Linguaggio - Sessismo nella lingua italiana: fatto di ieri o di oggi?
Castelli Alida Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2007
Mi capita di pensare ogni tanto che nel lungo cammino per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna non solo ci siano dei possibili passi indietro rispetto ai risultati raggiunti, ma che, anche noi donne, anche quelle a vario titolo un po’ “addette ai lavori”, ci stanchiamo di qualche battaglia fatta, e passiamo ad un’altra anche se quella intrapresa non è affatto conclusa. Consumismo o stanchezza?
Mi è capitato di rifare questa osservazione in un recente dibattito dove, dopo una lunga serie di analisi sul ruolo di alcune lavoratrici, e davanti al colto relatore che spiegava con puntuali esempi come le donne fossero ancora discriminate, ho incominciato a provare una vera insofferenza davanti al fatto che si parlava sicuramente di donne, ma veniva costantemente usato solo il genere, in senso grammaticale, maschile. Per cui ci veniva spiegato come il vicedirettore Giovanna, fosse apprezzata o meno dai colleghi, o l’amministratore Alessandra, fosse intervenuta in maniera puntuale rispetto ad una questione, e che il Ministro Barbara Pollastrini …
Come non pensare allora al testo “Il sessismo nella lingua italiana” di Alma Sabatini ed altre edito nel lontano ’87 , a cura della Commissione Nazionale di Parita’?.
Sono passati 20 anni, alcuni passi in avanti si sono fatti, i più marcati forse proprio nei vocabolari della lingua italiana, pochi nella stampa. Ancora oggi ho letto “la Merkel pensa a due trattati …” e nel testo per evitarsi il termine “la presidente” si è scelto in tutto il testo il più neutro “la presidenza”. Ma in tutto il quotidiano non ho trovato né “Il Prodi” né “il Napolitano”.
Anche nel linguaggio comune faticano a trovare consenso forme femminili soprattutto di professioni e cariche politiche. Come non ripensare allora alle parole contenute nel libro di Alma Sabatini: “il desiderio, non sempre conscio di dar risalto al diverso livello della carica, è forse spesso il motivo che induce molte donne nei gradi più alti, ma non solo, a preferire il titolo maschile, il che, d’altra parte non fa che confermare che il genere maschile, è il più autentico detentore di prestigio e di potere e che la donna, se vuol salire di grado, ad esso si deve adeguare”.
Ecco quindi la scomparsa di un genere, di quello femminile naturalmente, ecco quindi l’accettazione di scomparire, o il nascondersi dietro un sesso, sicuramente più potente, anche prepotente, ma sicuramente sgrammaticato come il nostro relatore, di quel giorno.
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