Una risposta delle Istituzioni alle richieste della rete delle donne calabresi in merito al contrasto della violenza di genere ed ai centri antiviolenza.
Ha destato meraviglia la risposta data il 27 ottobre dalla Presidente della Commissione Regionale Pari Opportunità alle sollecitazioni provenienti da moltissime donne e associazioni femminili che nei giorni scorsi hanno inondato di mail e fax la Regione chiedendo l’attuazione della legge 20 del 2007 a sostegno dei centri antiviolenza.
Da lei, per la posizione istituzionale che riveste, ci si sarebbe aspettata – o almeno auspicata – totale solidarietà rispetto alle ragioni delle donne e dei Centri in difficoltà e non certo un ingiustificato attacco ai Centri, aggravato dal fatto che le circostanze invocate a pretesto dell’inazione della Giunta non hanno nulla a che vedere con l’applicazione della legge da parte della Regione.
La Presidente Cusumano ha spostato l’attenzione dall’inosservanza da parte della Regione dell’obbligo di attivare le procedure per erogazione di contributi a favore dei Centri antiviolenza a presunte irregolarità circa la mancata predisposizione, da parte dei Centri già assegnatari dei contributi, di relazioni e resoconti sulle attività svolte. I fatti riferiti sono però inesatti e assolutamente fuorvianti.
Vero è, invece, che l’emanazione del bando per finanziare le attività dei Centri antiviolenza è un preciso impegno che la Regione ha inteso assumere con la legge 20 del 2007, e al cui adempimento non può certo sottrarsi. Non solo, nel testo normativo vi è un espresso obbligo a concludere l’istruttoria dei progetti entro il 30 ottobre di ogni anno.
Ad oggi si proclama, nella nota della Presidente della Commissione Regionale Pari opportunità, solo la generica volontà “di sostenere azioni per realizzare infrastrutture dirette a migliorare le condizioni di vita di categorie svantaggiate”, nascondendosi dietro il dito della sensibilità al fenomeno della violenza ed alle politiche di genere, mentre invece, se la Giunta Regionale avesse bene operato, avrebbe dovuto già da mesi approvare il bando per la selezione dei progetti dei centri antiviolenza, e dunque concludere il procedimento proprio in questi giorni.
Solo ottemperando alle disposizioni normative si sarebbe consentita l’erogazione di prestazioni ad alta valenza sociale e favorita realmente l’azione sul territorio dei Centri antiviolenza, costretti invece, proprio a causa dell’inadempimento della Regione, a contrarre sensibilmente la loro attività o addirittura a chiudere le case d’accoglienza per mancanza di fondi, con grave nocumento anche per l’offerta al pubblico del servizio.
Il presunto ritardo nell’esibizione della relazione o dei rendiconti da parte di tutti i Centri antiviolenza che sono risultati negli anni precedenti destinatari del finanziamento, anche qualora fosse reale, non può essere certo preso a pretesto dalla Regione per omettere un comportamento dovuto. Il fatto grave è che si sia erroneamente ritenuto che le due attività fossero l’un l’altra condizionanti e che figure istituzionali, seppure animate dalle migliori intenzioni, pensino che l’azione dei pubblici poteri debba solo per questo paralizzarsi, anche a discapito di nuovi soggetti interessati a partecipare alla procedura selettiva. Si precisa, infine, che non sono ancora scaduti i termini per l’esibizione dei rendiconti e quant’altro e che, ancor prima della scadenza, alcuni Centri hanno fatto pervenire alla Regione la documentazione di rito.
Ma questo, come dicevamo, è del tutto irrilevante.
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