Martedi, 03/05/2011 - L’on. Remigio Ceroni (Pdl), appartenente alla schiera dei parlamentari che avanzano nuove proposte normative senza il ben che minimo raccordo con il proprio gruppo parlamentare, è rimbalzato agli onori delle cronache di politica interna, perché ha richiesto la modifica dell’art. 1 della Costituzione. Il suo proposito è che al testo originario “l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro” si aggiunga “e sulla centralità del Parlamento, quale titolare supremo della rappresentanza politica della volontà popolare espressa mediante procedimento elettorale”. Il suddetto deputato ha argomentato così la sua proposta di legge costituzionale, ritenendo necessario “ribadire la centralità del Parlamento, troppo spesso mortificata quando fa una legge, o dal Presidente della Repubblica, che non la firma, o dalla Corte Costituzionale, che l’abroga”. E’ chiaro il suo proposito di sancire, attraverso la supremazia del Parlamento, il ruolo subalterno della suddetta Corte ed, in ultima analisi, quello della stessa magistratura, rea, a suo dire, di non essere eletta dal popolo. L’on. Ceroni è giunto, così, in soccorso del premier Berlusconi, che non perde occasioni per profferire le sue filippiche contro i giudici e la loro casta, dimenticando entrambi, consapevolmente e colpevolmente, che nell’impianto di base della nostra Carta Costituzionale il potere giudiziario ha la stessa dignità di quello politico ed esecutivo, perché tutti e tre devono controbilanciarsi a vicenda per un corretto funzionamento del nostro sistema democratico. Ma, ahimè, il parlamentare del Pdl non ha preso in considerazione che i riflettori della politica, come si erano accesi su di lui, non si sarebbero spenti facilmente. Tant’è che, cercando notizie al suo riguardo, Il Fatto quotidiano ha pubblicato che nel 1998 la moglie lo ha denunciato per percosse. Colto impreparato di fronte a questa fuga di informazioni, l’on. Ceroni ha immediatamente replicato al giornale annunciando querela, salvo, poi, di fronte alla notizia di un referto ospedaliero che attestava “varie ecchimosi ed escoriazioni”, buttarsi sul “non ricordo” o, peggio ancora, attribuendo un’ipotetica responsabilità al padre, peraltro morto. Anzi, è andato oltre nelle dichiarazioni a caldo, riproponendosi di “stare zitto per i prossimi cento anni”. Valutando questo proposito alla luce della sua età (n.b.: ha da poco compiuto 56 anni), ritengo che al momento sia inutile accanirsi con lui, visto che, dopo la pubblicazione della notizia dagli onori berlusconiani è sceso al fango del discredito per le eventuali percosse inflitte alla moglie. Potrei, però, avanzare un suggerimento per la sua prossima proposta di legge costituzionale, o meglio un consiglio benevolo, che potrebbe divenire per lui uno strumento di catarsi nel caso fosse vero il suo passato di uomo violento. Produca, in tal senso, la seguente modifica normativa: “ l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro e sul rispetto del principio dell’incolumità fisica e psicologica della donne”. Chissà che, così facendo, non faccia opera utile, non tanto al sistema di bilanciamento dei poteri dello Stato, quanto ad un consesso sociale caratterizzato dal dato statistico di 14 milioni di donne coinvolte in episodi di violenza, nel corso della loro vita (Istat 2007). Ma, si sa, questa è la realtà e quel consiglio è da intendersi solo come un diversivo, che non dovrebbe esimerci dalla seguente riflessione di carattere generale: la dimensione pubblica di ogni rappresentante istituzionale, non comprovata dai suoi comportamenti privati, svilisce non tanto il politico in sé quanto la credibilità della politica tutta. Sento di dover aggiungere che questo dovrebbe essere al di là di ogni opportunismo, dei facili cambi di casacca e delle gabelle da pagare, pur di rimanere nel tanto esaltato ed agognato agone politico. Un suggerimento istintivo mi preme dare all’on. Ceroni, riferendomi alle presunte accuse che dovrebbero riguardarlo: parli pure da parlamentare per i prossimi cento anni, ma eviti per l’analogo periodo di finire sotto l’occhio indiscreto dei media per vicende che riguardano la sua vita privata.
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