Giovedi, 17/11/2022 - Non è una riforma epocale, a beneficiarne potranno essere potenzialmente 129 donne (le attuali elette alla Camera) quando sono milioni le donne in Italia che non riescono a conciliare le esigenze di lavoratrici con quelle di mamme di bambini sotto l’anno di età, ma alla Camera la nuova norma è stata approvata all’unanimità e c’è chi esulta come l’attuale capogruppo di Forza Italia al Senato, Licia Ronzulli, che nel 2010 ruppe il tabù presentandosi a Strasburgo (a quei tempi era europarlamentare) con una bimba di poco più di un mese nel marsupio e che ora dice ”sulla conciliazione lavoro/famiglia le istituzioni che sono chiamate a legiferare devono essere di esempio”. Ed esulta la stampa di destra che titola “barriere superate” e “una Camera formato famiglia” sottolineando che a realizzare il giro di boa è stato un presidente della Camera leghista, Lorenzo Fontana, definito “reazionario, conservatore, cattolico oscurantista” e che invece è riuscito a svecchiare il regolamento quando Presidenti “progressisti” come Boldrini e Fico non ci erano riusciti.
La sinistra non disconosce la positività della iniziativa del presidente Fontana di far approvare dalla Giunta del Regolamento un ordine del giorno in tal senso che era stato presentato nella scorsa legislatura dalla deputata pentastellata Gilda Sportiello, ma fa presente che oggi, con la riduzione del numero dei parlamentari si sono liberati degli spazi che prima non c’erano e ovviamente si augura che questo sia solo un esempio per come si dovrà tener conto del problema per tutte le migliaia di mamme che lo vivono in Italia. Ma, oltre all’esempio dato, è utile un provvedimento che può riguardare solo le 129 donne parlamentari? Si, se si pensa che nel 1998 il primo Governo Prodi cadde per la mancanza di un solo voto e che a quel tempo il dito accusatore fu puntato su Irene Pivetti assente dall’Aula per maternità e sono presenti i casi (ostruzionismi, raffiche di verifiche dei numeri legali, fiducia...) in cui la presenza in Aula o no, anche per pochi numeri, fa davvero la differenza.
E al Senato cosa si pensa della nuova norma approvata dalla Camera, si pensa di seguirne l’esempio? Si, ma le Senatrici sorridono, al Senato si entra solo se si hanno più di 40 anni e allora non sono in molte a pensare ancora di mettere al mondo dei bambini. La senatrice Valeria Valente (Pd) dice “si, ma occorre affrontare i problemi con spirito pragmatico, se c’è la nessità allora si propone e si fa, altrimenti no” e ricorda che quando era deputata si mise a disposizione delle parlamentari mamme uno spazio per accudire i bambini piccolissimi, una sorta di asilo nido senza però assistenti e che non veniva mai utilizzato perché non vi si potevano in realtà lasciare i bambini da soli per andare in Aula o in Commissione per partecipare ai lavori. Anche le senatrici di destra Giovanna Petrenga dei Moderati plaude, come mamma e come nonna, e plaude Lavinia Mennuni di FdI che ricorda che negli anni scorsi, quando era Consigliera Comunale, si era molto avvalsa di uno spazio messo a disposizione in Campidoglio per le mamme di bambini piccolissimi. Quindi tutti d’accordo, anche Ilaria Cucchi, di Sinistra Italiana, sulla opportunità di conciliare lavoro e maternità per le parlamentari, ora si resta in attesa della messa in atto di misure previste dal PNRR come nuovi asili nido, aumento delle indennità di maternità e agevolazioni per le mamme che rientrano dal lavoro dopo la maternità, che riguardano milioni di donne e non solo 129 parlamentari.
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