Mercoledi, 17/04/2013 - Il turno elettorale che ci siamo lasciati alle spalle, ha scandito un segno di discontinuità. Il nuovo Parlamento uscito dalle urne, è quello con il maggiore numero di donne della storia repubblicana ed è anche il più giovane che sia mai esistito.
A tenere testa nella questione sulla parità di genere, è il Pd del cambiamento che, con il meccanismo della doppia preferenza alle Primarie, ha indicato il 41% di rappresentanza femminile.
Il Movimento 5 Stelle lo ha seguito, con una percentuale del 38%. Pdl e Lista Monti-Udc, hanno proposto il 22%, Sel il 20%, e, Lega Nord, il 14%.
Da una recentissima indagine condotta da Coldiretti, si è evidenziato che nella legislatura che si è conclusa, le donne erano pari ad appena il 21% alla Camera e al 19% al Senato.
Differentemente, il quadro attuale riporta rispettivamente un aumento del 32% e del 30%: un risultato confortante, che avvicina l’Italia ai migliori standard europei e mondiali, anche se, occorre sottolineare, la partecipazione di “quote rosa” a livello istituzionale è ancora residuale.
Una speranza concreta si è accesa negli italiani, sin dal giorno in cui Laura Boldrini è salita alla Presidenza della Camera. Difficile dimenticare il suo singolare discorso d’esordio, in particolare le parole che per prime ha pronunciato, ricordando le vittime dei soprusi di genere, e attribuendo proprio alla politica la responsabilità della risoluzione di questa assurda rimozione della coscienza: «dobbiamo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza domestica travestita da amore» ha affermato.
La nuova Presidenta ha ben chiare le priorità che intende sostenere nel corso del suo mandato: la dignità, i diritti, l’esempio delle Istituzioni, devono essere gli imperativi costanti per la costruzione dell’immediato futuro del nostro Paese, nel quale il rinnovamento si potrà definire effettivamente compiuto, quando «le donne saranno messe al centro della società, perché quella sarà la vera rivoluzione culturale».
Date queste premesse di alto contenuto politico, peraltro appoggiate da un gran numero di onorevoli, maschi e femmine, alla destra e alla sinistra dell’emiciclo, inclusi i grillini, a moltissimi è apparsa contraddittoria la scelta dei Dieci Saggi (uomini, oltretutto attempati) operata dal Capo dello Stato.
Si è trattato di un’involontaria retromarcia, causata dalla concitazione dei tempi con cui Napolitano ha dovuto fare i conti, per ovviare all’emergenza oggettiva di stabilizzazione nazionale. Eppure, nonostante le giustificazioni accordabili, la sua azione ha suonato francamente come un autogol. La nostra Italia annovera un ampio elenco di donne sagge. Peccato nessuna sia stata chiamata. Ora ci attende un’altra prova del fuoco: l’elezione alla Presidenza della Repubblica. La partita è aperta. I presupposti per una candidatura femminile sono fondati e attendibili. Il nome di Emma Bonino, per esempio, corre di voce in voce. Speriamo che anche la volontà di “cambiamento”, così condivisa e incoraggiata dai recenti “ravvedimenti” di Palazzo (escluso l’ultimo menzionato), non venga elusa.
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