Le ministre Bonetti e Bellanova alla prova della crisi di governo
Un particolare invito alle due rappresentanti femminili all'interno della maggioranza governativa, affinché assumano un atto di responsabilità istituzionale verso l’Italia
Martedi, 12/01/2021 - Da osservatrice delle vicende politiche italiane, soprattutto quelle che vedono come protagoniste le rappresentanti istituzionali di qualsiasi livello, rimango alquanto perplessa davanti allo spettacolo offertoci in questi ultimi tempi, relativamente alla tanto paventata e dichiarata crisi di governo. E’ da circa un mese che i media ci informano sui costanti e continui mal di pancia che la componente di Italia Viva appalesa nei riguardi della compagine governativa di cui fa parte. Lo scorso 21 dicembre la ministra Elena Bonetti Bonetti (IV) precisò che "Matteo Renzi è stato chiarissimo: se cosi fosse noi la manovra non la votiamo……..Non ne facciamo una questione di esercizio del potere ma di cambiamento del Paese. Per questo io e Teresa Bellanova restiamo pronte al passo indietro”. Ancora ieri la ministra Teresa Bellanova (Iv) ha continuato a ripetere che è pronta a dimettersi, perché “Se il metodo di governo è questo, è evidente che siamo al capolinea”. D’altronde le annunciate “valigie pronte” da parte delle due ministre erano state preannunciate dal leader di IV, Matteo Renzi, lo scorso 15 dicembre allorchè, in occasione di un incontro rinviato con il premier Giuseppe Conte, ebbe a dire “Stiamo facendo una battaglia per le idee, non per le poltrone: all'incontro verranno anche le ministre, che sono pronte a rimettere il mandato, se serve”.
Quell “anche le ministre” mi tamburella nella mente, facendomi irrompere irruenta una particolare domanda, ossia quale sia la natura del compito che le due titolari di dicasteri hanno nella compagine governativa. Sì è vero che sono espressione di un partito dell’attuale maggioranza, ma penso che sia legittimo chiedersi come esercitino il ruolo di mediazione tra il loro essere componenti dell’esecutivo e nel contempo leader politiche. Una domanda che si è posta anche la filosofa Luisa Muraro, tant’è che lo scorso 31 dicembre ha così dichiarato “A questo punto mi rivolgo alle due ministre per chiedere loro di non prestarsi alle dubbie manovre di Matteo Renzi. Il passato non parla in suo favore. In ogni caso, non lasciate che sia lui a parlare e decidere per voi. Non siete ministre a disposizione di Matteo Renzi, siete ministre del governo in carica, che può e deve migliorare la sua politica: date il vostro contributo, lo sapete fare. Vi chiediamo, in sostanza una prova della vostra indipendenza dalla politica che mira al potere. Mirate alla libertà femminile e al bene comune”.
La risposta di Elena Bonetti e Teresa Bellanova non si è fatta attendere tanto, perché il 6 gennaio scorso hanno rimarcato che “La nostra idea di libertà e di autorità femminile non coincide con quella espressa dalle parole di Luisa Muraro e da chi come lei oggi ci sollecita ad agire al di fuori di una logica di comunità. Nel pieno rispetto delle reciproche differenze d’opinione, ne teniamo conto. Ma non vorremmo inutilmente alimentare un dubbio: non ci occorre alcuna patente di libertà. Noi siamo persone libere. Siamo donne libere. E con il servizio della politica abbiamo l’ardire – Muraro non se ne dorrà – di voler contribuire a spezzare i gioghi, troppi e subdoli, che parole come le sue ancora vogliono imporre sulle spalle delle donne di questo Paese”. Al di là della querelle personale tra la filosofa e le due ministre, mi domando quale sia la comunità a cui dovrebbero fare riferimento Elena Bonetti e Teresa Bellanova, perché a mio parere il vulnus del ragionamento è proprio nella risposta che consegue a tale domanda.
Da titolari di due specifici ministeri, Elena Bonetti per le Pari Opportunità e Famiglia, Teresa Bellanova per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, dovrebbero avere come stella polare gli interessi del Paese e non quelli del proprio partito di riferimento, soprattutto nella fase emergenziale che sta vivendo l’Italia. Mi si potrebbe replicare quanto hanno scritto nella lettera di risposta alla riflessione di Luisa Muraro, “In piena libertà e autonomia, abbiamo condiviso con Matteo Renzi e l'intera comunità di Italia Viva i rilievi mossi al Presidente del Consiglio rispetto a quelli che noi per prime riteniamo veri e propri vulnera istituzionali e deficit nella capacità politica di governare la complessità che stiamo vivendo”. Sta di fatto che quel deficit avrebbero dovuto risanarlo all’interno della compagine governativa, non minandone costantemente, come in questi ultimi tempi, la credibilità. La ministra Bellanova, intervistata ieri, ha precisato che “In questo anno avrò commesso errori, ma ho servito con lealtà e onore", facendomi così riflettere su come debba servirsi lo Stato, soprattutto se a farsene carico sia una donna.
Un leitmotiv più che frequente durante la prima fase della pandemia, che ha colpito tutto il Paese, è stato il rimarcare quanto fosse stato e sia importante il ruolo che le donne italiane hanno avuto ed hanno nel sobbarcarsi di un’emergenza quale non si era vista da decenni in Italia. L’80% del personale sanitario è costituito da donne, impegnate, a vario titolo, in attività di cura, assistenza e pulizia nelle ambulanze, nei pronto soccorso, nei reparti e nelle rianimazioni; il 56% dei medici iscritti all’albo e il 77% del personale infermieristico sono donne così come un alto numero di lavoratrici è occupata nel settore del commercio alimentare. A queste donne che lamentano la fatica di conciliare la vita di mamma, lavoratrice con i figli in casa, e casalinga non possono fare da contraltare le ministre di Italia Viva, che deplorano quanto la propria comunità partitica non sia tenuta nel debito conto all’interno della compagine governativa. Questa è una battaglia che deve svolgere il loro leader politico, Matteo Renzi, orientato in maniera più che convinta a procedere verso la crisi dell’attuale governo. Il segretario di Italia Viva non deve, però, valicare il paletto postogli dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che chiede prima di tutto un'intesa sul Recovery Fund, priorità assoluta per il Paese.
Senonchè, qualora cada l’attuale esecutivo, si determinerebbe conseguentemente il blocco della tranche di scostamento di bilancio da 24 miliardi di euro, ossia il forziere da cui attingere per pagare i ristori di chi è rimasto senza lavoro e i vaccini utili a completare la campagna più importante per combattere il Covid. Le due ministre di Italia Viva, che nella risposta a Luisa Muraro avevano criticato “il deficit nella capacità politica di governare la complessità che stiamo vivendo”, sono disposte ad assumersi la responsabilità di un effetto del genere? A Teresa Bellanova che solo qualche ora fa ha ribadito che "La crisi finisce dandosi un nuovo affidamento se ce ne sono le condizioni. Discontinuità è per me la parola chiave", chiederei da donna, che vorrebbe una specifica impronta femminile al modo di stare nelle istituzioni da parte delle esponenti politiche di qualsiasi livello, si sente realmente “una persona libera”, perché in grado di pensare alle reali esigenze del Paese? Si avverte tale qualora dovesse spiegare all’intera comunità italiana le ragioni del suo personale malcontento politico? Non tiene nel minimo conto che “Se si dovesse spiegare una crisi agli italiani in queste condizioni – come dice il ministro Stefano Patuanelli, capo delegazione del M5s – verremmo considerati marziani”?
La libertà tanto sbandierata dalle due ministre finisce dove inizia quella del Paese, tanto per parafrasare il celebre aforisma kantiano, e visto che la libertà della comunità di Italia Viva non può essere esercitata a discapito di quella di una nazione alle soglie della terza ondata della pandemia, da donna inviterei Elena Bonetti e Teresa Bellanova ad un atto di responsabilità istituzionale verso l’Italia. Scendano dalle barricate partitiche e abbiano come unica stella polare gli interessi nazionali, ponendo invece in campo una politica di mediazione all’interno dell’esecutivo, la sola in grado di trasformare il conflitto innescato dal leader di Italia Viva, da problema generatore di una probabile crisi politica con le altre forze di maggioranza ad opportunità di crescita per l’intero Paese. D’altronde il ruolo delle donne nei processi di mediazione è a loro universalmente riconosciuto, perché dovrebbe essere denegato proprio in Italia e proprio in un contesto di emergenza mondiale come quello attuale? Conseguentemente sarei a favore della cosiddetta libertà delle due ministre, purchè essa sia al servizio non di Italia Viva e dei suoi esponenti politici, ma dell’Italia. Senza se e senza ma.
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