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Le politiche sociali al centro dell’attenzione

Le politiche sociali al centro dell’attenzione

Regione Emilia Romagna - Intervista a Anna Maria Dapporto, Assessora regionale alla Promozione politiche sociali ed educative per l'infanzia e l'adolescenza, politiche per l'immigrazione, sviluppo volontariato, associazionismo, terzo settore.

Redazione Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2009

Se volessimo fare un bilancio dell’anno appena passato, quali interventi nel suo settore ritiene che possano caratterizzarlo?

L’approvazione del primo Piano Sociale e Sanitario regionale è sicuramente il risultato più importante raggiunto in questo anno, ma credo in tutta la legislatura. Il Piano vuole superare una visione settoriale del welfare e favorire un approccio integrato alle questioni sociali e sanitarie. Integrazione e partecipazione sono le parole d’ordine del nuovo modello di welfare per garantire la qualità dei servizi, per sostenere le famiglie, per rafforzare fiducia e sicurezza, per trainare lo sviluppo economico e sociale del nostro territorio.

Le linee guida per la programmazione locale 2009-2011 avviano il percorso per la costruzione del welfare di comunità in tutte le province e in tutti i Distretti. L’obiettivo generale è l’integrazione delle politiche sociali e sanitarie con le altre politiche che hanno un forte impatto sulla salute e sul benessere delle persone, delle famiglie e delle comunità (casa, lavoro, scuola, formazione, trasporti,…).

Su proposta della Giunta, l’Assemblea Legislativa ha approvato il Programma Triennale 2009-2011 per l’immigrazione: alfabetizzazione, mediazione, antidiscriminazione sono i tre obiettivi strategici. La regione ha scelto di proseguire nel percorso di integrazione e di inclusione sociale dei cittadini stranieri per rafforzare un senso condiviso di rispetto delle regole e di appartenenza territoriale, per la promozione della convivenza, per un nuovo patto di cittadinanza di diritti e doveri.

A novembre è stato approvato dall’Assemblea Legislativa, il Programma Triennale per i servizi socio-educativi dedicati alla prima infanzia (nidi e altri servizi integrativi e sperimentali). La nostra regione detiene la percentuale più alta nel rapporto posti disponibili/popolazione 0-3 anni (27%): oltre mille sono i servizi diffusi sul territorio, che garantiscono alle famiglie un servizio di qualità.

Infine, voglio evidenziare il percorso compiuto con le organizzazione del Terzo Settore: Cooperative sociali, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale. La giunta ha predisposto le linee guida per realizzare nei territori luoghi di confronto e di partecipazione alla programmazione della rete dei servizi.



Le donne sono protagoniste dell’azione di cura verso le persone care più bisognose, i bambini, gli anziani, i disabili. Ma oggi sono sempre più determinanti per il bilancio familiare, per arrivare alla quarta settimana. Come conciliare questi due ruoli nel rispetto della persona e nel suo diritto a vivere una vita serena, volta al benessere psicologico e fisico?



E’ necessario costruire intorno alla donna una rete di servizi e interventi che le garantiscano maggiore sostegno nei compiti di cura e nella conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Servizi per l’infanzia, contributi economici per la conciliazione, sostegno alla domiciliarità, qualificazione della rete territoriale dei servizi. Questa è la direzione che si è data la nostra regione: consolidare e innovare la rete dei servizi, dare ai comuni gli strumenti per svolgere la propria funzione di governo del sistema, incentivare la partecipazione di tutti i soggetti per un welfare che sostenga la persona, la famiglia, la comunità. Non è con un bonus una tantum o con una carta di 40 euro al mese che una donna o una famiglia bisognosa possa sentirsi tutelata o sostenuta. La nostra scelta, e quella del precedente governo, è quella di garantire livelli di assistenza su tutto il territorio, farsi carico delle persone attraverso una continuità assistenziale che coinvolga la persona stessa e tutti i servizi pubblici e privati, puntare ad una integrazione tra tutte le politiche per dare efficacia e completezza all’intervento. Queste sono le sfide a cui stiamo dando risposta.



Quali investimenti nel sociale sostiene la Regione per il 2009, che sarà un anno difficile per le famiglie italiane?

L’investimento maggiore lo faremo sulla Non autosufficienza: questa regione, di fronte alla crisi di tante famiglie, ha scelto di investire per il prossimo anno circa 400 milioni per l’assistenza alle persone Non autosufficienti, anziani e disabili. Gli obiettivi sono il sostegno alla domiciliarità, contributi economici alle famiglie con un reddito basso che assumono assistenti familiari, l’avvio di progetti innovativi di cura e assistenza, il sostegno alla residenzialità.

Il riparto delle risorse del Fondo Sociale Regionale 2008 risente di un taglio del 30% effettuato dall’attuale governo. Nonostante questo, la Giunta ha deliberato uno stanziamento pari a 83 milioni di euro, di cui 29,6 milioni destinati direttamente ai Comuni, 20 milioni per i servizi 0-3 anni, mentre 18,7 milioni andranno a realizzare il Fondo Locale di Distretto, previsto dal Piano Sociale e Sanitario, in cui dovranno progressivamente confluire tutte le risorse (locali, regionali, nazionali ed europee) destinate a finanziare gli interventi e i servizi.





Rapporto nascita 2007: in Emilia-Romagna natalità oltre i valori medi nazionali



Presentato il Rapporto nascita 2007 dell'Emilia-Romagna, basato sull'analisi dei dati contenuti nei Certificati di assistenza al parto (CedAP) e curato dal Servizio sistema informativo sanità e politiche sociali della Regione e dal Ceveas (Centro per la valutazione dell'efficacia dell'assistenza sanitaria dell'Azienda Usl di Modena). Il rapporto contiene quest'anno per la prima volta informazioni sul ricorso alle tecniche per il contenimento del dolore nel travaglio del parto (utilizzate nel 28,2% dei casi).

“E’ un’analisi interessante perché mette in luce due temi cari a queste terre emiliano-romagnole - spiega la consigliera regionale del Pd Laura Salsi -, in primo luogo che qui ci sono strutture efficienti e di qualità in grado di affrontare le situazioni più complesse e diversificate, in secondo luogo che, dove vi sono buone politiche di sostegno all’occupazione femminile, la scelta della maternità è agevolata”.



a nascita in Emilia-Romagna: i dati del 2007

I dati del rapporto si riferiscono a 39.792 parti che si sono verificati in Emilia-Romagna nel 2007 (40.370 i bambini nati). La premessa di riferimento è la popolazione regionale all'1 gennaio 2008: 4.275.843 residenti, con un incremento di oltre 52mila persone rispetto all'anno precedente e di oltre 328mila persone nell'ultimo decennio (crescita superiore all'8%). A determinare questo aumento ha contribuito il crescente aumento della popolazione immigrata: il numero delle madri straniere negli ultimi cinque anni è passato da 17,1% a 24,6%. L'età media delle madri è di 31,5 anni, in leggero aumento rispetto all'anno precedente. Aumenta anche il numero delle donne di età uguale o superiore a 35 anni: 30% nel 2007, rispetto a 25,5% nel 2003. Rimane costante il numero delle minorenni (intorno allo 0,3%). Le madri non coniugate sono il 28,7% del totale, in forte crescita negli ultimi cinque anni. Il 70,2% delle donne ha un lavoro (il 3,8% è disoccupata). Il 31,1% delle madri che ha partorito nel 2007 ha una scolarità medio-bassa, il 23% è laureata o con diploma universitario. Nel complesso, la scolarità dei padri risulta inferiore. I parti a domicilio sono stati 91 (0,2%). Durante la gravidanza, il 62,8% delle donne si rivolge a liberi professionisti (ginecologi o ostetriche, consultori privati). Ma cresce il numero di donne che si rivolge ai Consultori familiari pubblici: 30,6% (era il 23,4% nel 2003), in particolare le più giovani (fino ai 24 anni) e le donne straniere rispetto alle italiane (77,6% contro 23,8%). In sala parto, nel 91,1% dei casi, la donna ha accanto a sé una persona di fiducia, prevalentemente il padre del bambino. Il ricorso a tecniche di contenimento del dolore nel parto è avvenuto nel 28,2% dei casi. In particolare, il 19,7% delle volte con metodi non farmacologici, il 6,9% con analgesia epidurale, l'1,6% con altro tipo di analgesia farmacologica. Nelle strutture di maggiori dimensioni (con oltre 1500 parti all'anno) si riscontra il dato più alto di analgesia epidurale (10,5%). Il tasso di parti cesarei è 30%, in lieve diminuzione nell'ultimo quinquennio.



(3 febbraio 2009)

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