Marocco - Specie in estinzione da cui si ricava un prezioso olio. Con la cooperativa agricola lavorano secondo la tradizione berbera centinaia di donne che hanno una speranza di emancipazione e di riscatto economico
Di Pietro Maria Elisa Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008
Nel Marocco odierno, in tensione tra conservazione e modernità, “empowerment, ambiente e valori identitari” sono la formula vincente della cooperativa agricola femminile dal nome benaugurale di “Amal”, in arabo “speranza”. L’idea è di Zoubida Charrouf, docente universitaria di chimica, esperta di Argania spinosa, una specie vegetale endemica del Marocco sud-occidentale, diffusa tra Essauria ed Agadir.
Il prodotto principale è l’olio, condimento diffuso nel Maghreb e apprezzato dai Romani nel IV secolo d.C.. “Oro del Marocco” è l’epiteto che esalta orgoglio e pregio di questa risorsa, la più redditizia di un territorio arido e povero. Le attività connesse sostentano tre milioni di persone, arginando l’esodo rurale e contribuendo all’equilibrio ecologico. Procedimenti e modalità di impiego sono retaggio della cultura berbera, tramandata da generazioni in linea femminile.
Nel 1995 la ricercatrice propose il progetto: valorizzare l’argan e le pratiche di lavorazione per aiutare le donne che ne sono depositarie, lanciando la produzione e la commercializzazione sostenibile di olio e derivati. Khadija Rhalimi e Amina Edelcadi, esperte di gestione e marketing, lo hanno avviato nel 1998 e amministrano l’azienda nei rispettivi ruoli di presidente e direttrice. Nuove affiliate sono confluite sotto lo stesso marchio e altre si stanno affiancando. Dopo anni di diffidenza della popolazione maschile e delle autorità locali i risultati sono balzati alla ribalta internazionale vincendo il Premio Slow Food 2001. L’organico della sede principale supera 100 socie, che lavorano 300 tonnellate di noci di argan all’anno. Nel 2000 il giro d’affari superava già i 45.000 dollari.
La straordinarietà dell’evento consiste nell’integrare la componente femminile della comunità rurale nei programmi di sviluppo sostenibile, investendo in prodotti tipici e divenendo il centro di una rete di interventi da parte di istituzioni e partners di tutto il mondo.
Gli alberi di argan crescono lentamente in zone desertiche, ma sono tanto longevi - anche centenari - da esser considerati sacri e costituiscono un sistema efficace contro la desertificazione. Le radici affondano fino a 30 metri, portano acqua ed elaborano sali minerali che fertilizzano il suolo, lo proteggono dall’erosione e giovano ad altre piante. La specie è in estinzione: un terzo della foresta è scomparso in un secolo per lo sfruttamento intensivo, la sostituzione con colture a breve più redditizie e per l’avanzamento del deserto. Si teme la perdita del 40% dell’attuale area boschiva nel 2008. Il rimboschimento, iniziato nel 1995 su iniziativa del governo tedesco, è guidato dal Ministero delle Acque e delle Foreste marocchino. Dal 1998 l’estensione di 800.000 ettari (20 milioni di alberi) del Parco Nazionale di Souss è Riserva della Biosfera per volontà dell’UNESCO, a coniugare tutela ambientale e sviluppo umano delle popolazioni rurali. La prima cooperativa è sorta proprio qui. Ogni pianta è proprietà demaniale, anche se insiste su terreno privato ed è in uso alla comunità.
Dall’argan, una lezione contro lo spreco: il legname fornisce combustibile e materiale da falegnameria; bacche, gusci e foglie sono foraggio per il bestiame; dalle armelline si estrae l’olio. Le capre divorano frutti e foglie fino ai rami più alti. In passato l’olio era prodotto coi semi recuperati dal loro sterco, perciò la raccolta era affidata alle ultime delle berbere. Il processo digestivo scioglieva il rivestimento delle bacche, agevolando l’estrazione dei semi.
L’olio è dorato e denso, con un aroma tostato. E’ altamente digeribile e nutritivo: è usanza darne poche gocce ai neonati. Si sposa a insalate, grigliate, tajine e couscous. Spalmato sul pane, accompagna il tè alla menta in ogni occasione. E’ l’ingrediente base dell’amlou beldi, una crema afrodisiaca di mandorle e miele, offerta in benvenuto ai visitatori. Controlla il colesterolo e ha proprietà cicatrizzanti.
L'estrazione ha una resa molto bassa e il prezzo è davvero alto: per 1 litro, dal valore di mercato di 50 euro, occorre spremere 30 chili di armelline, per 20 ore di lavoro. La lavorazione è prevalentemente manuale e riservata alle donne. Non si usano più i semi ingeriti dalle capre, che compromettono la qualità del prodotto. Un agente fornisce le bacche alle aziende perché gli usi vietano alle donne di recarsi al mercato. Ho assistito al procedimento visitando i locali. Stride il contrasto tra l’umile condizione delle lavoratrici e la ricca esposizione allestita per i turisti. Riecheggia il battito dei sassi per l’apertura dei gusci. Alcune donne sono chine sulle ceste a selezionare e sbucciare le armelline. Le più esperte eseguono la spremitura con la macina in pietra, pressando i semi torrefatti e raffreddati, secondo il metodo casalingo. Il liquido è filtrato e addizionato di azoto per evitare l’ossidazione e conservarlo 24 mesi. Infine è imbottigliato e certificato come olio naturale al 100%. I derivati sono preparati secondo l’antico ricettario, migliorato dalle conoscenze scientifiche. Una linea cosmetica ruba alle belle del deserto antichi segreti per difendere pelle e capelli da vento, aridità e invecchiamento.
Con fondi internazionali sono stati acquisiti macchinari da lavoro, la cui fabbricazione è commissionata a paesi poveri dell’Africa centrale. Scarti e residui sono acquistati da grossisti che li rivendono come cibo per gli animali.
La cooperativa incoraggia le attività femminili in un contesto in evoluzione. Dal 2004 il nuovo codice della famiglia esige la parità di genere, ha esteso alle donne il diritto di proprietà, di divorziare, allevare e avere la custodia dei figli, ma resistono consuetudini discriminanti, come chiedere al marito il consenso per lavorare. Molte giovani lasciano le famiglie ed emigrano per studiare, scegliere di sposarsi e lavorare.
L’organizzazione offre forme di sostegno e conciliazione lavoro-famiglia, con la collaborazione di governo ed enti locali. La quota sociale si può versare in denaro o in natura, per favorire le più svantaggiate. La maggior parte delle socie proviene da zone remote. Molte sono nomadi e sole, soprattutto vedove e divorziate. Le sposate possono lavorare a casa se il marito lo richiede. Tutte partecipano a corsi di alfabetizzazione, integrazione, formazione e aggiornamento professionale. Percepiscono una paga mensile e partecipano agli utili per il 10% del profitto. Un libretto di risparmio in cui versano regolarmente importi minimi le abitua alla gestione del denaro, integra il reddito familiare e favorisce l’indipendenza economica. Durante il lavoro affidano i figli all’asilo comunale.
I benefici si trasmettono dalle donne alle famiglie, alla comunità, al mercato, alle tavole dei buongustai. Si innesca così un processo di emancipazione che aiuta a preservare un patrimonio naturalistico di elevato valore identitario, perchè riscopre la cultura berbera, emarginata e disprezzata per secoli, dall’occupazione romana al dominio arabo, dalle contese internazionali al protettorato francese. Oggi oltre il 60% dei marocchini riconosce le proprie radici nel popolo berbero, la cui lingua sarà insegnata in tutte le scuole pubbliche entro un decennio.
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