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Le due sfide della modernità

Le due sfide della modernità

Combattere lo stalking - “L’inizio dell’amore spesso è simultaneo. Non così la fine. Da ciò nascono le tragedie”

Negrini Maria Grazia e Botti Simonetta Lunedi, 27/06/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2011

Da sempre, le donne che lavorano contro la violenza di genere sanno che un fenomeno diviene allarmante quando lo si “nomina”. Il fenomeno di cui parliamo si chiama STALKING. Pensiamo sia fondamentale, oggi, rilevare che tale comportamento non può essere considerato e trattato allo stesso modo di altre forme di violenza di genere. Ciò che affermiamo ha l’intento di aprire una discussione e riflessione con donne e uomini che di violenza di genere si sono occupati fino ad oggi.

Apprendiamo che nel 2010 sono morte 130 donne a causa dello stalking, nonostante dal 24 aprile 2009 in Italia esista una legge che punisce questo reato. Dall’1 gennaio 2011 le donne uccise per stalking in Italia sono 35. Ogni anno sono uccise più di cento donne dall’ex partner, fidanzato, marito, amante, amico: una mattanza che colpisce la popolazione femminile in maniera indiscriminata e trasversale. Con le donne spesso sono uccisi figlie/i.

Lo stalking non è un problema nuovo. Ne leggiamo tracce nelle “Metamorfosi” di Ovidio dove troviamo Apollo nei panni dello stalker e Dafne in quello della sua vittima.

Per sfuggire ad Apollo la giovane, invocato l'aiuto di Gea o del padre, si trasforma in un albero, rifiutando di cedere all’insistente corteggiamento del dio del sole. Nel mito Apollo si rivolge a Dafne in fuga con una frase che riassume e riprende il tema attuale dello stalking: “Non sono un tuo nemico, è per amore che ti inseguo”.

Questo è il punto fondamentale della trappola dello stalking: è per amore che mi comporto in questo modo.

Lo stalking, conosciuto come “sindrome del molestatore assillante”, è un comportamento persecutorio messo in atto quando una donna o un uomo cercano di allontanarsi da una relazione violenta. Il maltrattante perseguita la vittima seguendola negli spostamenti, aspettandola sotto casa, telefonandole continuamente ovunque. Il fenomeno si manifesta con azioni, ripetute nel tempo, caratterizzate da sorveglianza e controllo, ricerca di contatto e di comunicazione.

Gli effetti sono devastanti: è minato il senso dell’autonomia e dell’indipendenza della vittima facendola sentire “in trappola”. Le crea una minaccia psicologica diffusa che le impedisce di vivere una vita normale e minaccia in modo profondo l’espressione di desideri e autostima, devastando il proprio progetto di vita. Quando la vittima è donna, sovente questi comportamenti terminano con la sua uccisione.

Lo stalking si perpetua spesso all’interno della famiglia, ma non ha le medesime modalità della violenza intrafamiliare. Colpisce le donne che manifestano il desiderio di praticare la loro libertà femminile.

Nasce perché una relazione abusante si basa sulla credenza che una persona ha diritto di possedere il potere totale sull’altra. Lo stalker pratica minacce e intimidazioni costanti producendo un permanente stato di paura e il cambiamento delle abitudini di vita della donna.

Questo è un punto nodale. Noi pensiamo che occorra partire dal rapporto fra lo stalker e la vittima per arginare il fenomeno.

Lo stalking si inscrive ampiamente sul tema della gestione dei conflitti all’interno delle relazioni. Anthony Giddens, occupandosi di postmodernità, ha scritto di disintegrazione dell’io e di disintegrazione delle relazioni.

Secondo alcune spiegazioni pedagogiche (P. Bertolini) i soggetti a rischio di devianza sono caratterizzati da percezione fortemente limitata dell’io oppure da un eccesso di io. In entrambi i casi, i comportamenti presentano forme gravemente antisociali, improntate all’idea che il mondo debba essere controllato, posseduto quale strumento di conferma della propria identità ed esistenza; un senso di onnipotenza tale che tutto e tutti - eventi e persone - diventano strumento di conferma di sé.

Questo è un altro snodo, perché quando una relazione e un evento diventano disconfermanti per la propria identità, la persona che è in condizione patologica e deviante non è in grado di reggere la frustrazione perché non ha fatto i conti col proprio senso del limite. Deve eliminare l’elemento frustrante che nega la propria identità.

Se le relazioni sono improntate all’utilitarismo e alla ricerca funzionale e strumentale della conferma di sé, è chiaro che quando l’altra/o si sottrae, diventa elemento da cancellare e distruggere. Quindi ne derivano atteggiamenti aggressivi che evidenziano la totale mancanza di strumenti della gestione del conflitto e di tolleranza alla frustrazione.

Educare al conflitto e al superamento della frustrazione del senso del conflitto e alla sconfitta, ci sembrano le due sfide della modernità.

Delineiamo una possibile pista di approfondimento: è plausibile definire uno schema di caratteristiche sia della vittima dello stalking, che dello stalker stesso?

Due elementi sembrano, dall’esperienza della nostra Associazione, di grande interesse.

a) Nello stalker riscontriamo il bisogno di controllare l’altro nei minimi particolari dell’aspetto fisico, la gelosia e il senso di relazione come possesso, l’intreccio con situazioni personali e lavorative ambigue, gli aspetti maniaci depressivi della personalità.

b) Nella vittima riscontriamo un bisogno di rappresentarsi in coppia tale da tollerare sia il controllo patologico che le violenze di tipo fisico e psicologico.

In sostanza, nel rappresentare il progetto di vita, la necessità di essere in coppia prevale su ogni altro tipo di valutazione e di auto efficacia. Questo tema non è soltanto relativo alla questione della relazione fra uomo e donna, ma in generale, alle relazioni. Infatti, pur nell’emersione del problema della violenza di genere, ricordiamoci che la violenza e l’aggressività come esito della paura dell’altro sono la cifra delle relazioni sociali del nostro tempo.

Se non si educano le persone, a cominciare dai bambini/e e ragazze/i, a gestire l’incontro con l’altra/o, a coordinare l’incontro con il diverso, non si aiutano le persone a governare la paura, il senso di minaccia che deriva dall’incontro con la diversità.

A tale scopo diventa fondamentale l’aspetto pedagogico, quindi quello della prevenzione e dell’educazione alle relazioni, dell’educazione al conflitto. Questi devono divenire oggi lo strumento e il tema di lavoro. Questo è il lavoro che la Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città e l’Udi di Bologna fanno nelle scuole.

Auspichiamo, e su questo vorremmo confrontarci, interventi di azione diretta di aiuto per le donne colpite dallo stalking, al fine della ricostruzione dell’autostima, e contemporaneamente il supporto attraverso una presenza attiva di avvocate in grado di fornire loro gli strumenti giuridici che ne salvaguardino l’incolumità.



Dott.ssa Simonetta Botti - Pedagogista

Dott.ssa Maria Grazia Negrini - Presidente Tavola delle donne sulla violenza e sulla sicurezza nella città



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