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Le donne nella Riforma del Lavoro

Le donne nella Riforma del Lavoro

"L'equità di genere"

Domenica, 01/04/2012 - Alla recente riforma del lavoro, ultimo prodotto del governo tecnico, va senz’altro riconosciuto un merito importante, che mira a forgiare una nuova mentalità, di genere, la cui parola chiave è condivisione, delle responsabilità, degli oneri.

Ma entrando subito nel merito, tra i punti cruciali che la riforma cerca di dipanare vi sono: le dimissioni in bianco, l’introduzione dei voucher per il servizio di baby-sitting il potenziamento dell’accesso delle donne alle posizioni di vertice ed il congedo di paternità.

Relativamente alle dimissioni in bianco sono state istituite, tra l'altro, alcune norme aggiuntive a tutela delle donne lavoratrici, come ad esempio la possibilità delle parti di rivolgersi al servizio ispettivo del Ministero del Lavoro per la convalida. Inoltre, qualora sia rilevata la pratica delle dimissioni in bianco, esse saranno da considerarsi dimissioni discriminatorie con tutte le conseguenze del caso, amministrative ed eventualmente penali.

Il secondo punto prevede invece la possibilità di pagare le baby-sitter con dei voucher, erogati dall’INPS in base all’ISEE familiare e sostitutivi del periodo di congedo facoltativo di maternità.

Il terzo punto comprende l’approvazione del regolamento che definisce termini e modalità di attuazione della disciplina delle cosiddette “quote rosa” alle società controllate da pubbliche amministrazioni.

Infine il congedo di paternità obbligatorio: 3 giorni per il padre lavoratore usufruibili entro i 5 mesi dalla nascita del figlia/o.



Alcune brevi considerazioni in merito a questi punti relativi a come supportare la permanenza delle donne nel lavoro.

Il contrasto delle dimissioni in bianco fa tirare un sospiro di sollievo (sempre in teoria naturalmente) poiché sembra che la donna lavoratrice potrà avere più strumenti di rivalsa su un datore di lavoro irresponsabile, sarà cioè meno sola ad affrontare il ritorno al lavoro dopo aver dato alla luce una/un futura/o contribuente alla pensione di quel datore di lavoro tanto cinico (e poco lungimirante) da volerla mandare via perché neomamma.

L’erogazione dei voucher è un palliativo, se si rimane al periodo previsto, vale a dire 11 mesi dopo la maternità obbligatoria, poiché oltre quest'arco di tempo certo il bambino non avrà acquisito le abilità e le competenze necessarie per cambiarsi i pannolini o prepararsi da mangiare, figurarsi per restare da solo. Rimane certo un aiuto, se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno, come d'altronde occorre auspicare per le "quote rosa".

Ed infine, dulcis in fundo, il congedo di paternità, tre giorni, consecutivi ed obbligatori certo, ma tre miseri giorni, sono una goccia in un oceano, un granello in tutti i deserti del mondo, insomma un po’ poco. Ma forse questi tre giorni sono da leggersi tenendo presente la parola chiave, condivisione. Forse tre giorni sono l’inizio della condivisione del ruolo dei genitori. Forse intendono suggerire che si può, e si deve, essere genitori in due. Forse vuole indicare che, il permesso di paternità, nulla toglie alla mascolinità dell’individuo, ma anzi l’aumenta. Forse tre giorni vogliono cercare di grattar via la patina di gretto maschilismo, quello della peggior specie, sotto cui si annidano pregiudizi di antica data. E se tutti questi forse hanno una risposta affermativa ben vengano i tre giorni e tutte le altre riforme sussurrate.

Se l’obiettivo finale è il cambiamento, la condivisione è senz’altro la strada.



Piera Francesca Mastantuono

(1 Aprile 2012)

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