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Le donne di Albano Laziale dicono NO alla chiusura dei consultori pubblici

Le donne di Albano Laziale dicono NO alla chiusura dei consultori pubblici

L'Associazione Culturale Onlus “8 Marzo” ha tenuto un’Assemblea pubblica per dire NO alla legge che cancella i Consultori familiari pubblici. Il confronto politico sulla proposta di Legge Regionale presentata dal Centrodestra al Consiglio Regionale

Lunedi, 22/11/2010 - L'Associazione Culturale Onlus “8 Marzo” ha tenuto un’Assemblea pubblica per dire NO alla legge che cancella i Consultori familiari pubblici. Il confronto politico sulla proposta di Legge Regionale presentata dal Centrodestra al Consiglio Regionale del Lazio, si è tenuto Venerdì 19 novembre 2010 alle ore 16.00 presso la Sala formazione di Palazzo Savelli.

Numerosa la presenza dei cittadini ma soprattutto delle cittadine di Albano Laziale che sentono forte il dovere di mantenere in vita i Consultori pubblici del Comune di Albano. Ha introdotto Loredana Massaro dell’ Associazione “8 Marzo”. Sono intervenuti: Luisa Laurelli, Casa Internazionale delle Donne, Tiziana Bartolini, Direttrice Rivista “Noi Donne”, Tonino D’Annibale, Consigliere Regionale PD e Vicepresidente Commissione Sanità Regione Lazio, Giulia Rodano, Consigliere regionale IDV, Gabriella Sisti, Commissione Servizi sociali Donne dell’A.N.C.I. – UDC, Alessandra Zampetti, Federazione della Sinistra, Ada Scalchi, Pari Opportunità Comune di Albano Laziale.

Hanno dato il loro apporto: L’Assemblea delle Donne dei Consultori di Albano Laziale, gli operatori dei Consultori della RmH e le Organizzazioni sindacali.



La proposta di legge regionale n.21 abroga la legge istitutiva dei Consultori familiari nella nostra Regione (legge regionale n.15/76) e ne snatura completamente ruolo e funzioni. L'Associazione culturale “8 Marzo” ormai da molto tempo è impegnata sul territorio per difendere i diritti delle donne attraverso la cultura, è convinta che solo facendo cultura i problemi siano risolvibili, nessuna legge sarà mai una legge efficace se non sarà supportata da un entroterra culturale fatto di “sentire comune”, di condivisione e dibattito, di scambio, reciprocità e soprattutto di solidarietà. La proposta di riforma sui consultori familiari è in questo senso una legge violenta, perché mina alcuni diritti inviolabili della persona sanciti dalla Costituzione Italiana come l’art. 13 La libertà personale è inviolabile, l’art. 31 La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo e l’art. 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti.



Gli onorevoli Giulia Rodano e Tonino D’Annibale sono d’accordo sul fatto che la legge “va immediatamente ritirata” e appoggeranno e sosterranno ogni forma di lotta e protesta, peraltro già partite nei Castelli Romani. “L’attacco all’attuale legge sui consultori familiari – ha dichiarato l’onorevole Luisa Laurelli – va inserito in un attacco più generale che in questi anni è stato fatto contro i diritti delle donne. Le donne oggi non solo devono pensare a difendere quanto credevano di aver ottenuto una volta per tutte, ma devono anche riconquistare spazi e ruoli che non possiedono più e che minano la loro libertà personale e di decisione, questa è una battaglia soprattutto culturale che deve trasformarsi in una più ampia rivendicazione politica”.

L’Assemblea delle Donne del comune di Albano, di cui si fa portavoce l’Associazione “8 Marzo” più le Pari Opportunità del Comune di Albano si impegnano fin d’ora per chiedere l’approvazione in Consiglio comunale di un ordine del giorno che respinga nella maniera più categorica l’abrogazione della L.R. 15/76 così come vuole il centrodestra e chiederà inoltre l’audizione alla Commissione regionale Servizi sociali e Sanità anche nella prospettiva di potenziare anche i consultori già esistenti.



E’ bene ricordare quali servizi erogano i consultori familiari per capire quanto importante sia la protesta delle donne:

Informazioni e consulenze per la procreazione responsabile;

Prescrizione di contraccettivi;

Consulenza psico-sessuale;

Informazione per la prevenzione dei rischi genetici e per il controllo della gravidanza a rischio;

Informazioni sulla sterilità della coppia;

Procedure per l’interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.);

Supporto medico e psico-sociale (anche per i minorenni);

Prevenzione dei tumori;

Monitoraggio della gravidanza e corsi di preparazione alla nascita;

Ecografie;

Consulenza psicologica con sostegno psico-terapeutico;

Psico-diagnostica per l’età evolutiva;

Procedure per l’espletamento delle pratiche di adozione (nazionali e internazionali);

Affidamento familiare dei minori;

Interventi sociali sul territorio per la prevenzione del disagio giovanile, della coppia e della famiglia;

Prevenzione dei fenomeni di maltrattamento e abuso sessuale a danno dei minori;

Richiesta dei test HIV.



Entriamo ora nello specifico: la proposta di legge regionale n.21 abroga la legge istitutiva dei consultori familiari nella nostra regione (legge regionale n.15/76) e ne snatura ruolo e funzioni. Subito in apertura si afferma che il consultorio deve “vigilare” sulla famiglia e la parola evoca le forze dell'ordine e non ci piace, avremmo preferito “promuovere” o “proteggere” o “tutelare”. Come dovrebbe “vigilare”?

- art. 1 trasformando i consultori in istituzioni ideologizzate con il compito di “promuovere i valori della famiglia tradizionale fondata sul matrimonio” e “tutelare la vita fin dal concepimento”, quindi il “concepito” lo si dà già come “membro della famiglia” (che deve essere “tradizionale”) a tutti gli effetti, superando in tal modo lo scontro e il dibattito scientifico non ancora concluso su tali temi e abbracciando appieno una delle due tesi e facendo mancare così alla legge il suo connotato di imparzialità

- art. 2 prevedendo la presenza nei consultori di “associazioni” e “rappresentanti di associazioni” che si richiamano ai “valori” di cui sopra, naturalmente previo finanziamento “pubblico” ad associazioni “private”

- art. 3 i consultori oltre pubblici saranno anche “privati senza scopo di lucro” e “privati a scopo di lucro”

- art. 13 ostacolando la libertà di scelta della donna che, se si rivolge al consultorio per un’interruzione di gravidanza, è obbligatoriamente messa in un percorso in cui si tenterà dapprima di “dissuaderla” e poi si “verbalizzerà” la sua decisione, che sarà obbligata a comunicare alla struttura

- cancellando la funzione di tutela della salute riproduttiva e sessuale, e di educazione alla contraccezione (che sappiamo bene essere l’unica vera forma di prevenzione dell’aborto)

- mortificando la professionalità degli operatori e delle operatrici che si vedranno affiancati da soggetti esterni, personaggi dalla dubbia preparazione come per esempio l'antropologo della famiglia e della persona (art. 10), figura che non si è mai sentita nominare nelle università italiane, e la cui attività dovrà essere valutata da un “comitato bioetico” (art. 26) e anche in questo caso la bioetica è una disciplina che sfugge a sistematizzazioni scientifiche certe e che soprattutto a partire dagli anni novanta ha ricevuto numerose critiche sul suo agire e dubbi sulla possibilità di dare risposte definitive su valori morali.



Veniamo ai consultori di Albano Laziale e dei Castelli Romani che risentono delle stesse problematiche che ci sono in tutta Italia e quindi sedi inadeguate, sedi che non hanno parcheggio, difficoltà a raggiungerle, barriere architettoniche, servizi dislocati sulle due sedi Albano e Pavona e quindi l'obbligo di servirsi dell'una o dell'altra struttura per prestazioni diverse, sottorganico strutturale e dunque molteplicità di ruoli e carichi di lavoro pesanti per chi si trova in servizio e di conseguenza impossibilità di dare prestazioni sanitarie e servizi soddisfacenti, solo il 20% della popolazione si serve dei consultori di Albano Laziale, ciò significa che su 100 persone, 80 si rivolgono a strutture a pagamento e solo 20 a un servizio che dovrebbe essere gratuitamente accessibile a tutti, finanziamenti economici incongruenti e da ultimo, ma invece per primo, nasce a Marino un “quasi” consultorio (lo si chiama “ambulatorio ostetrico”) per soli cittadini e cittadine straniere perché, e cito dichiarazioni raccolte su giornali anche online: “perché spesso le donne immigrate, provenienti da culture diverse, hanno un approccio diverso alla maternità e non sempre sono consapevoli dei diritti di tutela alla salute del nostro paese, specie se irregolari.” E adesso vediamo: che cosa c'è di diverso tra una donna nata a Roma da una donna nata in Afghanistan, in Bosnia, in America, in Pakistan quando si è in gravidanza? quando ci si prepara al parto? quando viene alla luce un bambino? quando la paternità vuole essere responsabile? quando c'è povertà e si cercano da qualche parte aiuti economici? L’assistenza non è né laica né cattolica, né islamica né americana, né di destra né di sinistra, l'assistenza deve essere sempre e solo assistenza.



E siccome pensiamo che l'attacco ai consultori è un problema innanzitutto culturale allora è necessario che donne e uomini, cittadine e cittadini, allarghino l'orizzonte e inseriscano questo attacco ai consultori all'interno di un attacco più generale ai diritti delle donne, degli uomini, della famiglia come le discriminazioni di genere sul lavoro, le quote rose, la prostituzione, il velinismo e le escort, gli stereotipi di genere, la nudità del corpo delle donne a scopi pubblicitari, il sostegno economico, la maternità e la paternità salutate come opportunità di crescita personale, professionale, istituzionale, la maternità e la paternità protette da leggi a tutela degli individui, gli asili nido, la formazione e la crescita dei nostri figli, l'adeguamento delle leggi italiane alle normative dei più avanzati paesi europei, come Germania, Francia, Spagna, e soprattutto Svezia.





di Loredana Massaro

Associazione culturale onlus “8 Marzo”

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