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Le donne sono parti fondamentali nei processi di pace ma non prendono parte alle trattative.

Le donne sono parti fondamentali nei processi di pace ma non prendono parte alle trattative.

Dopo la partecipata Conferenza Mondiale delle donne, la stesura della Carta delle Donne del mondo, ora tra i contributi della Carta di Milano e la sua diffusione con Protocolli e Alleanze occorre ora elaborare proposte di politiche volte a facilitare

Venerdi, 04/12/2015 -
Dopo le prime emozioni di dolore, di solidarietà,di paura e di lutto per le vittime di Parigi e per Valeria, figlia dell'Italia e dell'Europa, e la grande condanna per gli attacchi perpetrati,con calma si cerca di sopravvivere agli eventi e capire ciò che sta accadendo. Ieri Cameron ha deciso di bombardare la Siria, anche se i suo cittadini e cittadine non sono d'accordo.

Siamo in guerra, una guerra politica che usa la religione e il petrolio e che si sta giocando su terreni diversi, ormai anche a casa nostra. E non solo verso gli obiettivi sensibili.Un bar,un ristorante,uno stadio, una sala per concerti,un luogo di accoglienza per disabili come è successo in California.

Ma è una guerra che ha radici lontane, che si sta manifestando da tempo fra gruppi di diversa concezione all'interno del mondo islamico.

Una guerra che affonda le sue origini nel potere e negli interessi economici di diversi gruppi politici e che per anni si è manifestata prima in Afghanistan, in Iran, poi in Iraq per finire in Libia.

Una guerra che ha assunto connotati diversi,protagonisti diversi come la Jihad,al-Qaida e ora Daesh, lo Stato Islamico e che vuole creare uno stato in quei luoghi dove gli stati precedenti erano stati creati dagli occidentali.

Abbiamo maturato per anni e con convinzione il pensiero che si potesse esportare nelle terre del Medio Oriente un “modello occidentale di democrazia”, laddove il tessuto sociale si basa su antiche forme tribali che non possono certo convivere con la “nostra idea occidentale di democrazia”.

Ora l'obiettivo è infatti quello di cacciare gli occidentali e i russi dalla Siria e dall' Iraq; e creare un nuovo stato dove esisteva l’antico califfato,in Mesopotamia.

Tutto questo mentre nel frattempo è in corso un esodo biblico verso Occidente,l'Europa scopre le proprie fragilità, politici europei riformisti ammettono errori incommensurabili.Il G20 di questi giorni in Turchia sta evidenziando le difficoltà nel trovare soluzioni riguardo alla presenza delle potenze occidentali in medio Oriente.Gli attacchi della Francia di queste ore produrranno solo altra violenza e denotano una mal comprensione del contesto.

Cosa davvero bisognerebbe fare?Occorrerebbe declinare una strategia.Occorre avere un Onu attivo,un'Europa presente per:

- proteggere la nostra convivenza interna e la qualità della nostra democrazia,

- più intelligence,

- una maggiore opera di contrasto coordinata tra polizie,

- un'attività a favore delle collettività immigrate di origine arabo-islamiche,

- conservare il nostro clima sociale sereno,non cedere alla paura,

- occorre che i potenti si diano una una politica comune sulla guerra di Siria,dove si formano i terroristi, imponendo una tregua,

- occorre sviluppare un'azione a favore dei popoli delle due sponde del Mediterraneo e far si che il Mare diventi occasione di dialogo, di sviluppo sociale, di pace.

Lo stanno dicendo in molti, fra gli autorevoli osservatori e studiosi di geopolitica.

Solo “la fine del conflitto” potrà aiutarci, sembrerebbe una affermazione di buon senso.

Le morti contate tra i civili, oggi, sono infinite. Sono,come sempre, donne, bambini, anziani.

Ma difficile è porre soluzioni concrete perchè rimane forte il problema degli interessi economici, chi fornisce silenziosamente armi e petrolio sta bene attento a non interrompere il flusso delle forniture.

Intanto i giovani dell'Is si presentano,attraverso campagne di comunicazione e di propaganda molto raffinate,come “non alleati” con nessuno, sono patriottici, anti-colonialisti, addirittura no-global, non inquinati da interessi stranieri, duri ma nazionali,egualitari per le tasse e per il vivere quotidiano.Tutti hanno cibo, armi, istruzione,una “visione di genere “. Come ha di recente sottolineato Yasmine Ergas, della Columbia University: «Isis non ha solo una grande capacità di usare i social media, ha anche una comprensione sofisticata delle relazioni di genere. Ha trovato il modo di esaltare i ruoli di genere tradizionali e anche di fornire servizi sociali rilevanti da un punto di vista di genere».

Cosi li hanno rappresentati nei reportage che Tv occidentali ci stanno trasmettendo.

Le città della Siria ,è vero,non smettono di vivere,nonostante la guerra e le bombe.

«In guerra sono soprattutto le donne a tentare di tenere in piedi la vita di tutti i giorni, quella in cui i bambini vanno a scuola, in cui ci si siede intorno a un tavolo per mangiare», spiega Eva di Good Morning Syria, network di attivisti e giornalisti siriani che raccoglie testimonianze dalla società civile con l’obiettivo di costruire un processo di pace.

Le donne sono parti fondamentali nei processi di pace ma non prendono parte alle trattative.

Il W20, il G20 tutto al femminile che si è tenuto il 16 e 17 ottobre a Istanbul su iniziativa della Turchia,non ha ricevuto attenzione mediatica.

La stampa internazionale è tutta impegnata a commentare una frase del presidente Erdogan, estrapolata da un lungo discorso pronunciato nel corso di una conferenza sulla violenza contro le donne e sulle strategie per contrastarla. Nel suo intervento Erdoğan ha esaltato la maternità e contestato quella che nel linguaggio impegnato può essere definita “parità di genere” prendendosela con le femministe. I media internazionali lo hanno giustificato, “del resto Erdogan è musulmano e, in quanto tale, relega le donne a una condizione di formale subordinazione nei confronti dell’uomo”.

Ma Erdogan ignora completamente le politiche messe in atto dal governo del Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP). Sono stati infatti avviati programmi molto incisivi proprio per combattere la violenza contro le donne e per incentivare l’occupazione e l’imprenditorialità femminile.

E' nostra convinzione che si debba partire proprio da qui, dal G 20.Dopo la partecipata Conferenza Mondiale delle donne, la stesura della Carta delle Donne del mondo, ora tra i contributi della Carta di Milano e la sua diffusione con Protocolli e Alleanze occorre ora elaborare proposte di politiche volte a facilitare l'empowerment delle donne nell'economia.Un nuovo mondo è possibile, una nuova economia,al femminile.

Dopo la dichiarazione di Los Cabos del 2012, la dichiarazione di San Pietroburgo del 2013,la dichiarazione di Brisbane del 2014, occorre adesso passare dalle parole alle azioni, soprattutto nel settore dell’istruzione, della formazione e dell’occupazione.

Per diminuire la disuguaglianza e la povertà, e per favorire la pace.

 

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