Martedi, 11/07/2017 - Sulle acque morbide della laguna di Venezia i turisti vanno affaticati, meravigliati e anche un po’ distratti dalle bellezze che li circondano, e finché sono i turisti, ci sta. Ma la distrazione e l’indifferenza nel non cogliere la presenza massiccia e l’infiltrazione mafiosa in Veneto riguarda soprattutto istituzioni e politica.
Della loro pervasività nel tessuto economico, della loro silenziosa e lunga gestione del territorio, se ne ignora la storia. Anche recente. Tranne forse che per la Mala del Brenta e di Felice Maniero di cui si ricordano le gesta del bello e maledetto “faccia d’angelo”, luoghi comuni che crearono una sorta di mito su una delle mafie che, invece, terrorizzò il territorio generando paura e omertà.
VENETO TERRA DI CONQUISTA- IL BATTESIMO DI MANIERO
Il Veneto è stato sin dagli anni Cinquanta una delle terre preferite per i mafiosi confinati. Certo non basta solo questo a motivare le infiltrazioni mafiose di un territorio ma, diciamocelo, è uno dei motivi più stringenti, che non riguarda solo il nostro nord, ma anche l’Italia centrale e sacche del sud. Il dibattito è aperto. La cosa certa è che fu il veneziano Felice Maniero a costituire la sua banda e a tenere sotto scacco un’intera regione.
Ma il "salto di qualità” lo fece grazie alla presenza e al “battesimo” di personaggi come Antonino Duca insieme a Gaetano Fidanzati, come nota fu la presenza di Salvatore “Totuccio” Contorno sulla Riviera del Brenta. Tra gli anni ‘60 e ‘70 vengono confinati Salvatore Badalamenti, nipote di Gaetano, mandante dell’omicidio di Peppino Impastato e Vincenzo Cassillo braccio destro di Raffaele Cutolo nel veronese.
Negli anni Novanta Anna Mazza, la “vedova nera della camorra” reggente del clan Moccia dopo la morte del marito, viene mandata a Treviso, dove stringe legami con la Mala del Brenta. I luoghi forse non si scelgono a caso, ma tant’è. Molti pezzi da novanta, tra i più importanti clan mafiosi, si sono ritrovati in Veneto, senza dimenticare l’ultimo, forse il più rinomato, Giuseppe Salvatore Riina, figlio di Salvatore Totò Riina, che vive a Padova.
LE PICCOLE E MEDIE IMPRESE GRADITE DALLE MAFIE
Nell’ultima Relazione della Dna si legge “Il Veneto (…) è un’area geografica che suscita notevoli interessi per i vari gruppi delinquenziali (…) in quanto vi è una capillare presenza di piccole e medie imprese che possono essere “aggredite” per la protratta crisi economica, attraverso il forzato subentro di capitali illeciti e disponibilità finanziarie dall’origine oscura (a scopo di investimento o riciclaggio)”. I settori sono i soliti dagli appalti pubblici, all’intermediazione finanziaria, edilizia, smaltimento di rifiuti, ecomafie, sfruttamento di manodopera, usura. Le mafie si adattano al territorio e hanno l'appoggio di imprenditori e professionisti, come commercialisti, notai, avvocati, intermediari insomma, che fanno da collante tra mafia e aziende.
C’è un’interessante ricerca dell’Università Ca’ Foscari sull’illegalità e l’economia locale che riguarda più i comportamenti illegali nell’economia, che l’attività economica delle organizzazioni criminali, patrocinata dalla Camera di commercio di Venezia e dell’Università Ca’ Foscari, di cui ci parla il coordinatore della ricerca Prof. Giovanni Bertin: “l’aguzzino non viene mai dall’esterno, ma è parte del sistema, non è quello con la coppola e la pistola, è sempre un soggetto che ha una relazione con le persone. Gli intervistati citavano il direttore della banca, piuttosto che il commercialista o l’impiegato comunale, cioè una figura della stessa filiera produttiva.
Una delle differenze rispetto alle mafie del nord ovest sta proprio nella diversità del tessuto sociale del nord est, perché c’è più una presenza indiretta dei soggetti che si mettono a disposizione”. Il Veneto delle piccole e medie imprese è fatta di forti relazioni sociali, che non si trovano nelle grandi città come Milano o Torino. Sembra quasi che a fronte di una struttura di grandi imprese ci sono le grandi organizzazioni mafiose, e invece per piccole e medie imprese c’è sempre bisogno della conoscenza diretta, del personaggio locale che rassicura e che rende fluido il rapporto con le mafie.
L’inchiesta Aspide è emblematica. I Casalesi tenevano sotto assedio più di 130 imprenditori attraverso la società finanziaria di recupero “Aspide”. I metodi di Mario Crisci (condannato nel Processo Aspide) estremamente violenti, servivano a taglieggiare imprenditori in difficoltà per rilevarne le aziende.
MAPPA E RIPARTIZIONE DEL TERRITORIO
Nella relazione sulla criminalità organizzata di Alessandro Naccarato esponente del PD e membro della Commissione Antimafia, viene evidenziata una presenza massiccia della camorra nella provincia di Venezia, mentre la ‘ndrangheta è attiva per il traffico di droga. A Padova la ‘ndrangheta calabrese rinveste capitali illeciti con la compiacenza di imprenditori e professionisti. A Verona i gruppi mafiosi sono presenti nel settore edile, usura e riciclaggio. Forte presenza della ‘ndrangheta con ramificazioni in varie province dell’Emilia Romagna. A Vicenza la ‘ndrangheta, a Treviso ramificazioni di famiglie siciliane e calabresi. La mafia del Brenta, anche se in modo minore rispetto al passato, continua nelle rapine e nel traffico di droga.
NEL VENTRE MOLLE DEL VENETO
E’ una mafia che cambia pelle, che entra nel ventre molle del Veneto e si adatta ai suoi ritmi e alle sue regole. Stringe patti con gli imprenditori, si serve di prestanomi senza scrupoli. Cerca referenti ben inseriti nel contesto. Il Veneto sembra un territorio di sperimentazione, dove la criminalità organizzata affila le sue unghie, e dove, con molto più tatto, accetta le regole per mimetizzarsi, come i camaleonti. E’ sempre sottotono, sempre più addentro agli affari di un territorio, che permette di confondere le carte, sia per l’esistenza di una mafia autoctona (ora meno presente) che per effetto di una crisi che non accenna a finire.
E’ una mafia che trova una complicità molto più forte con imprenditori e professionisti. Servirebbe l’occhio avvezzo della gente. Servirebbe una forte cultura di legalità. Roberto Tommasi coordinatore di Libera Veneto afferma: “la gente rimane sconvolta perché non si erano mai resi conto di quanto fossero pericolosi. Noi non facciamo solo denuncia e inchiesta, ma un lavoro formativo anche nelle scuole, ma è un lavoro lungo e complesso. E occorrerà del tempo prima che le piante irrobustiscano le loro radici”.
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