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Le parole sbagliate del ministro Valditara

Le parole sbagliate del ministro Valditara

In occasione della presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin il titolare del dicastero dell'Istruzione ha svolto argomentazioni erronee ed inopportune, frutto di palese strumentalizzazione partitica

Martedi, 19/11/2024 - Il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara un anno fa nell’immediatezza del femminicidio di Giulia Cecchettin, uccisa dall'ex fidanzato, aveva parlato dell'intenzione di introdurre l'insegnamento dell'educazione ai sentimenti nelle scuole pubbliche italiane. Ma da allora pare che il progetto ‘Educare alle relazioni', in tema di prevenzione e contrasto della violenza contro le donne, non sia mai partito. Esso avrebbe dovuto promuovere, in particolare, la realizzazione nelle scuole di progetti, extracurriculari di 30 ore all’anno, basati su metodologie laboratoriali e attività pluridisciplinari. Tali percorsi educativi avrebbero avuto come destinatari soprattutto gli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado e sarebbero rientrati “nell'ambito dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica che rappresenta lo strumento più efficace in grado di far emergere il tema della cultura del rispetto, poiché coinvolge tutte le discipline, in particolare quelle con maggiore valenza culturale” (Luca Ciriani, ministro per i Rapporti con il Parlamento).
Senonché nel testo delle nuove Linee guida sull'educazione civica, emanate lo scorso settembre, è presente solo un generico riferimento alla cultura del rispetto verso la donna, dimostrando così come il ministro Valditara ed il governo Meloni non ritengano che in ambito scolastico il contrasto alla violenza maschile sulle donne passi necessariamente attraverso l'introduzione di percorsi di educazione affettiva e sessuale. E’ stato sì annunciato l’anno passato il progetto Educare alle relazioni”, ma non se ne conoscono gli esiti, ossia cosa abbia prodotto da allora a questa parte, mentre però nel frattempo abbiamo assistito all’aumento esponenziale della violenza degli adolescenti sulle loro coetanee. La scuola pubblica italiana sembra incapace di comprendere come essa si sia evoluta, in tal modo da mettere a fuoco modalità di intervento sempre più appropriate, come ad esempio, introducendo l'educazione sentimentale nelle scuole,
Trascorso un anno inutilmente, la novità di questi giorni è che il ministro Valditara in segno di risposta alla sollecitazione pervenutagli da Gino Cecchettin, padre di Giulia, relativa alla richiesta di introdurre un’ora di educazione all’affettività nei programmi scolastici, ha ribattuto “C’è questa idea di creare dei laboratori contro il bullismo, e posso anticipare che sarà nominato a presiedere questo tavolo il professor Crepet, con alcuni esperti di eccellenza. Vogliamo affrontare a 360 gradi il tema della violenza e del rispetto, e quindi coinvolgendo i giovani”. Immediata, conseguentemente, è stata la reazione del prof. Paolo Crepet che ha replicato: “Sono onorato che il ministro dell’Istruzione e del Merito abbia fatto il mio nome, ma non so di nessuna commissione in merito all’educazione all’affettività, non ho ricevuto alcun incarico e le dirò di più: da sempre sono contrario a questa ora proposta in maniera extracurricolare”.
Con tali pregressi, al proposito di come non mettere in campo misure ministeriali in grado di educare le nuove generazioni a relazioni consapevolmente riguardose delle donne, ieri il ministro Valditara ha commesso un vero e proprio sgarbo istituzionale in occasione della presentazione della Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin, avvenuta presso la Camera dei deputati. "È un'emozione incredibile - ha detto il padre, Gino Cecchettin - perché, a distanza di un anno dalla notizia che era mancata la mia Giulia, facciamo nascere qualcosa…. La nascita contro la morte, la vita contro la morte, e l'amore contro l'odio: se vi sembra retorica, vi sbagliate”. Ebbene, il titolare del dicastero dell’Istruzione, di contro a queste parole amorevoli, ha pensato di inneggiare ai temi propri del suo partito di riferimento politico, ossia la Lega.
Difatti Giuseppe Valditara, militante leghista, ha tuonato in un videomessaggio preparato per l’ evento di ieri: "Occorre non far finta di non vedere che l'incremento dei fenomeni di violenza sessuale è legato anche a forme di marginalità e di devianza in qualche modo discendenti da una immigrazione illegale”. Parole più erronee non ci potevano essere, sia nella forma che nella sostanza, perché, relativamente a quest’ultima, secondo l’ultima ricerca Istat del 2017, in Italia gli stupri sono commessi in oltre tre quarti dei casi da persone con cui la vittima ha una relazione affettiva o amicale. Per la precisione, nel 62,7 per cento dei casi da partner (attuali o precedenti), nel 3,6 per cento da parenti e nel 9,4 per cento da amici, mentre quelli subiti dalle donne italiane sono stati commessi da italiani in oltre l’80 per cento dei casi (81,6 per cento), da autori stranieri in circa il 15 per cento dei casi (15,1 per cento).
Relativamente, invece, alla forma con cui sono state espresse dal ministro Valditara le sue considerazioni sulla violenza maschile contro le donne, nella forma rientra necessariamente anche l’occasione in cui tali parole hanno risuonato perentorie. Pronunciarle alla presentazione della fondazione Cecchettin è stata una vera e propria provocazione, tant’è che a rispondere al titolare del dicastero dell’Istruzione, con una storia su Instagram, è stata la sorella di Giulia, Elena Cecchettin. "Cos'ha fatto in quest'anno il governo? Dico solo che forse, se invece di fare propaganda alla presentazione della fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e 'perbene', si ascoltasse, non continuerebbero a morire centinaia donne nel nostro Paese ogni anno". Anche Gino Cecchettin ha avuto di che insegnare al ministro dell’Istruzione che continua a ritenere con le sue argomentazioni che la violenza maschile sulle donne sia un accadimento a carattere personale. “La violenza di genere non è una questione privata – ha sottolineato il padre di Giulia – è un fallimento collettivo”.
Da qui il suo appello all’impegno di tutti: “Non possiamo delegare agli altri la responsabilità di creare un cambiamento. Dobbiamo essere protagonisti in prima persona”. Un protagonismo civico che parte da un intento a carattere personale, per poi trasformarsi nella consapevolezza di un impegno collettivo. “La morte ti dà coscienza della fine e ti fa capire che la vita è una leggera brezza che non può essere sprecata perché non c'è tempo di recupero. Ho imparato a mie spese il valore del tempo: ne abbiamo così poco che lo utilizziamo per litigi sterili, per battaglie di potere, per una eterna rincorsa che ci distoglie da noi stessi. Da quando è stata uccisa la mia Giulia sono state uccise 120 donne solo in Italia, migliaia nel mondo. Numeri inimmaginabili, non possiamo permetterci di essere indifferenti, non c'è più tempo per voltare lo sguardo altrove". Né tanto meno c’è tempo per guardare a biechi interessi partitici, come pare abbia fatto il ministro Valditara con le sue tesi sulle responsabilità criminali dei migranti. Si adoperi, piuttosto, ad introdurre l’educazione affettiva e sessuale nelle scuole pubbliche italiane e allora sì che onorerà la memoria di Giulia Cecchettin, invece di usare l’evento di presentazione della fondazione a lei intitolata per l’ennesimo show leghista contro gli immigrati.

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