggia lei, Giovanna la Pazza, fisicamente descritta con dettaglio documentato (“gli occhi esageratamente grandi e scuri su un volto troppo pallido e smagrito”- p. 96), “una fanciulletta pallida, molto colta ma garbata” – op. cit. p. 9), bella, e il suo rapporto con Nura è speciale. La stessa ancella ce lo descrive così: “Per lei provavo un sentimento doppio, che a volte somigliava all’affetto, in altre al rancore profondo, non riuscendo a conciliare il rifiuto di saperla figlia diletta dei miei carcerieri e la gratitudine che le dovevo per avermi sottratta a un’esistenza ben più grama” (op. cit. pp. 9-10). Nura, di carattere opposto, spesso la sostiene e la consiglia: c’è dialogo aperto e sincero tra la vincitrice e la vinta, tra la cristiana e la Mora. Anche tra invidie e gelosie quello che conta è che Nura “in fondo, a lei ci tiene” (p. ): si tratta di solidarietà femminile.

Juanita deve partire per Bruxelles, per le Fiandre, per sposare il bel Filippo, “seducente e seduttore”, figlio di Massimiliano I d’Asburgo e di Maria di Borgogna.

Lentamente, con maestria, Adriana, in uno stile perfetto, impeccabile che rende la lettura velocissima (dovuta anche alla divisione del romanzo in brevissimi capitoli), crea suspense nel lettore e lo porta a seguire le vicissitudini di questa sventurata donna. Il lettore condivide i suoi stati d’animo attraverso l’introduzione di elementi gradatamente inseriti dalla scrittrice. Mille sono le difficoltà che Giovanna deve superare: l’incognita del viaggio, la diversità del clima, la difficoltà della nuova lingua, il timore di non essere abbastanza bella e di non piacere, la paura dei tradimenti del marito...

La protagonista suscita tenerezza con la sua fede incrollabile ma è una donna aperta ad ogni nuova conoscenza che le venga dalla sua ancella, è sola, accerchiata di gente bigotta e maldicente, prigioniera di stupidi divieti e ancor più stupide superstizioni, trascurata dai genitori e in seguito dal marito.

Il tratto che caratterizza Giovanna, che è anche capricciosa e indisponente, prima di essere la sua vera o presunta pazzia, è la malinconia la cui origine è ignota, insomma muta facilmente umore…prima malleabile come la cera, poi potrebbe punire duramente, è di indole fortemente cangiante tale da essere a tratti più fragile di un fiore oppure in altri possessiva e tiranna. C’è che Giovanna è nata sì sotto una cattiva stella ma nota cose che altri ignorano (p. 24). Che sia un’eredità di famiglia visto che sua nonna soffre dello stesso sentimento? Nura allude a Saturno: “cambia molto la natura di chi vede la luce sotto Giove rispetto a quelli che vengono al mondo sotto il segno di Saturno: nei primi abita la gioia e i colori caldi del sole, negli altri s’annida una livida malinconia” (op. cit. 25). Insomma, è una “maledetta” come i Poeti Saturnini, come Verlaine, Baudelaire, poeti innovatori, fuori e contro le scuole ed il rispetto delle regole vigenti, vagabondi, ammalati di ignoto, d'ideale, d' infinito, maledetti spesso anche per l'esistenza tumultuosa vissuta, per la rivolta e l'emarginazione che li caratterizzano, per l'appartenenza all'influenza di Saturno (prefazione ai Poèmes saturniens di Paul Verlaine):

Dunque, i nati sotto il segno di SATURNO

fulvo pianeta, assai caro ai negromanti,

hanno fra tutti, secondo le formule antiche,

un bel pò di sfortuna e una bella dose di bile.

Inquieta e debole, la loro immaginazione

rende inutile in essi lo sforzo della Ragione.



Saturno porta agli uomini la sfortuna.



Incapace di ribellarsi a uomini e santi (la parola “prigionia” ricorre varie volte nel romanzo di Adriana), la pazzia altro non è che la forma attuata dalla giovane Juana per difendersi da tutto ciò che la circonda, dalle umiliazioni che subisce continuamente (la più terribile quella di essere tenuta fuori dalla porta dal padre e dal marito quando deliberano questioni primarie), lo sa la stessa Nura: “ “Io a quella storia non ci avevo mai creduto, nemmeno quando a chiamarla “pazza” era stato suo marito. All’inizio non gli davo peso, ma in seguito compresi che poteva bastare un breve ma terribile aggettivo come quello per marchiare a fuoco chi ne veniva colpito. E che, ben al di là dell’insulto, serviva ad occultare le lacune di alcuni e gli interessi degli altri, l’ignoranza della scienza e il meschino tornaconto dei parenti” (op. cit. p. 92). La pazzia è l’arma di difesa che Juana ha a disposizione: “Lei, privata di ogni autonomia, aspettava un’alba che non ci sarebbe stata. (…) assisteva impotente a quella farsa che vedeva un continuo alternarsi della fortuna dei due contendenti, un padre e un marito che non esitavano a sacrificarla in nome dell’avidità e del potere” (p. 118).

Viene in mente il celebre “Enrico IV” di Luigi Pirandello in cui il protagonista si finge ancora pazzo, immedesimandosi nella sua maschera (questo è la pazzia) per non voler vedere la realtà dolorosa. E d’altronde in “Elogio alla follia” Erasmo da Rotterdam dice che “Tutta la vita umana non è se non una commedia, in cui ognuno recita con una maschera diversa, e continua nella parte, finché il gran direttore di scena gli fa lasciare il palcoscenico”.

Le due metafore – quella del corvo e quella della civetta (op. cit. p. 29) – confermano la meta di saggezza, perspicacia, esperienza e luce nel mondo.

Adriana è riuscita nel difficile compito di scrivere un romanzo storico molto ben documentato: non c’è nessuna tradizione in questo senso in Italia poiché è difficile per noi raffrontarci con il nostro passato, ancora più arduo confrontarsi con quello di un altro Paese.

Potrebbe diventare un appassionante film!



Fausta Genziana Le Piane

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