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Le donne fanno storia - di Anna Maria Spina *

Le donne fanno storia - di Anna Maria Spina *

Mobilitazione per Sakineh, la donna iraniana condannata alla lapidazione. La difesa di Carla Bruni, definita 'prostituta italiana'

Giovedi, 02/09/2010 - Condannata a morte Carla Bruni, definita la “ PROSTITUTA ITALIANA” che ha scritto nella lettera a Sakineh "Versare il tuo sangue, privare i tuoi figli di una madre? Perché? Perché hai vissuto, perché hai amato, perché sei una donna, un’iraniana? Ogni parte di me rifiuta di accettare questo".

NO non accettiamo, SI’siamo tutte prostitute.

L’opinione pubblica internazionale si mobilita per salvare la vita a Sakineh Mohammadi-Ashtiani.

L’Italia espone la gigantografia di Sakineh sul Palazzo del Ministero delle Pari Opportunità.

Da ogni parte si stanno moltiplicando petizioni e richieste ufficiali a Teheran per salvarla.

La Francia esorta l'Ue a minacciare sanzioni contro l'Iran se Sakineh verrà lapidata, e chiede all'Alto rappresentante dell'Unione Europea Catherine Ashton, che venga inviato un messaggio comune dai 27 Paesi Ue all'Iran per salvare la donna. Stati Uniti e il Brasile, le hanno offerto asilo per tentare di salvarle la vita.

Salvarla, sì il minimo, per quale vita però? Sakineh è stata condannata nel 2006. La pena è stata confermata nel 2007 dalla Corte Suprema iraniana. Sakineh afferma di essere stata costretta a confessare, e frustata, secondo la denuncia di Amnesty International. Oggi otto donne e tre uomini si trovano attualmente nei bracci della morte del paese, in attesa della lapidazione. La lapidazione resta in vigore, in diversi paesi o regioni, tra cui, oltre all'Iran, l'Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti, la Nigeria, il Pakistan, il Sudan e lo Yemen. La lapidazione può anche essere introdotta come è successo in Indonesia nel 2009.

Le pietre non devono essere così grandi da far morire, in questo caso la condannata, lanciandone solo una o due, ma non devono nemmeno essere così piccole da non essere pietre.

Chi scaglia le pietre dunque avrà diritto a tutto il tempo necessario a scegliere la pietra “giusta” per far soffrire tanto e a lungo.

Secondo Amnesty lapidazioni vengono eseguite anche da attori non statali.

Anche da noi avvengono esecuzioni private, poiché questo è il femminicidio, esecuzione capitale senza processo, per mano di uomini, per capriccio, in casa o in macchina preferibilmente, per infliggere sofferenza e guardarle.

Dolori d’amore? Tradizione culturale? Atto di fede?



STOP FEMMINICIDIO

Il FEMMINICIDIO è la summa teologica delle tante violazioni dei diritti universali dell’umanità, che ovunque alle donne capita di subire.

L’ONU si assume la responsabilità di definire lo stupro crimine di guerra? E il FEMMINICIDIO?

La dimensione di genere, che nella violazione di questi diritti è da considerarsi cruciale, deve essere considerata punto cardine dei diritti universali dell’umanità.

Nel 2008 il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha votato all'unanimità la risoluzione 1820 che definisce lo stupro "un'arma di guerra, un crimine di guerra e contro l'umanità". Si impone "l'immediata e completa cessazione" di "tutti gli atti di violenza sessuale contro i civili" e "l'adozione immediata di misure per proteggere i civili, comprese donne e bambine, da tutte le forme di violenza sessuale".

Ora occorre una analoga risoluzione circa esecuzioni capitali e torture di ogni tipo alle quali vengano sottoposte le donne in quanto tali, sia in condizioni di evidente conflitto bellico, sia in condizione presunte di pace.

Poiché la pace deve valere per tutti, donne e uomini, negli eserciti come nelle case.

Poiché non si potrà più affannarsi per il raggiungimento di un empowerment femminile nascondendo alla vista e alle coscienze il grave pericolo di morte che incombe sulle donne.

Ma la vita delle donne prima di tutto deve essere garantita, come recita l’articolo 3 della dichiarazione : ogni persona ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza.

Ma questo non sarà possibile finché sarà ammesso che la libera scelta di un amore di donna possa essere considerato delitto, e la pena la morte.

E finché la tortura di una donna sarà concessa perché donna, anche in presunte condizioni di pace, in questo nuovo mondo nel quale le guerre non vengono più dichiarate e la maggior parte delle violenze è diretta contro la popolazione civile, e le peggiori atrocità contro i non combattenti ma soprattutto le non combattenti, e non vi sarà un nuovo patto di rispetto fra donne e uomini in nome della perpetuazione dell’umanità, non si potrà dire o presumere di aver fatto il nostro dovere di esseri umani capaci di amore e giustizia.

Una gigantografia di Sakineh su un palazzo governativo a Roma vuole esporne l’immagine di questa donna per salvarle la vita e per testimoniare l’esecrazione di un paese per chi vuole invece annientarla. Così questa vita o morte di donna entra a pieno diritto nella Storia degli uomini e delle donne, lei, una per tutte, le vittime della cronaca giornaliera.

Lo stesso paese che vede a braccetto, nello stesso momento, il proprio rappresentante e l’uomo avvolto nel mantello, fra feste sardanapaliche, queste sì spudorate nel mentre che le famiglie vengono cacciate dalle case di cui non riescono più a pagare i mutui, gli uomini perdono il lavoro e le donne ancor di più.

E attraverso la tv assistiamo impotenti e attoniti a presunte e superpromozionate conversioni di giovani donne, prescelte o acquistate da quel tipo d’uomini, coloro che non scherzavano quando si autodefinivano “utenti finali”.

Sempre la tv, quella in cui Sakineh fu costretta a confessare quella che non può essere chiamata colpa.



* UDILab Monteverde

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