Mercoledi, 29/05/2013 - Se ci soffermiamo a rileggere il significato del termine bullismo la definizione che ne otteniamo è la seguente: “ripetuta oppressione, psicologica o fisica, di una persona meno forte da parte di un’altra più forte”. E’ d’ obbligo constatare che, anche in passato, i giovani hanno conosciuto forme di aggressività in “branco” nei confronti dei soggetti più deboli; nella fattispecie si trattava di aggressioni o intimidazioni fisiche, verbali o psicologiche che provocavano paura, angoscia o danni alla vittima. Ai nostri tempi la maggior parte delle azioni aggressive e negative, perpetrate tra ragazzi le possiamo, senza alcuna ombra di dubbio, visionare su You Tube. Ed è appunto quello che da qualche tempo sta avvenendo soprattutto nelle scuole, dove spesso sono gli studenti, più piccoli e indifesi, gli obiettivi privilegiati dei bulli che si divertono a filmare col telefonino i loro soprusi e poi a metterli su internet.
Le varie iniziative per evitare un utilizzo scorretto del telefonino sono iniziate già nel 2007, quando il ministro della pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, ha emanato una direttiva per vietare il telefonino in classe, ma i fatti di cronaca dimostrano che i ragazzi non hanno seguito le indicazioni. È più forte il fascino di rendersi protagonisti di un atto di cyberbullismo, di bullismo hi-tech, trasformandosi in attori o in registi di un filmato che annota immagini disdicevoli da diffondere su internet. Quello che si evince di molto preoccupante, è che vi siano ragazzi pronti a riprendere la vittima delle loro azioni, e altrettanto negativa è l’idea che qualcuno di loro non trovi altre attività di svago o legate al tempo libero da svolgere. La violenza che colpisce il malcapitato nella propria intimità forse più del dolore fisico, è che si mette a nudo la sua vulnerabilità agli occhi dei possibili spettatori che potranno accedere alle immagini. Ovviamente la rete web è incredibilmente piena di filmati di questo genere, che da un lato rischiano di provocare l’emulazione da parte di altri aspiranti protagonisti in negativo, dall’altro alimentano quel “voyeurismo” tipico dei media che va di pari passo con l’esibizionismo delle tribù giovanili. Sembrerebbe che il fenomeno in Italia coinvolga il 25% dei ragazzi in età scolare e in alcuni paesi del mondo raggiunga perfino punte del 40-50%. Sono dati estremamente allarmanti, che dovrebbero far riflettere le istituzioni e la famiglia prima di tutto, occorre domandarsi quali sono gli elementi che favoriscono ed amplificano questo disagio. Paolo Crepet, illustre psicologo, psichiatra e scrittore ad esempio, attribuisce alla noia un ruolo importante per spiegare la genesi del malessere giovanile: “la noia è un pericolo nella vita di un giovane. La noia è il sentimento che ha originato tante piccole e grandi sciagure in ogni generazione di giovani, è la precondizione alle più diverse forme del loro disagio psicologico. La noia vera viene da dentro, non da fuori: i più irreparabilmente annoiati sono spesso proprio i giovani privilegiati, quelli che hanno già tutto, compreso un tempo che sembra non finire mai e che non sanno come impiegare. La noia è una forma di aspettativa frustrata e le aspettative dei giovani sono tanto più spropositate quanto più alto è il tenore di vita di una società”. Quali siano gli approcci da utilizzare per emarginare questo fenomeno non sono scontati e banali, ma sicuramente prevedibili e multifattoriali. Certamente il dialogo resta l’approccio educativo da mettere in pratica sempre e con costanza, occorre parlare di più con i giovani, li si deve capire senza assecondarli sempre su tutto trasmettendo il senso delle cose delle parole e degli atteggiamenti. Inoltre, tra i percorsi educativi da attuare nelle scuole, restano di prioritaria importanza programmi di prevenzione contro il bullismo.
Lascia un Commento