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Le donne di Agorà riaccendono le strade di Roma

Le donne di Agorà riaccendono le strade di Roma

La compagnia femminile Naufragarmèdolce, il tour nelle strade di Roma fino al 30 settembre. L'intervista alla cantautrice e ricercatrice Lucilla Galeazzi

Mercoledi, 21/09/2016 -
In una città che sembra trattenere il respiro, sospesa in un clima di incertezza e confusione c’è un gruppo di donne – con qualche preziosa eccezione maschile - che prova con la cultura a riaccendere le piazze, anche quelle più nascoste. Agorà è infatti il nome del festival curato dalla compagnia il NaufragarMèDolce che già dal 10 settembre fino alla fine del mese animerà le strade di Roma, dal centro alla periferia, in un movimento contrario che vuole portare a scoprire attraverso la musica, la parola e il teatro, anche le zone meno conosciute della capitale.



Sfogliare il programma di queste intense giornate rimette aria nelle speranze di un’offerta culturale che pare appannata, non sembri un caso che a guidare l’impresa siano quasi tutte donne. Finanziata dal Comune di Roma Capitale e con i fondi 8xmille della Chiesa Valdese, la rassegna quest'anno si muove tra viaggio, scoperta, incontro di culture, ritmi e personaggi, dando al teatro il ruolo fondamentale di strumento di conoscenza, impegno sociale e arte. Agorà come una piazza di tanti mondi nel quale affacciarsi dal nostro. Non salotti o palcoscenici di élite, ma cortili, strade ed un anfiteatro che si allarga nel cuore di Pietralata (via Bombicci). La scelta dei luoghi a mostrare la volontà di muoversi e ripercorrere il viaggio dei testi, delle parole e dei temi nei passi degli spettacoli e delle attrici che li portano in scena. A guidare il percorso donne eccezionali, come la madrina e protagonista del primo spettacolo, “La Nave a vapore”, Lucilla Galeazzi, voce e anima folk del nostro paese; con lei, Rita Superbi, fondatrice del Gruppo Taiko - unica formazione in Italia tutta al femminile - artista di fama internazionale nella tecnica del tamburo giapponese (Taiko); Chiara Casarico e Tiziana Scrocca, attrici, autrici e registe sono invece le fondatrici del NaufragarMèDolce.



I primi a conoscerle sono stati sei rioni (Parione, Pigna, Monti, Campitelli, Trastevere, Campo Marzio) protagonisti nelle “Schegge di Agorà”: brevi performances itineranti, narrazioni che si alternano a improvvisazioni clown realizzate dai pochi valorosi uomini presenti nel gruppo, Daniele D’Arcangelo e Luca Refrigeri, coadiuvati da altri giovani attori, Jessica Bertagni, Consuelo Casu Di Gaetano, Danilo Turnaturi. Non inganni la scelta di luoghi centrali perchè da qui gli attori hanno invitato la cittadinanza a spostarsi verso Pietralata. Altri clown ma questa volta guidati da una donna, con Anna Rizzi e il Movimento Comico di “Clowniristan” - evento comico, eccentrico con personaggi vivacemente grotteschi che, ispirandosi ai clown di Fellini, trasforma gli spazi in quadri viventi inconsueti e surreali.



“Roma popolare: percorsi di altro turismo” è il titolo invece del viaggio proposto da Tiziana Scrocca con la collaborazione di Maria Chiara Russo, Jessica Bertagni, Consuelo Casu Di Gaetano e Danilo Turnaturi. L'idea è quella di attraversare i quartieri per ascoltare le loro storie narrate e apprese passeggiando per una Roma, quella popolare, che non vanta o esibisce monumenti ma cortili dove ancora il senso di comunità è vivo e si racconta agli spettatori passanti tra passato e presente, tra memoria letteraria e spaccati di vita. In piena continuità con la mission della compagnia, promuovere il teatro anche in luoghi non teatrali per restituire all'arte teatrale la propria originaria comunicativa e il senso di arte sociale, punto di aggregazione e di riflessione della comunità su se stessa. È qui che esploderà anche l’energia dei ritmi e delle vibrazioni dei tamburi giapponesi di Rita Superbi, accompagnata da Marilena Bisceglia e Catia Castagna, in “TAIKO KI (L’Energia del Tamburo)”, concerto-spettacolo di percussioni giapponesi che vuole essere un punto d'incontro tra più culture.



Donne che cantano, suonano, ballano, insieme, con forza e determinazione per dimostrare che insieme si può trovare un dialogo ed un modo diverso di spiegare, tradurre e rappresentare. Dalla Sicilia rappresentata da Rosa Balestrieri in “Rosadilicata” di e con Chiara Casarico per la regia di Emilia Martinelli e con le musiche dal vivo Roberto Mazzoli e Stefania Placidi. Una storia universale di emancipazione dalla violenza attraverso il canto. Per poi conoscere le “Figlie di Sherazade” di e con Chiara Casarico e Tiziana Scrocca con musiche originali di Rosie Wiederkehr (Agricantus) e Ruth Bieri: la storia vera di due giovani donne – Zoya, afgana nata a Kabul nel 1978 e Aisha, nata a Berlino nel 1981 da genitori turchi. Due punti di vista apparentemente divergenti che convergono in un unico desiderio: la speranza di un mondo migliore. Donna è anche l’eroina non più rassegnata ad un ruolo di passiva attesa nei “I Fili di Penelope” di e con Tiziana Scrocca con le musiche dal vivo Roberto Mazzoli, ri-scrittura dei personaggi omerici nella quale non solo Ulisse è il simbolo di un'umanità frantumata dall'orrore della guerra e dalla delusione della Storia.



Dal Sud al Nord con al centro Roma nelle sue contraddizioni, con meraviglie da scoprire e certezze da ricordare. Agorà è una piazza in cui riprendere il respiro per ricominciare il viaggio, certi che il percorso continuerà e ci sarà sempre una voce di donna a raccontare, spronare e condurre.

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Cantiamo alla piazza che l’umanità non è merce: intervista a Lucilla Galeazzi



Tra le voci di donne che animano il viaggio della rassegna Agorà c’è quella certa, forte e limpida di Lucilla Galeazzi, madrina sin dal primo anno della manifestazione. Cosa l’ha colpita di questo percorso, perché ha scelto non solo di partecipare ma anche di avere un ruolo di guida per questa iniziativa?

La cosa che mi ha sempre colpito di Agorà è la scelta degli spazi, che inevitabilmente significa la scelta delle persone. I nostri quartieri dormitorio della periferia/e dove le televisioni riempiono solitudini e tolgono la parola sono il disastro della società dei consumi. Pasolini lo diceva: il consumismo è il nuovo fascismo, io non ti vendo solo un oggetto, la moda, la macchina, ma condiziono l'intera tua vita per 24 ore al giorno, quello che devi fare, mangiare, vestire. Quindi alla fine condiziono i tuoi sogni, l'immaginario, i pensieri…



Ha portato in scena in apertura di Agorà lo scorso 19 settembre uno spettacolo - “La nave a vapore” - che vuole ricordare l’emigrazione che ha visto tra i primi a partire proprio noi italiani, come lo ha costruito, dove ha attinto per comporre il percorso di storie, suoni e canti?

Ho letto parecchi libri sull'argomento, moltissimi saggi e romanzi, ad esempio “Vita” della Mazzucco. E ho attinto ai ricordi di famiglia: i miei nonni arrivarono a piedi dalla Romagna per diventare operai alle acciaierie di Terni ma, naturalmente, anche il fiume di italiani partiti per le Americhe, e poi per l'Europa del Nord e poi successivamente per spostarsi dal Sud al Nord d'Italia vissero una epopea, un esodo dai contorni molto spesso tragici. Nella scala del disprezzo e dello sfruttamento negli Stati Uniti d'America gli italiani venivano subito dopo gli schiavi.



Nella sua storia professionale si è esibita con musicisti provenienti da tradizioni e paesi diversi: la musica, il canto possono diventare un linguaggio comune?

Sì, ho cantato con argentini, marocchini, zigani, orientali, americani, greci veramente con tanti musicisti provenienti da tutta l'area mediterranea e non solo. Più le genti s'incontrano, più si conoscono e prima lasciano cadere i pregiudizi! Ma ciò che fa crescere i pregiudizi è il numero: se in Italia domani arrivassero 1.000.000 di persone si diffonderebbe una paura terribile... le malattie, le case, il lavoro. Noi emigravamo in paesi dagli spazi giganteschi, al contrario noi siamo un paese piccolo e che invecchia. Se poi, alla naturale difficoltà di comunicare tra persone che vengono da differenti culture, lingue, abitudini, noi aggiungiamo la cattiva fede di chi guadagna a mettere l'uno contro l'altro, allora…



Nel suo ruolo raro e prezioso di ricercatrice ha conosciuto la nostra storia attraverso le parole e le note dei canti popolari, quale diversa prospettiva se ne può trarre su passaggi fondamentali come quello dell’emancipazione femminile?

Gli insegnamenti sono semplici: l'emancipazione della donna è cominciata quando il lavoro ha prodotto un reddito, cioè hanno avuto un salario da portare a casa. E lo si avverte nell'orgoglio delle mondine e delle operaie quando cantano le loro storie che, sebbene consce di essere sfruttate, non ci stavano ad accettare una vita senza un lavoro remunerato. Le contadine lavoravano 18 ore al giorno in famiglia ma il loro lavoro non era mai riconosciuto: era sempre dovuto al padre, ai fratelli, al marito.



Con i suoi spettacoli ha girato e continua a girare in Europa e non solo, cosa cambia nelle possibilità di portarli in scena e nell’accoglienza che ricevono?

I nostri canti e le nostre storie commuovono tutti, prima di tutti gli italiani ma anche gli altri: la diaspora di un popolo come il nostro (30.000.000 in 150 anni di unità nazionale) non può non colpire. Noi utilizziamo per ora il francese come seconda lingua perché siamo molto spesso presenti in scena in Francia, Belgio, Lussemburgo. Siamo state con uno spettacolo “Il fronte delle Donne” che abbiamo fatto in francese, in un bellissimo teatro lussemburghese, con grande successo.



L’Agorà è realmente un universale luogo di incontro così come pensato anche dalla compagnia di NaufragarMèDolce?

Sì, specialmente in tempi di globalizzazione come la nostra epoca. Anzi, proprio perché la globalizzazione tende ad appiattire e a mercificare tutto, vogliamo dire alla piazza che l'umanità non è merce e che la solidarietà deve diventare la strada del futuro.

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