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Le donne fanno bene alla politica?

Le donne fanno bene alla politica?

Senato/ A porte aperte - Prodi ne è convinto e raccoglie consensi tra le parlamentari dell'Unione, che però avvertono, "non si tratti solo di fare una 'foto di gruppo con signora'

Federica Lupparelli Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2005

Le donne fanno bene alla politica? Romano Prodi ne è convinto, al punto da scegliere proprio questa frase per un suo intervento sulle colonne dell'Unità che, alla fine dello scorso gennaio ha segnato il suo rientro a tempo pieno sulla scena politica italiana. Una frase accolta come una boccata d'ossigeno dalle donne che nella politica sono impegnatissime, le parlamentari della sua coalizione, ma anche parole, quelle di Prodi, in fondo attese come il segnale di una nuova partenza. Perché se è vero che l'assenza delle donne nella politica italiana è ormai una malattia cronica della nostra democrazia, oggi, la vigilia di un appuntamento elettorale importante come le regionali e la preparazione della competizione per le politiche nel prossimo anno, fa di questo tema una scommessa, una sfida da vincere.
Una scommessa cruciale secondo Valeria Ajovalasit, presidente di Arcidonna, che ha voluto denunciare questa cronica e vistosa assenza. Proprio a Prodi, la presidente di Arcidonna aveva manifestato grande preoccupazione: ''Se il dibattito politico per il voto di aprile e per le prossime elezioni nazionali e' quello che abbiamo visto finora possiamo dare le donne come genere a rischio di estinzione negli organi di governo del Paese e delle Regioni d'Italia. Una maggiore presenza femminile nella politica e nelle istituzioni e' invece fattore indispensabile per l'evoluzione del Paese nel suo complesso''.
Romano Prodi aveva già risposto, sull'Unità, appunto, con sei parole sei, per dire, semplicemente, che “le donne fanno bene alla politica”.
“Il grande deficit di democrazia che l'assenza delle donne a tutti i livelli, politici e istituzionali del nostro Paese, pone, mi è ben presente”, scrive Prodi, proponendo un confronto diretto con le donne per definire ‘linee’ e ‘regole’ della partecipazione.
“L'esperienza che ho vissuto in Europa – spiega un passaggio dell’articolo - mi ha permesso di verificare ulteriormente che l'Italia è davvero agli ultimi posti in termini di rappresentanza femminile nei luoghi della politica. Il rilevante ruolo delle donne nella Commissione che ho guidato e la significativa presenza di donne nelle istituzioni di molti paesi della Comunità con i quali ho avuto relazioni, mi hanno ulteriormente insegnato non solo a lavorare con le donne ma a valutarne fino in fondo capacità e saperi. Non posso dimenticare l'incontro con la commissione dell'Unione dei Paesi Africani della quale facevano parte un eguale numero di donne e di uomini mentre le nostre proporzioni erano ben diverse. Erano questi i pensieri che avevo in testa quando, al Palalido di Milano, l'11 dicembre scorso, ho auspicato che l'Italia si desse finalmente una «mano di rosa”.
Linee e regole per dare realtà e sostanza, immaginiamo al contributo femminile, che il leader bolognese definisce portatore di un ‘punto di vista privilegiato’, per farlo diventare vero e centrale, senza stratagemmi ed escamotages".
“Vorrei – dice esplicitamente Prodi - che si evitassero le «disperate soluzioni dell'ultimo minuto» in cui spesso si cerca, affannosamente, una donna da mettere in lista, in giunta o al governo”.
Un’apertura importante, insomma, che non ha stupito la diessina Livia Turco. “Potrebbe essere la volta buona – ha commentato la dirigente della Quercia, per consentire alla politica di “attingere al sapere delle donne. 'Sono soddisfatta di questa iniziativa che da lui mi aspettavo perche' quando ero al governo ho potuto apprezzare la sincera attenzione per tutto quello che attiene alla vita delle persone, delle donne''.
“Veramente un bel segnale”, l’intervista del leader dell’Unione, che per la sua Fabbrica del programma ha detto di volere molte presenze femminili, anche per Rosy Bindi, responsabile Welfare della Margherita.
'Una fabbrica del programma – questo il commento dell’ex ministro della Salute - piena
di donne è un buon inizio e sarebbe un bel segnale se Prodi, oltre ai segretari di partito, incontrasse anche noi, visto che le donne che hanno responsabilità nei partiti non sono molte.
Ma il problema – incalza la Bindi - rimane proprio all'interno dei partiti. E' lì
che bisognerebbe iniziare a dare più spazio alle donne. A livello istituzionale -spiega- siamo sì minoritarie, però qualche segnale c'è, ogni tanto qualche donna appare. Resta da correggere la configurazione dei nostri partiti politici''.
Magari con le vecchie e famigerate quote che, secondo la parlamentare toscana, “potrebbero essere applicate 'nei partiti, a tutti i livelli. Ma quando parlo di quote -avverte- parlo del 50% non meno''.
Bene le quote, per raggiungere il risultato, anche per la Turco, che però osserva : è possibile che non ci sia una donna a cui far riferimento, a cui gli uomini della politica devono qualcosa?
Ci sarà mai una volta in cui uno dei massimi dirigenti del centrosinistra si riferisca al lavoro svolto da una donna? Ma cosa deve fare una donna per essere ascoltata?''.
E, infine, si dice convinta, che “se ci fossero più donne in politica, forse ci sarebbe meno teatrino”.
Loredana De Petri, senatrice, fa parte della presidenza del gruppo dei Verdi, ammonisce contro il rischio maggiore, quello che le donne si allontanino in modo definitivo dalla politica che non le rappresenta più e in cui non si riconoscono, per rassegnazione. "Anche se sono sempre stata contraria alle quote, oggi riconosco che c'è un problema assoluto di regole. Va affrontato, perché non stiamo parlando di un problema delle donne, ma di una questione di democrazia, di cattiva rappresentanza. Anche le quote, del resto, non sono una soluzione ma un correttivo, una stampella cui si ricorre in situazione di emergenza. Sono una donna di partito e conosco i meccanismi di partito e bisogna riconoscere che spesso non facile per le donne trovare uno spazio. Cambiare pagina è necessario, anche perché oggi più che mai le politiche del governo della destra pesano proprio sulle famiglie e sulle donne. C'è, tra le donne, una grande stanchezza, si tocca con mano, sta a noi evitare che diventi rassegnazione.
"La democrazia cresce - secondo la senatrice Albertina Soliani, della Margherita - quando riconosce soggetti attivi nella società. Le donne lo sono da molti decenni. E' questo il senso del messaggio che Romano Prodi ha lanciato dalle colonne dell'Unità, sottolineando la necessità di non arrivare a soluzioni dell'ultimo minuti, per coinvolgere poche donne nella vita politica e istituzionale del Paese. E' nell'interesse di tutti compiere uno sforzo congiunto e trasversale per approvare in fretta il disegno di legge, da troppo tempo fermo in Senato, che introduce un nuovo principio di rappresentanza femminile nella Costituzione. Un principio necessario a migliorare il destino comune di donne e uomini, consapevoli che insieme si vive e insieme si assumono le decisioni nei luoghi della vita personale e familiare, ma anche nei luoghi in cui si assumono le decisioni per l'intera società".
Cinzia Dato, senatrice, è collega di gruppo della Soliani e firmataria con Giuliano Amato di un disegno di legge per riequilibrare la rappresentanza politica di uomini e donne nelle istituzioni. Un progetto ora fermo nella prima commissione di Palazzo Madama, che tuttavia ha avuto il grande merito di porre la questione in Parlamento in termini concretissimi: fare sì che al momento della formazione delle liste elettorali, ogni sesso non possa essere presente "in misura superiore ai due terzi".
"Credo - dichiara la senatrice - che la questione riguardi l'intero paese perché si tratta di una battaglia tra esclusi ed inclusi non tra uomini e donne, nell'ottica di un progetto di rinnovamento della politica. Non c'è crescita economica senza sostegno all'occupazione femminile, né buon funzionamento della democrazia con questo deficit di rappresentanza. Se ci crede, Prodi promuova questa proposta di legge che è pronta al varo: non basta la buona volontà di pochi, abbiamo bisogno di una legge per tutti. Su questi temi ho scritto al presidente Ciampi, da sempre sensibile alla questione".
Anna Donati, senatrice dei Verdi, si dice convinta della necessità di una più forte presenza femminile in politica, "ma ad una condizione", sottolinea. "Vale a dire che, a fronte di un necessario incremento della presenza femminile, corrisponda una effettiva possibilità per le donne di condizionare la politica attuale. Penso ad una politica come spazio di idee e proposte, di dialogo e rete fra diverse parti della nostra società, un luogo partecipato capace di individuare soluzioni credibili e concrete. Senza questa contaminazione femminile della politica, avremmo solo qualche inutile 'foto di gruppo con signora'".
E direttamente a Prodi, infine, dal palco del Congresso dei DS, si è rivolta Barbara Pollastrini, deputata e coordinatrice delle diessine. "Prodi a Milano, di recente, ha detto di voler 'tingere di rosa' la politica. Il nostro Congresso ha già dato una bella mano. Noi diessine - ha detto la Pollastrini parlando ad una platea di delegati composta per il 40% di donne - portiamo un bagaglio rimesso a nuovo in questi anni con l’aiuto della società. Lo chiamiamo New deal delle donne come New deal del Paese. Alla precarietà del lavoro delle donne praticata dalla destra contrapponiamo l’idea che crescita, quella riscossa di cui parliamo, hanno bisogno di un piano mirato e di lungo periodo, un vero e proprio master plan, per l’occupazione femminile. Più lavoro a partire dal sud, più qualità, più tutele, più formazione. Più diritti a partire dall’eguaglianza nei salari e negli stipendi. Alle prediche sulla denatalità e la famiglia rispondiamo con quattro parole: diritti, servizi, autonomia economica delle donne, conciliazione. Alla destra che ci vorrebbe in casa contrapponiamo uno stato sociale di forti politiche pubbliche integrate. Un welfare dell’inclusione".

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