Martedi, 29/10/2019 - Un passo avanti per ridefinire la partecipazione attiva delle donne, per una società inclusiva eper garantire un futuro etico, visibile e sostenibile per tutti. Così le donne del Forum Nazionale delle Donne Africane che si è tenuto venerdì scorso 25 ottobre a Torino, per la sua seconda edizione, hanno commentato una giornata importante, ricca di conferenze, dibattiti e gruppi di lavoro che hanno garantito un ricco scambio di riflessioni e proposte per il futuro delle donne straniere in Italia.
Gli obiettivi indicati dall’agenda 2030 per la partecipazione attiva delle donne, sono stati richiamati dal Forum che ha messo al centro il ruolo dell’associazionismo femminile africano sul territorio nazionale e internazionale, come propulsore della presenza attiva delle donne immigrate a livello sociale, politico ed economico, antidoto a pregiudizi e stereotipi che le rendono invisibili all'opinione pubblica e politica.
«Le donne oggi si posizionano come protagoniste del cambiamento culturale e politico del nostro paese. - ha spiegato SuzanneMbiye DIKU ginecologa ed ostetricia di origine congolese, presidente dell’associazione TamTam d’Afrique e della Rete della Diaspora dell’Africa Nera in Italia (Redani) - per questo siamo chiamatea guardare l’associazionismo femminile africano comeluogo di promozione sociale, ambito dell’esercizio della democrazia partecipativa. L’associazionismo appresenta l’occasione per la definizione della nuova identità, costituisce strumento per la salvaguardia e la trasmissione della propria cultura e per la costruzione di rete».Le prime associazioni femminili africane sono nate intorno agli anni Ottanta ma tutt’oggi, sebbene le componenti “siano delle esperte in materia”, non solo delle volontarie, mancano di riconoscimento economico e sociale.
L’impegno attivo delle donne africaneè confermato dal percorso di preparazione del Forum con cui sono state incontrate numerose comunità del territorio piemontese. Le donne all’interno di associazioni e gruppi informali si occupano di accoglienza e orientamento, di iniziative per far conoscere la loro cultura e sono molto attive in progetti di cooperazione e di sviluppo nei loro paesi di origine. «Le donne che abbiamo incontrato – spiega Marie Jeanne Balagizi del Collettivo Donne Africane - sono anche consapevoli dell’importanza di fare rete per contribuire concretamente a ridefinire l’approccio agli ambiti dell’integrazione: da quello educativo, a quello dell’accoglienza, all’approccio dei servizi sociali e dell’inserimento lavorativo. Vogliamo fare passi avanti e la giornata delFORUM ha gettato le basi per una futura collaborazione con reti nazionali e internazionali di donne africane della diaspora. Dobbiamo essere forti e alleate per far sentire la nostra voce».
Se l’associazionismo femminile è un’importante palestra, oggi servono reti più ampie di donne capaci di agire su obiettivi concreti anche per superare l’ottica assistenzialista che tende a prevalere nell’approccio all’immigrazione: «ma è proprio questo il modo in cui le donne invece di acquisire nuove abilità, le perdono. E’ necessario piuttosto valorizzare le competenze e offrire loro le opportunità per poter progredire nel paese che le accoglie» è il messaggio a più voci del Forum. Le sfide sono molte, nel mondo del lavoro permangono la difficoltà di riconoscimento dei titoli di studio, la scarsa valorizzazione delle competenze e le poche possibilità di scelta nei percorsi professionali per migranti. Una soluzione potrebbe arrivare dalla registrazione europea e internazionale dei titoli di studio, mentre si dovrebbe ampliare l’offerta di corsi di formazione, non solo di livello basso come ''cameriera, badante...'' proposti abitualmente alle donne straniere senza tenere conto delle reali competenze di ciascuna.Inoltre,sarebbe importante garantire una miglior accesso alle informazioni da partedelle donne immigrate.
Empatia e mediazione sono le parole chiave individuate per quanto riguarda l’ambito del welfare, indispensabili per cogliere le differenti prospettive culturali nella gestione familiare e riuscire a dare risposte adeguate. Troppo spesso la non comprensione culturale innalza barrieree lascia le persone immigrate sole, in balia di reti poco affidabili. Il percorso d’integrazione richiede prima di tutto l’apprendimento della lingua e delle informazioni per il corretto utilizzo dei servizi. Due aspetti che non sempre sono facili per le donne, pressate in molti casi da una cultura che le condiziona e rendendo difficile la partecipazione ai corsi e alle occasioni di lavoro e socialità. Una proposta potrebbe essere quella di inserire più uomini nell’ambito della mediazione per riuscire a trattare il contesto familiare nell’insieme, dove spesso l’uomo e la sua famiglia esercitano pesanti controlli sulle donne.
«E se l’unione fa la forza - come ha ricordato Suzanne Bellnoun dell’OFAD - che con la sua associazione ha già percorso molta strada per la promozione dell’imprenditoria femminile delle donne africane della diaspora in Francia – dobbiamo lavorare in una rete e prendere parola. Non vogliamo che altri parlino e decidano per noi. Le donne africane della diaspora hanno una grande importanza nello sviluppo dei paesi africani, in quanto provvedono alla più alta percentuale di rimesse (il 55% delle rimesse ai paesi di origine è da parte delle donne) che sono investite a favore della salute e dell’educazione. Noi abbiamo lavorato perché queste energie si trasformino in progetti di autonomia e sviluppo imprenditoriale delle donne».
Nell’ambito della cooperazione è necessario, quindi, valorizzare il ruolo delle diaspore come comunità strutturate e competenti che possono fungere da collante con i paesi del sud del mondo. E’ indispensabile individuare progetti sempre più calati sulle reali esigenze dei paesi di origine ma anche abbandonare l’ottica assistenzialista. La cooperazione internazionale deve supportare percorsi di autonomia e sostenere l’imprenditoria delle donne è un investimento sicuro, perché le donne lavorano per lo sviluppo della loro comunità.
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