Le novità editoriali per maggio 2012 della casa editrice Rupe Mutevole Edizioni
La denominazione delle collane è in linea con la politica della casa editrice, troviamo infatti: “Letteratura di Confine”, “Trasfigurazioni”, “Mappe di una nuova èra”, “Saggi”, “Rivelazioni”, “Poesia”, “Fairie”,
Lunedi, 11/06/2012 - Fondata nel 2004, la casa editrice Rupe Mutevole Edizioni ha avuto modo di espandersi nel settore tematico e geografico. Son ben diciannove le collane editoriali della casa editrice, diciannove sono dunque le braccia che accolgono la diversità per condurre oltre i confini territoriali e mentali. La denominazione delle collane è in linea con la politica della casa editrice, troviamo infatti: “Letteratura di Confine”, “Trasfigurazioni”, “Mappe di una nuova èra”, “Saggi”, “Rivelazioni”, “Poesia”, “Fairie”, “Atlantide”, “La quiete e l’inquietudine”, “Oltre il confine”, “Scritti in scena”, “Sopralerighe”, “Heroides”, “Poesia e vita”, “Echi dalla storia”, “Visioni”, “Margini liberi”, “Echi da internet”, “Radici”.
Ecco le novità per il mese di maggio 2012:
“Metropoli Tana” di Carla Zancanaro
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Carla Zancanaro: una scrittura pulita. Ma non si creda, con questo, d’imbattersi in modalità narrative flebili e artefatte. Queste narrazioni di Carla Zancanaro sono severe, scandite da cambi di scena taglienti, innervate di scelte linguistiche e stilistiche pesate in modo da lasciare spazio al non detto. Sotto la superficie levigata del linguaggio si avverte il guizzo di una muscolatura pronta allo scatto, la vitalità greve di succhi trattenuti ma pronti a erompere. Uno stile posto al servizio d’intrecci sfaccettati e problematici, che chiamano in causa il lettore.
Che la vicenda narrata abbia la concisione dell’apologo e della favola nera, l’incalzare affannoso della storia d’azione, o che si distenda in affresco popolato di figure e dislocato attraverso epoche e continenti, con rapidi ed efficaci cambi di prospettiva giocati sapientemente in poche righe, quasi una monumentalità en raccourci, che il personaggio sia poeta o topo di fogna, il denominatore comune è uno, e avvertibile. L’uomo, il senso di umanità, anche quando si tratta di umanità violata, inaridita e braccata: per quanto sia nera la favola, mai come nella scrittura di Carla Zancanaro, de te fabula narratur.
“Nuove Canzoni” di Antonio Pelliccia
Collana “Trasfigurazioni”. La riflessione su un rapporto sentimentale, una riflessione durevole che si evolve durante il tempo, durante gli anni. “E poi venne l’inverno/ a strapparci le ali/ con la furia/ improvvisa/ di un temporale./ Il nostro passo era / quello leggero/ di un gabbiano/ che sorvola le onde/ sereno/ e si perde nel cielo.” Una meditazione che oseremo dire “ingarbuglia” la mente, sino all’eliminazione di altri pensieri con la sua identificazione in un inizio che determina quasi una fine: un “e poi” mesto che descrive pienamente anni di raccoglimento attorno ad un concetto da esprimere, ad un verso da scrivere, ad un’immagine da svelare per coloro che riescono a percepire lo scorrere silente dei cicli della natura. La raccolta poetica “Nuove Canzoni” coltiva, al suo interno, un appezzamento di terra ordinato dalla versificazione dinamica e dalla contrapposizione di due tematiche predominanti. Il sentimento amoroso è la matrice parsimoniosa di ogni getto d’inchiostro, quell’origine ingioiellata da santuari che si fanno cielo e, da epicentri emotivi che divengono semenza. Un amore penetrante da non lasciare via di fuga, vie d’uscita dal suo torpore accattivante e confidenziale. Il percorso del Tempo, come secondo oggetto, si manifesta al pari di una cornice sensibile che non solo muta l’ambiente circostante ma, si frappone tra i dettami del possedere una delicatezza ed il vivo ricordo del trascorso precedente.
“L’ultimo agosto per sempre” di Caterina Pomini
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. La magia di questa raccolta, sa di freschezza, di emblema, di tensioni meravigliose dell’anima, l’istintivo dolore e la capacità di esporlo con una linearità forte e una calibrata misura, che traccia modulazioni dell’essere come fossero pennellate di fatti, a colori o in bianco e nero, ma sempre piene di sfumature intriganti, vivide, che prendono, catturano e trattengono l’attenzione di chi legge dall’inizio alla fine col fiato sospeso e il pensiero colmo di spunti e di motivi per mettersi in discussione.
Non solo: rivalutarsi, riscoprirsi come persone, esseri che possono immedesimarsi nelle storie raccontate, perché tali narrazioni possono appartenere ad ognuno di noi. Eppure c’è un lato surreale, a volte, che dona maggiore sostanza a tutti gli accadimenti. E chi, in un modo o nell’altro, non ha vissuto fatti che gli sono sembrati addirittura surreali? Pregnante dunque diventa la iterativa misura delle emozioni, tutte affinate in uno stile linguistico chiaro, con metafore lucide, che sembrano illuminare ogni scena e ogni particolare. La fantasia vola al di sopra dell’annichilimento umano, come se l’Autrice volesse smorzare le paure di noi comuni mortali col sogno, con la possibilità, e vivaddio che ce la possiamo costruire, di spaziare nel desiderio di fare quello che vogliamo con la nostra mente.
“Sophie” di Roberto Ioannilli
Collana “La Quiete e L’inquietidine”. La riedizione di questo romanzo, voluta dall’Autore e da tutti noi, è motivo per me di soddisfazione, infatti l’irrequieto scrittore dei sensi non poteva mancare nelle mie collane inerenti alla quiete e all’inquietudine. Si aggiunge una ulteriore opera di Roberto Ioannilli e questa volta in narrativa, la sua prima prova in qualità di scrittore, il motivo scatenante che lo ha convinto a mettersi in discussione con la scrittura. Sophie è stata una scommessa, una specie di gioco tra lo stesso Ioannilli e il mondo circostante, la sua famiglia, la sua realtà di impiegato non proprio appassionato della lingua italiana, sempre molto lontano dal mondo della cultura classica. Ma dalla sua Roberto ha sempre avuto una grande creatività, la passione per i viaggi, un camper a cui tiene molto e luoghi che per il suo animo sono poesia, sentimento, armonia e vita. E’ un uomo dai valori saldi Ioannilli e non teme di gridarli al mondo, li difende e protegge con tutta la forza di cui è capace. Forse è proprio questo motivo che lo ha spinto ad usare la penna e a buttar giù pensieri, piccole storie prese da spunti di viaggio e poi l’idea: immedesimarsi in una figura femminile. Come pensa una donna? Come vive le esperienze amorose, le amicizie? Come sarei io nei panni di una donna? La sfida con se stesso, il fatto di amare i dettagli, entrarvi dentro e descriverli. Ecco, da tutta questa storia l’Autore ne è uscito vincitore. Innanzi tutto nel libro c’è un vero e proprio itinerario di viaggio, con la descrizione dei posti, delle tradizioni, della cucina, delle caratteristiche. La Francia, meta che egli stesso ama moltissimo e che gli ha dato modo di ambientare il romanzo proprio tra quelle città, strade, colline, laghi e tanto altro.
Ho avuto modo di conoscere il Nostro casualmente, proprio quando era appena stata pubblicata la prima edizione di Sophie (che aveva il titolo diverso) e stava riscuotendo già un discreto successo. Il mondo dei camperisti è vasto, e molti di loro hanno accolto questo evento con grande entusiasmo ed enfasi, tanto da organizzare veri e propri raduni a favore del libro. Ioannilli mi raccontò di tutto questo, ed era il mio periodo radiofonico, quello in cui analizzavo in diretta testi poetici.
“La grande aquila” di Bruno Briasco.
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Non è sempre facile trovarsi tra le mani un libro tanto speciale, forte e delicato nell’insieme, veritiero e foriero di fantasia. La mia collana La quiete e l’inquietudine non può che esserne fiera, devo dirlo, per tale avvincente storia in narrativa che va ad aggiungersi alle numerose già presenti, ma che certamente si distinguerà e spiccherà. C’è un silenzio meraviglioso nella stesura di tale libro, come il volo dell’aquila, appunto, che lacera l’orizzonte senza far rumore, come la neve quando cade, cattura e affascina senza suono, senza disturbo. Leggere questa favola spirituale (per dirla con l’Autore) vuol dire sospendersi tra il reale e l’irreale, con la piacevole impressione di stare dentro alle sottili fila di un sogno. Chi di noi non sente il bisogno di uno stato del genere? Quando stacchiamo e fuggiamo in vacanza, quando desideriamo qualcosa che sia più di qualcosa … e non sappiamo dire bene cosa sia. Ecco, è questo. Un buon libro e una buona storia.
“Solo un soffio” di Monica Colli
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Monica Colli, un’autrice dalla inquietudine coriacea, vera, pregna della spontaneità che soltanto una persona autentica fino in fondo può possedere in maniera naturale, come fosse pelle che si porta addosso dalla nascita. Una donna a tutto tondo, al cento per cento, che utilizza la propria vena poetica grazie al condotto della sensibilità, quel senso tipicamente femminile, capace di captare l’invisibile e l’inatteso, ciò che mai si penserebbe e che c’è. Il suo soffio è il leit motiv, quel cuore attorno a cui tutto pulsa, si rafforza, velocemente elabora e dona frutti. Notiamo spesso delle titubanze in questa scrittura, qualche piccolo timore, una sorta di timido incedere (vedi i ricorrenti puntini di sospensione), quasi come se Monica si vergognasse di dire, di scoprirsi totalmente, ma, precisiamolo, lei non teme giudizi, anzi, più che altro paventa il confronto con se stessa, con la propria coscienza. La Colli deve sentirsi pulita, sempre, limpida e purificata da ogni pensiero negativo, da ogni agguato alla sua integrità. Con questa silloge vorrebbe spiegare come si ama, come si dovrebbe donarsi.
“Come le foglie in novembre” di Enrica Renata Ferreccio
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. A volte noi, uomini della modernità, scriviamo. Scriviamo nell’ultimo ritaglio di una giornata, alla luce calda di una lampada. Chiudiamo fuori dalle nostre case la vita frenetica e lavorativa delle città e ci immergiamo in mondi nascosti, luoghi segreti, personali dove le fantasie si liberano e popolano le nostre solitudini. Così in questi strani posti, che non sono altro che il rifugio estraniante della parte più sincera di noi stessi, facciamo nascere riflessioni, pensieri, idee. Si riflette sull’esistenza, sui nostri guai, sulle vicende che ci travolgono e tutto questo accade in disparte, lontano dalla società e dalle sue regole. Siamo in un posto libero, dove il sogno fa presto a diventar poesia. Ecco quindi la poesia che s’ingemma dalla vita e che prende il volo su queste pagine come le foglie d’Autunno in Novembre …
“Spazio del sognare liquido” di Rita Stanzione
Collana Heroides. Il poeta è memoria del proprio tempo, testimone di quanto il ricordo possa influire e condizionare presente e futuro. Ma la memoria resta, comunque, intatta, pur se il fluire degli anni arrovella e diluisce le immagini. La sensazione nel leggere la silloge di Rita Stanzione è proprio questa e direi che è magnifica, pare come neve intatta, non calpestata, piena di candore e di luce. Sono estremamente felice di inserire la nostra Autrice ne gli Heroides, la voglio fissare negli annali della storia, appunto, proprio per la distinzione importante e forte che ci regala con questi suoi componimenti, uno più convincente dell’altro. Se dovessi figurarmi un’immagine di questa donna mentre scrive, crea, pensa e riunisce parole, la vedrei accanto a un’insenatura marina, con il salino profumo dell’acqua in un moto ondoso lento, di mattina presto, coi colori ancora sporchi di notte, quindi non sbiaditi ma pennellati incantevolmente nell’arancio del primo sorgere del sole. Nel fare il consuntivo delle proprie emozioni, è difficile non sentire l’amarezza esistenziale, quella polvere sottile che rimane tra le righe, tra anfratti di memoria, appesa in minuscoli granelli che donano, comunque, un tono profondo a quel che rimane poi nella mente di chi legge e si tuffa nel contesto. Perché sfogliando le pagine di questo libro non è possibile non venirne catturati pienamente, con ogni senso ritto, pronto a recepire quelle sfumature cariche di brividi che entrano a far parte di noi, ci immedesimano, ci riempiono l’animo di indissolubili fenomeni emotivi.
“Versi @ Versi” di Mariangela Ruggiu
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Sono proprio diversi gli scritti di Mariangela Ruggiu, un’Autrice inquieta per antonomasia, che in tale silloge ci regala molta emozione e possibilità di allargare il raggio del pensare. Già, proprio così, molto spesso infatti non ci si sofferma, si passa oltre, magari ascoltando l’emotività che tutti da qualche parte abbiamo, la lasciamo sgorgare, ce ne innamoriamo. Però l’occhio rimane fermo. Invece in questo libro è difficile non farsi prendere dalla tentazione di volare via, non in un posto preciso poiché le tematiche sono vaste e tortuose, penetranti e insinuanti. è così che si arriva a pungolare il lettore, come se attraverso delle pagine bianche potessimo ricevere una scossa, un lampo che ci attraversa le tempie e siamo costretti a sobbalzare. Di verso in verso, appunto, si percorre una strada, che a dirla tutta, non è mai la stessa se ripartiamo dall’inizio per una seconda lettura. è l’ennesima caratteristica del poeta irrequieto? Direi di sì, ed è un grande pregio. Guardate là fuori, nei social network, nei siti delle case editrici, nei blog di scrittura e scambio di battute e finali: c’è un mondo colmo di teste che buttano giù parole e parole, abbozzano concetti, magari prendono spunto da questo o quel fatto discusso al telegiornale, oppure si lasciano andare a confessioni in terza persona per lenire qualche doloroso amore.
“Vetro in gola” di Niccolò Stoppini
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Vetro in gola è parte di tasselli che vanno a comporre la mia ricerca nella scrittura giovanile, di quei ragazzi che emergono e si distinguono da subito, già nelle loro iniziali stesure. Niccolò Stopponi è uno di questi. Tenace e tenero, uno che ha creduto in se stesso fin dalla prima composizione, ha tenuto duro e sacrificato molto per arrivare a far nascere questa raccolta fortemente voluta, poiché egli grida tutta la sua sana nevrosi in ciò che esprime e disarma per i picchi di candore confusa, tra la rabbia di un giovane portavoce di disagi attuali della società in cui vive. Mi è rimasta dentro, nell’immediatezza, un passaggio che troverete in una lirica appartenente a questa silloge: “ … Ma a me mancano i tuoi abbracci:/paradiso e protezione./Mi manca la tua scia divina”. Quale sarà tale, fortissima mancanza … l’amore, l’amicizia, una persona andata via … L’Autore parla di Leonardo, ma potrebbe essere Giulia, nonna Rosa, il cartolaio Antonio, e chi lo sa. L’emblema conduce agli affetti che restano nella carne, quelli che resistono alle ondate del tempo, che stanno sugli angoli degli occhi come lacrime essiccate. Il pianto, la commozione, riescono a vincere qui anni e contingenze del percorso offrendo forti messaggi di interiorità profonda.
“Il risveglio” di Germano Tarea
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. L’opera è densa di coloriti passaggi che inducono a pensare. Cosa importa chi è l’elemento scatenante di tale amorosa follia? Sia ella donna di facili costumi o femmina giovane, bella e nuova dentro a una vita trascorsa alla dedizione nei confronti della speranza e alla domanda classica: “Ma questa sarebbe vita?”. Nuova poiché lei è. Lei porta un vento diverso, un azzurro diverso, un sentire diverso, un respirare diverso. Tutto è diverso. Voi direte che è normale quando ci si innamora, o comunque ci si invaghisce, si perde la testa per qualcuno. Forse. Ma non per un tipo come Germano. Lui è stato sempre uno irremovibile, diffidente, provato dall’esistenza, ormai rassegnato al passaggio da comune mortale a etereo ricordo dopo aver donato il suo contributo a Dio, quel Dio che tanto aveva probabilmente invocato bestemmiando e litigandoci quotidianamente.
“Sogno antico” di Antonella Massa
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. La magia di questa raccolta variegata sta nell’aspetto pregnante delle immagini, nella descrizione costante e coerente delle sfumature. Con ogni sentimento citato, trattato, sentito, Antonella Massa ci trasmette la fragilità dei simboli, delle illusioni, spesso effimere ancor più della loro stessa definizione, spesso elevate all’ennesima potenza da quell’essere chiamato umano, persona, che non riesce a resistere al sogno. Una difesa, normalmente, per chi soffre, per chi necessita di aggrapparsi alla speranza, al futuro rinnovabile in cose migliori. E che ci sarà mai di tanto nuovo? Chiederete. Beh, il nuovo sta nell’imposizione di quel tipo di visioni, a mio avviso incantevoli, che tale penna è capace di dipingere, fotografare. Non è per nulla facile descrivere una sfumatura. Se abbiamo davanti a noi un tramonto suggestivo cercheremo di raccontarlo, no? L’Autrice in questione non descriverà mai quel tramonto, semmai andrà a scavarvi dentro, prenderà i rossi, l’arancio, il rosa, le nube che si mischia alla luce, il vento che muove il ciuffo di capelli davanti allo sguardo … Sogno Antico è un titolo sintomatico: i sogni possono essere le tracce viste come l’unica cosa che resta di ogni passaggio; l’aggettivo antico è dedicato al tempo, il contenitore degli eventi i quali, a loro volta, hanno insiti i soggetti, gli oggetti, le emozioni, i respiri.
“Luna ed onde” di Rolando Vernaglione
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Credo che in Rolando Vernaglione si respiri del neoplatonismo, quasi un nuovo approccio alla scrittura ellenistica. E’ ovvio che ogni autore abbia in sé e nel proprio stile delle piccole influenze che si porta dietro dal bagaglio culturale, dagli studi compiuti, dalla famiglia, dalle modalità e dal suo stesso essere come persona unica e irripetibile. Tutto ciò costruisce la persona, in questo caso colui che scrive e fa della propria inclinazione un mondo differente da ogni altro. Però qui spicca ampiamente la propensione classica e colta, approfondita, sudata, centellinata. Vernaglione appare poeta veterano e saggio, già abile, quindi potente, con una definizione precisa e, lasciatemelo dire, stupefacente, coinvolgente, di grande fascino. Non conoscendo direttamente l’uomo – Rolando, mi ritrovo di fronte a una mente piena di informazioni, di spunti, un pensiero che sa dove andare a parare e che è capace di prendere tutta l’attenzione del lettore e di tenerla fino alle ultime pagine. Innanzi tutto la forma: oserei dire perfetta, sembra studiata, rivista molte volte, coccolata e limata continuamente, cosa tra l’altro apprezzabilissima in un esperto della scrittura. Eppure lui si dice ancora alla ricerca di una perfezione che non sarà mai raggiunta (ed è qui il lato stimolante e intelligente di questa penna) poiché egli seguiterà a mettersi alla prova in nuove espressioni, nell’infinito spazio che la poesia offre. Ecco perché il ricordo di Platone mi si pone davanti. Non un titolo, non una virgola di troppo, molta tensione verso il bisogno etico - spirituale, religioso addirittura. Ma di una religione appesa, sospesa, avvelenata dalla smania che rende ancora più fonde e fondate tutte le composizioni.
“Specchi di cielo” di Giovanni Maria Ghidetti
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Come sostiene l’Autore stesso, la raccolta Specchi di Cielo è la traduzione di un patimento pieno di fermento, mai statico, mai fine a se stesso, anzi, un sofferto percorso d’anima, di colori, di sensazioni e considerazioni, nonché di illuminazioni che conducono questa penna a dirsi e a darsi in maniera più completa e graffiante. Inutile negarlo, l’arma della poesia emoziona, avvince, esalta. Se poi nel mezzo usato c’è anche molta metafora, beh, il passo è breve, la conquista è piena. Giovanni Maria Ghidetti sa usare le parole, arriva addirittura a sfiorare il fuoco che unisce la vita e la morte, quelle fiamme avvampanti e rivoluzionarie che tanto affascinano l’essere umano. Il confine tra dolore e appagamento sta proprio lì e a tal punto potremmo affermare che ogni uomo potrebbe poetare, ma … abbiamo detto bene, potrebbe. Nessuno è in grado di prevederlo, la scrittura è per lo più immediata, spontanea, ma poi, quando e se prende la mano, assume una personalità, una vera e propria identità. Ed è il caso di questa silloge, sfociata dalle dita di un Autore capace, che pare esser nato con la poesia addosso. Così che camminando per le vie dell’esistenza, egli ha potuto affinarne i tratti, coltivare la lingua italiana nel modo giusto, seguendo intelligentemente e con umiltà le proprie inclinazioni.
“Tra cuore ed Eros” di Sonia Consolo Giaccotto
Collana Heroides. Un lavoro questo che è fonte di deduzione dell’anima, in stretta connessione tra l’incessante erosione interiore in continuo fermento in rapporto con l’essenzialità del sentire. Essenzialità che diviene essenza pura, senso, sensualità, fusione di pelle e di mente. Essenza dunque che la nostra Autrice veste di parole e sfumature sempre diverse, congeniali all’identità fondamentale che Ella percepisce in tutta la silloge. Preciso che ho deciso di collocare questo libro nelle collane Heroides poiché spoglio di ogni orpello inibitorio, sia nei concetti che nella forma. Il cuore e l’eros sono i protagonisti di un connubio che si interseca nella verità metafisica combattendo il nulla asettico del non essere che imperversa nelle mancanze.
“Il linguaggio della memoria” di Francesco Squintu
Collana “La Quiete e L’Inquietudine”. Dall’opera poetica di Francesco Squintu, emerge senza ombra di dubbio, la singolarità della silloge stessa, il fatto che sussista da sola, come un grande edificio stabile e ricco di sostegni, fondamenta ben architettate, stile, autonomia piena, appunto. Ed è ciò che mi affascina di questo Autore, che si veste di nuove parole, producendo onde musicali meravigliose. Classicheggiante, ma mai scontato, riesce a stupire, ad ammorbare, a sedurre sublimando se stesso e il proprio vissuto, nonché la sua scrittura.
Questo linguaggio della memoria infatti, è a mio avviso, il dialogo del futuro, della forza della vita, quella che preme forte tra le vene, pulsando ed emanando esperienza, un organismo incondizionato, potente, indistruttibile. E a modificarlo potrà essere soltanto l’ingegnere che l’ha costruito con tanta dedizione: sofferenza, patimento, riflessione, elaborazione del passato, la memoria, appunto, per farne esperto divenire.
“Di seta fluida” di Angela Fragiacomo
Collana “La Quiete e l’Inquietudine”. Non è possibile leggere la scrittura di Angela Fragiacomo senza tener conto del suo tormentato e inquieto, senza dubbio, mondo esistenziale, della sua combustione letteraria che si fa documento testimoniale e insieme dolente denuncia piena di patimento e di corda tesa. Meravigliosa classe che riecheggia ad ogni verso e verbo, apparentemente un tantino classica, ma poi vera e propria tortura romantica. Il connubio è perfetto, come pietra ben messa a giusta dimora, diamante che spicca sulla ghiera. Un’Autrice che sa di dover affondare le proprie radici nello spirito interiore per dare il meglio, per definire se stessa al centro dell’introspezione, offrendo a piene mani tutta la poetica che scaturisce da anfratti sconosciuti, infinitamente celati ma dall’innegabile fascino.
“L’erba cattiva” di Noureddine El Harti
Collana “Trasfigurazioni”. Hippy nell’altra riva del Mediterraneo
“Erano gli anni settanta.
Spinelli, antisemitismo e Bob Dylan.
Eravamo adolescenti e tanti tra di noi
lo sono ancora.”
Rupe Mutevole Edizioni sarà presente ad ottobre alla Fiera Internazionale del Libro di Milano:
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