La ragazzina musulmana di Reggello, costretta dal padre, con il consenso della preside, a mettere i tappi alle orecchie, per non ascoltare la musica prodotta dai flauti dei suoi compagni di classe
Proviamo ad immaginare un’alunna delle scuole medie che, mentre i suoi compagni di classe intonano dolci melodie con i loro flauti, è costretta a sentire il silenzio, perché mette i tappi alle orecchie per non percepire i suoni intorno a sé. Non è malata, ma vittima di un padre, presunto imam di Reggello (FI), che da più di un anno le proibisce di ascoltare la musica “degli infedeli”. Mi sembra di vedere i suoi occhi malinconici, mi sembra di percepire il suo stato d’animo triste, perché non può suonare, come gli altri, quegli strani pezzi di legno con i buchi. Questo è il compromesso a cui sono giunte le autorità scolastiche con il padre che l’anno scorso costringeva la figlia a non frequentare la scuola perché, a suo modo di vedere, la religione musulmana proibiva di partecipare alle lezioni di musica. La preside, pur di evitare le reiterate assenze, causa della bocciatura dell’alunna, ha accondisceso alla soluzione di farle mettere i tappi, inibendole in tal modo i suoni “degli infedeli”. Ritengo la soluzione sbagliata e a chi pensa che non si debbano scatenare nella scuola conflitti religiosi rispondo che non ci troviamo di fronte ad un caso del genere. Per una cattolica che ha sempre creduto nella laicità dello Stato, pur quando votava a favore del divorzio e dell’aborto, perché credeva che tali scelte non si possono proibire per legge, fa male non che venga tolto il crocifisso dalle aule scolastiche, per rispetto di chi non è cattolico, ma che ad una ragazzina musulmana sia proibito di ascoltare la musica perché così il padre interpreta la sua religione. Posso capire che la preside abbia preferito che l’alunna frequentasse le lezioni piuttosto che vi mancasse per volere del genitore, ma ciò non mi esime dal reputare erronea tale scelta. Di fronte ad un genitore che sia responsabile delle assenze del figlio, i dirigenti scolastici, se non riescono a trovare le soluzioni adeguate, si rivolgono alla magistratura che commina le sanzioni, qualora se ne ravvisino le responsabilità. Non si deve abdicare al proprio ruolo istituzionale in nome di presunte guerre di religione, perché bisogna valutare caso per caso. Il vero iman di Firenze si è detto stupito dell’ accaduto poiché “ la maggior parte dei musulmani non ha nulla contro la musica, soprattutto quella che si insegna a scuola”. Nel contempo ha chiesto di poter svolgere il suo ruolo di mediazione, perche “trovare un compromesso con le istituzioni è fondamentale”. Personalmente vorrei chiedere a quella preside un atto di coraggio, non in nome di alcuna religione che primeggi su di un’altra, ma perché quella ragazzina ha diritto di imparare a suonare quello strano pezzo di legno con i buchi. Lo stesso coraggio di una maestra meridionale che, assegnata in Lombardia per una supplenza temporanea, vedendo una bambina musulmana guardare con brama una fetta di prosciutto, gliela ha riposto nel piatto. Certo il paragone non calza alla luce delle considerazioni precedenti, ma se quella insegnante è riuscita a comprendere i desideri della sua alunna, non comprendo perché la dirigente scolastica di Reggello privi quella ragazzina di un cibo ben più importante per la sua formazione primaria, quello di un’anima che vuole cimentarsi con un flauto per bearsi dei suoni che magicamente vi fuoriescono.
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