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Le ragazze del Risorgimento

Le ragazze del Risorgimento

Pro–MEMORIA / 5 - Interviste immaginarie alle donne che hanno creduto e combattuto per l’unità d’Italia - di Elena Doni, Maria Serena Palieri, Chiara Valentini, Lia Levi

Lunedi, 07/02/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2011

Per i libri di storia, sappiamo, le donne non esistono e anche i capitoli dedicati al Risorgimento le hanno cancellate. ”Solo in ricerche approfondite e in testi recenti ci si è accorti che il Risorgimento non è stato un movimento elitario ma anche una rivoluzione di popolo, di giovani e di donne, uniti nell’entusiasmo e nella fiducia di poter cambiare...contro gli oppressori e per la riconquista di una dignità etica e civile”. Così si legge nell’introduzione di “Donne del Risorgimento”, ricerca condotta da E. Doni, C. Galimberti, M. Grosso, L. Levi, D. Maraini, M. S. Palieri, L. Rotondo, F. Sancin, M. Serri, F. Tagliaventi, S. Tagliaventi, C. Valentini (ed il Mulino) che ha voluto risarcire quelle donne, doppiamente coraggiose, che parteciparono generosamente a quella lotta “anche contro il loro ruolo, che allora doveva svolgersi in casa o in convento, con istruzione minima, amicizie e letture controllate, marito scelto dai genitori”. Di quelle combattenti, con interviste immaginarie scritte da alcune delle autrici del libro in uscita nelle prossime settimane, ascoltiamo le ragioni e i sogni.



 



Colomba Antonietti (di Elena Doni)



Colomba, eri una bella ragazza, avevi magnifici capelli neri e ricciuti, perché mai hai voluto raparti quasi a zero e vestirti con una vecchia divisa di tuo marito?

Semplicemente perché volevo stare vicino a lui. Avevo - avevamo - fatto tanto per imporre il nostro amore e riuscire a sposarci… All’una di notte del 13 dicembre 1847. Solo mio fratello era presente, i miei genitori e quelli di mio marito non vennero al nostro matrimonio. Si erano opposti con ogni mezzo perché i miei erano di origini modeste, i suoi erano nobili e ricchi.



Quindi avete coronato il vostro sogno d’amore, ma ancora non mi hai detto perché ti sei travestita da uomo.

Per stare vicino a lui, inizialmente. E poi perché mi ero innamorata anch’io dell’idea di un’Italia libera e unita. E visto che lui era ufficiale, mi sono vestita da ufficiale. Quante marce abbiamo fatto insieme! E insieme siamo arrivati a Roma, a combattere per la Repubblica Romana. Io un po’ curavo i feriti, un po’ ero al suo fianco, a difenderci dai soldati francesi.



Finché…

Finché un brutto giorno, sulle mura del Gianicolo, sono stata centrata a un fianco da una palla di cannone. Ho fatto appena in tempo a dire Viva l’Italia… e poi non c’ero più. Avevo 23 anni.

 



Giuditta Tavani Arquati (di Maria Serena Palieri)



Giuditta, la sua morte è stata uno degli ultimi feroci capitoli della storia della Roma del Papa Re. Trecento zuavi armati di baionette e cannoni assaltarono il lanificio di via della Lungaretta dove eravate asserragliati, lei, suo marito, vostro figlio dodicenne e otto compagni. Perché affrontò quest’impresa disperata?

Garibaldi, sessantenne e malato, veniva a liberare Roma, e noi romani non gli davamo una mano, restavamo lì zitti, opportunisti, codardi? Nella Roma papalina c’erano preti, nobili e popolino, non c’erano, o quasi, borghesi. Io facevo parte di questa minoranza, quindi non ero connivente con il clero come gli aristocratici, né ricattabile come i più poveri. Ed ero istruita. Perciò capivo meglio di altri che mostruosità fosse ormai, nel 1867, lo Stato Pontificio. Una monarchia teocratica e assoluta in mano a un uomo, Pio IX, mistico e disturbato.



È vero che insegnava a suo figlio Antonio che era meglio morire con la pistola in mano che vivere dicendo il rosario?

Ma per carità! Antonio, al lanificio, quel giorno era voluto venire a tutti i costi con noi. All’ultimo ho salvato la piccola, Adelaide, mettendola nella cesta del bucato. Poi cominciò la mattanza e uno zuavo mi squarciò la pancia con la baionetta.

 



Sara Levi Nathan (di Chiara Valentini)



Sara, perché aveva scelto di dedicarsi in modo così totale alla causa dell’Italia?

Era stato determinante l’incontro con Mazzini, quando avevo solo 18 anni. Tutte le speranze e le passioni che sentivo confusamente dentro di me sembravano trovare una risposta nelle sue parole, nei suoi scritti. Non era solo la convinzione che lo animava di dover costruire una patria per la gente che parlava la lingua di Dante e condivideva storie di oppressione e di ingiustizie. Mi affascinava la sua visione di una società liberata e basata sul rispetto dei diritti ma anche dei doveri. Condividevo con tutto il cuore la sua morale laica e la scelta di battersi per un’Italia repubblicana, dove le donne non fossero più semplici appendici dei padri e dei mariti.



Era difficile rivendicare la libertà femminile in quei tempi?

Si, ma lo facevamo lo stesso. Per me come per molte altre la lotta per liberare l’Italia era legata alla nostra liberazione personale. Vado orgogliosa fra l’altro di essermi battuta per i diritti delle prostitute, vittime esemplari dell’oppressione maschile.

 



Margaret Fuller (di Lia Levi)



#foto5sx#Un’americana che s’innamora della causa italiana fino a diventare personaggio di primo piano come “testimone che racconta” e poi protagonista… Una scelta o destino?

Il destino ha agito, ma solo sul piano pratico. Se non avessi avuto dal New York Tribune l’incarico di corrispondente dall’Europa non sarei andata a Londra dove ho conosciuto Mazzini, e dopo non mi sarei trovata in Italia nei giorni della Repubblica Romana. Ma avrei comunque sostenuto la lotta per l’Unità d’Italia anche dall’altra parte dell’oceano.



Le tue corrispondenze dall’Italia contenevano appassionate perorazioni a favore della Repubblica Romana e durante l’assedio dei francesi ti sei trasformata in parte attiva nell’opera di soccorso ai feriti… Ti sei sentita più giornalista o patriota?

Se partecipi con passione a quello che si svolge sotto i tuoi occhi ti viene voglia nell’emergenza di fare qualcosa di più diretto.



Tragica fine la tua… fare naufragio con marito e figlio, già in vista della costa americana…

Certo, chi può amare di perdere la vita? Ma io ho un motivo in più di dolore. Con me viaggiava un baule carico di carte e appunti per un libro sulla Repubblica Romana. Avevo tante cose da raccontare…





(7 febbraio 2011)

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