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Le leggi e l’Opus Dei

Le leggi e l’Opus Dei

Laicità addio - Nulla è la sofferenza fisica rispetto alla beatitudine eterna, secondo alcuni cattolici. Un’idea di vita che DEVE valere per tutti. Soprattutto per chi deve ricorrere alla medicina e alla scienza

Stefania Friggeri Lunedi, 04/05/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2009

Usando il semplice buon senso la metto così: diritto alla vita “sì”, ma prima ancora diritto ad evitare le sofferenze che non siamo in grado di sopportare. Diversa la posizione del magistero cattolico. Come spiegarla? Guardiamo ai simboli, elemento fondante di ogni comunità, religiosa e non: un uomo in croce. E ora un breve cenno storico: “Affrettati a tormentarmi con supplizi anche maggiori per colpire la mia professione di fede. Il combattimento deve essere accanito e io con questo ti vincerò come soldato di Cristo…Io vincerò Satana, il principe del tuo esercito”. Queste le parole del martire Tirso che vengono così commentate da M. Teresa F. B. Brocchieri: “Due elementi sottolineano l’importanza del sacrificio nella nuova religione: innanzitutto il modello proviene dal suo stesso fondatore…in secondo luogo la commemorazione del suo sacrificio, ripetuta quotidianamente dal sacerdote, costituisce il momento centrale della ritualità religiosa, diventando per i fedeli il precetto centrale”. Un soffio di questo spirito non alita forse anche nelle parole del “Cammino” di Escrivà, il fondatore dell’ “Opus Dei”? “Benedetto sia il dolore. Amato sia il dolore. Santificato…”, oppure: “Che importa soffrire 10 anni, 20, 50… se poi viene il cielo per sempre?”. Parole che fanno pensare a Welby, o a Nuvoli che per andarsene ha dovuto lasciarsi morire d’inedia. Ma la dimensione salvifica del dolore, tradizionale nella cultura cattolica (l’Italia infatti è il paese d’Occidente in cui negli ospedali si fa il minor uso di oppiacei) è stata messa in crisi sia dalla secolarizzazione sia dagli “abusi di una civiltà tecnologica totalizzante, così gonfia di sé e dei suoi successi, da volersi sostituire alla Natura” (G. Reale). L’ostinazione di tenere la morte fuori dalla porta turba infatti molti e stupisce l’incoerenza di un Papa che se da un lato guarda con sospetto alla scienza (staminali embrionali e Darwin), dall’altro chiede ai parlamentari di equiparare il sondino al cucchiaio. E questo in una società in cui i farmaci ci rendono molto meno rassegnati di fronte alla sofferenza, tant’è che prima ancora dell’approvazione del ddl Calabrò già si parlava di referendum. Ma c’è anche chi, consapevole della potenza mediatica che la Cei può mettere in campo, e dei soldi (l’8 per mille è servito anche alla propaganda politica in occasione del referendum sulla 40 e del Family Day), propone altre iniziative. Preoccupazioni giustificate che testimoniano come ormai la laicità non vive più in Italia e quanto il Vaticano contribuisca, insieme a Berlusconi, a demolire la democrazia nel nostro paese. Ritorniamo, ad esempio, al percorso parlamentare della legge 40. Il progetto, avviato nel 1997 da M. Bolognesi, approda dopo due anni spesi a mediare coi cattolici ad un equilibrio “di alto livello”, che però viene impallinato dagli emendamenti fino all’approvazione di un testo simile alla 40. Si ricomincia a discutere e si sarebbe andati avanti chissà quanto ma, nel maggio 2003, Papa Woityla chiede “subito l’approvazione della legge”. Che infatti viene blindata ed approvata. Veniamo poi ai Dico, un testo di legge che, nonostante gli incontri della Bindi con l’alto clero, viene accusato di non rispettare i valori cattolici della famiglia, raccomandati come il solo antidoto alla crisi della società. Per dotare la Chiesa delle armi più efficaci atte ad arginare l’avanzata delle “famiglie” contro il modello ortodosso di “famiglia”, già nel 1981 Papa Wojtyla aveva istituito il Pontificio Consiglio della Famiglia cui mise a capo il cardinale colombiano Trujillo, omofobo dichiarato. E infatti il Family Day si è dovuto difendere dal sospetto di una manifestazione non “a favore” della famiglia, ma “contro” il riconoscimento dei diritti agli omosessuali. Cioè contro i Dico del governo Prodi che, nonostante fosse stato il primo ad istituire un Ministero della Famiglia, cade il giorno successivo alla presentazione dei Dico in Commissione. Sembrerebbe per una questione di politica estera, ma “Il (rinato) governo Prodi ha tolto dal programma i Dico…Monsignore stia tranquillo…per noi la famiglia esiste e merita tutela prima ancora della Stato” (A. Satta, Udeur). Come ieri i Dico avrebbero aperto al matrimonio omosex , oggi il testamento biologico aprirebbe all’eutanasia. Anche il testamento biologico si è lasciato sopire per anni: nel clima generale di ipocrisia e quieto vivere in cui tutto rimane irrisolto ed immutato, la Cei, simulando disponibilità ed aperture, ha lasciato prosperare il dibattito finché…finché il caso Welby ha costretto il mondo politico a legiferare, dunque ha costretto il Vaticano ad uscire dal politically correct richiamando i politici all’ortodossia. Anzi, al rispetto dei tempi, inducendo un ceto politico servile a varare in un fine settimana una legge che aboliva lo Stato di diritto fondato sulla divisione dei poteri: se la Cassazione ha emesso una sentenza (caso Englaro) che non piace al Vaticano, il Parlamento voti una legge che la cancelli. Che cancelli cioè l’“habeas corpus”, ovvero il riconoscimento della sovranità del soggetto sul proprio corpo, sottraendolo al potere dello Stato e delle chiese. Non era certo stata indolore la ferita inferta dall’art. 7 alla laicità dello Stato perché, accogliendo i Patti Lateranensi, ci siamo portati dietro un pezzo di fascismo: i Patti rappresentano la continuità con un mondo primitivo ed arcaico dove domina il privilegio non l’uguaglianza, l’autorità non la partecipazione democratica, gli oscuri conciliaboli non la trasparenza. Ma la ferita si è allargata nel tempo ed oggi siamo in presenza di una gerarchia che agisce scopertamente come una forza politica, dunque criticabile, ma che riveste subito i panni curiali quando viene criticata. E i politici cattolici? insorgono come se le obiezioni fossero un delitto di lesa maestà: ma lo sanno i cattolici del Partito Democratico che si fanno dettare le leggi dall’Opus Dei ?



(4 maggio 2009)

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