Lunedi, 22/05/2017 - Presso la sede dell'Associazione Internazionale Incisori lo scorso 6 maggio è stato presentato l'ultimo libro di poesie di Rosanna Marcodoppido, “Dentro altri giorni” edito da Rupe Mutevole (2016) e con l'introduzione di Francesca Bernardini Napoletano, alla presenza di Maria Mencarelli e Daniela Bruno.
Ci piace riportare l'intervento di Daniela Bruno, che ne ha proposto una interpretazione stimolante...
Le poesie di Rosanna
Io non sono una grande scrittrice, ma mi fregio del titolo di grande lettrice, così come si fa quando si prendono due belle ciliegie con cui si adornano le orecchie e poi in tutta delizia si dice: sono bella!
In verità a essere “belle” sono solo le ciliegie, cosi come di “grande” c’è solo l’autore, ma Melania Mazzucco - lessi un tempo - autorizzava tutti i lettori voraci a fregiarsi del titolo di “grande”, e non me lo sono fatto ripetere due volte!
Facendo a meno dell’umorismo, voglio dire che io leggo, anche tanto, ma non sono competente. Però…. le poesie sono tra le letture che più mi trattengono con l’incanto - solo quelle belle come le ciliegie - e di questo posso parlare.
Prima di tutto voglio dire che trovo sia un privilegio conoscere un poeta, respirare insieme la stessa aria e poi poterselo immaginare nel suo quotidiano. In verità conosco tre donne poeta. Allora mi correggo: mi figuro la poeta girare per le stanze di casa sua a sfaccendare, tenendo con cristallina fedeltà in mente un pensiero, finché non matura in una manciatina di parole che lo rappresentano fino in fondo.
Già, fino in fondo. Fino a togliere parole su parole -forse la poeta ha un vantaggio tutto suo a pensare alla poesia mentre capa la verdura- a scartare quelle sbagliate, quelle che suonano male, quelle abusate, andando a cercare quelle trascurate, sfilando aggettivi, abolendo rimasugli in eccesso come certi articoli o lungaggini come certi avverbi.
Nella mia testa la poesia è un distillato di pittura – e Rosanna disegna, incide - è l’immagine folgorante del pensiero di cui la poeta si è lasciata ingravidare. Vorrei chiedere: quanto dura la gestazione?
A volte penso che ci debba essere un affettuoso parente che a un certo punto toglie di mano alla poeta l’embrione letterario e gli permetta di nascere. Altrimenti la mamma dell’opera potrebbe procrastinarne la venuta al mondo, perché cambiando lei stessa nel corso della sua vita, sarà sempre tentata a mettere un cambiamento nella sua creatura, perché sempre più sia identica al pensiero che con gli anni le si evolve dentro.
Forse per Rosanna non è così?
Poesia a pag. 23 Sulla fronte mi preme/un incontenibile numero di verbi/ e aggettivi nomi/parolette leggere evanescenti/virgole punti esclamativi/improbabili repliche del vero/della sostanza dello stare vivi/ tra gli altri le cose/i gatti i cani/la luce e le penombre/le ombre cupe/un filo d’erba e un masso/l’acqua che scorre/e quella che ristagna.
Io la vedo Rosanna caricare la lavatrice con quelle virgole in testa, salire sull’autobus scaricando a terra un aggettivo, spostando il peso di una borsa da una mano all’altra.
Perché le sue poesie entrano nella sostanza della vita e la liberano dall’ombra della prosaicità.
Ecco perché mi piacciono! Ecco perché sono belle come le ciliegie.
Perché io lo vedo il letto che non si vuole rifare, come una cuccia stanca pronta a riprenderci quando il dolore necessita di oblio.
Poesia pag.27 Ha occhi di tigre/e artigli di aquila assassina/questo momento/duro da passare/ Unico testimone/e impietoso un letto/dove dimora/l’oscuro disamore.
Ma più di tutto mi piace l’uso del silenzio che fa per spiegare. Straordinario!
Poesia pag.28 Allora fu/lo stupro della mente/a vietare le strade del piacere/ Giovane corpo/all’altro chiuso e a sé/in bilico/sul ciglio del silenzio.
Rosanna è la vestale del rimuginio sacro, la mistica alchimista che conserva un sapere che non si può insegnare, fatto dall’esercitare il rischio dell’acrobata del volare tra una piccola parola e un silenzio per raccontare la vita, che come lei stessa si racconta: mi dona la sapienza di chi vive/mi porta la parola di chi sa (poesia a pag. 35).
Poi voglio dire, prima che mi sfugga, che il cuore senza rughe della poeta è carico della sapienza che portano gli anni vissuti, e leggero come quello di una bambina che ruzzola per la meraviglia di quello che vede per la prima volta!
Poesia pag.37 Resta vergine il cuore/né il guasto odore dell’umano/che soffoca ogni uscita/potrà mai rigarlo di rughe/fiaccarne l’emozione per la vita.
Con gli occhi carichi, sempre carichi di cose viste, come ad essere impossibilitata a chiuderli, Rosanna fa un elenco che, sono sicura, sente incompleto, di creature che arredano la vita, tortore e merli, insieme ad assenze cariche di peso che possono riempire di sostanza il vento o cambiare il segno alla banalità e alla distrazione con cui si vive.
Dimmi (poesia pag.42): Ti sei ritirata infine/nella mia più intima radice/ora che più non abiti/ le confuse geometrie del fuori/né più respiri/affaticata né canti/al mio richiamo di carne/ Desiderio e figura dell’origine/ rimasta senza un fuori/e senza voce.
Dimmi, quel sussurro impalpabile di cui dici, è tua madre? O forse è valido per la poesia quanto si dice del romanzo: una volta scritto è di chi lo legge. Allora, quella poesia bellissima, che trabocca nella mia testa come una panna che cresce, per me, o meglio solo per me è mia madre! Come si fa a non provare gratitudine?
Dicevo che conosco tre poete e con loro ho camminato e senz’altro non ho visto quello che loro vedevano standomi al fianco.
Così è accaduto per un melo cotogno in fiore nei giardini della Farnesina, a via della Lungara.
Tu lo indicasti, lo inseguisti quasi potesse sfuggirti. Lo fermasti, come se un albero potesse andarsene, dichiarandogli la tua ammirazione.
Con il tuo libro tra le mani riscopro un pero cotogno (poesia a pag. 53): Trovare in te/la tenerezza rara/ del pero cotogno in fiore/l’accenno al rosa/ accanto al verde malva delle foglie/ Ogni primavera stupisce/allo stesso modo/con la stessa gioiosa/germogliante trasparenza
che ti commosse come la persona a cui lo hai dedicato.
Più di tutto mi piace il tuo non dimenticare, il tuo avere istantanee di un mondo conservato nella tua mente, protetto dai fraintendimenti che il crescere e l’invecchiare possono mortificare. Allora sono con te, perché tu lo hai scritto in una poesia (pag. 65), ed io posso entrarci dentro come in un quadro vivo e sentirmi bambina vicino a te, a correre a perdifiato e credere, sì, di essere nei confini di quello spazio e animare schegge di piatti senza l’ombra di quel dolore non ancora conosciuto, impastato di perdita, e ricordare la paura semplice di quel tempo e provarne nostalgia.
“A volte esco/per usare la voce” (poesia a pag. 72), anch’io, come te, e come sarebbe vuoto il mio sentimento se non avessi le tue parole a narrarmelo. Grazie.
- - - - - - - - -
* Daniela Bruno – Psicoterapeuta. Ha scritto il libro “La fiaba perfetta” sulla lettura delle fiabe di tradizione orale e numerosi articoli sulla procreazione medicalmente assistita.
Lascia un Commento