Venerdi, 29/11/2019 - E' uscito, a cura di Patrizia Romito e Mariachiara Feresin, un nuovo libro sulle "molestie sessuali" con il sottotitolo "riconoscerle, combatterle, prevenirle" (Carocci 2019), di cui ho letto la recensione sul domenicale del Sole24ore.
Anche senza aver letto il testo, il tema mi interessa per gli impatti particolari che mi sembra affianchino la richiesta di un cambiamento culturale. Romito è una psicologa e distingue, grosso modo, tre tipologie, secondo l'analisi di Louise Fitzgerald che negli anni Novanta ne diede un'analisi davvero stimolante: "le molestie sono rimaste silenti per secoli perché ritenute normali".
E' proprio così, e poco importa distinguere se sono di genere, solamente verbali; in forma di attenzioni sessuali indesiderate, come insistenze, proposte, contatti; addirittura coercizioni sessuali cioè i passi successivi totalmente offensivi. Tuttavia la recensione sottolinea la mancanza di corrispondenza tra casi ritenuti sicuramente reati ma privi di adeguata attenzione nell'ordinamento giuridico. "Manca una legge penale specifica per le molestie sessuali".
Nel 1996 ho scritto "Le molestie sessuali e l'IN-certezza del diritto" (FrancoAngeli) e resto dell'idea che non si può davvero contare sulla legge: all'epoca era scoppiata una delle periodiche campagne di indignazione sull'argomento - non era ancora il tempo giusto per inventare il me#too - e un amico americano mi scriveva che non osava più offrire un caffè alle colleghe per paura che fosse una "molestia".
Dunque, da un lato non "deve" continuare ad essere accettato come fatto normale che qualcuno sussurri a una ragazza "bella figa" o che il solito amico di famiglia le metta "paternamente" un braccio sulle spalle; ma, dall'altro, che cosa si può/si deve fare, visto che si tratta di "parola di donna" contro "parola di uomo" facilmente rovesciabile a tuo danno? Non è solo a causa dell'alone equivoco che copre le intenzioni delle persone rispetto ad espressioni che non hanno migliorato l'eleganza dell'eloquio contemporaneo: chi dice cazzo ogni due minuti da un pezzo non va più rimandato all'asilo infantile o in analisi: è sufficiente raccomandargli di non dire sempre cazzate. Tanto più che, dal punto di vista semantico possiamo essere contente: che la figata sia una cosa migliore della cazzata l'uomo se lo è detto da solo: ormai non si sa come scusarsi per aver voglia di eleganza e "buone maniere".
Ai tempi dei trattati cinquecenteschi o anche dei walzer dell'Ottocento le belle maniere saranno state un rituale ipocrita, ma di sicuro Beppe Grillo non avrebbe degradato la piazza invitando la "partecipazione" (davvero democratica?) all'inno "vaffanculo", così analoga al "me ne frego" di mussoliniana memoria. Ma anche se fosse possibile proporre una legge contro le molestie sessuali (ormai estese, si suppone a tutte le varianti lgbt), oltre a tener conto dello stalking già regolamentato anche per ragioni non sessuali (perché le molestie sono declinabili al plurale), ci troveremmo davanti le ragioni profonde delle differenze: non dimentichiamo che non a tutte/i le molestie dispiacciono....
E' la scuola - complice la bacchettaggine che impedisce la normazione per legge dell'educazione sessuale disciplinare - che non riesce ancora a provvedere ad un'educazioneumana rispettosa dei diritti di tutti - e, quindi, nonviolenta - ma soprattutto attenta ai "generi", a partire dai quali diventa più facile accettare che siamo tutti assolutamente diversi tra noi e il bello è cercare di capire chi sono.
Tornando all'IN-certezza del diritto: ho ancora in mente perfino com'ero vestita (un prendisole blu scollato con il suo pudico "bolerino" come diceva la moda) quando mio padre mi presentò un suo amico avvocato. Mentre si rallegrava per il felice incontro, mi sentii denudata dal suo sguardo. Nessun codice mi poteva risarcire.
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