La lezione di Vera Vigevani Jarach durante un suo viaggio in Italia e in occasione di un incontro a Roma
Vera ha interpellato i ragazzi di una classe presente senza suscitare domande, tranne un paio di eccezioni solo femminili. Effetto di commozione per le atrocità ascoltate? Probabilmente sì, ma conoscere stragi di madri, furto di bambini e morte atroce di altri ragazzi come loro suscitano domande mute dentro, destinate a restare senza risposta perché la scuola non ce la fa a dare coscienza politica - nel senso che ci si deve educare a far parte di una comunità di una società consapevole, capace di scelte libere.
Vera offre la sua lezione non solo agli studenti: “Che la storia non venga dimenticata: è l’augurio migliore per il futuro”. Si tratta di “difendere l’umanità”, di non tacere mai. Mai. Di usare tutti i mezzi, le reti sociali, facendo attenzione agli inganni dei social. Cerchiamo la luce, non l’ombra”. Aggiungendo di essere una buona scalatrice. Quando si scala una montagna e non si sa come andare avanti, la voce di chi ti precede o ti segue ti dice dove attaccarti: passa la paura e si va avanti e siccome la spinta la dà sempre il cuore, dà in consegna ai giovani il passaggio di testimone dell’emigrazione: chi è stato migrante non può non pensare al Mediterraneo, tomba dei desaparecidos del ventunesimo secolo.
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