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Le carte giapponesi di Anna Onesti, un ponte tra Italia e Giappone

Le carte giapponesi di Anna Onesti, un ponte tra Italia e Giappone

Le celebrazioni per i 150 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone

Venerdi, 28/04/2017 - “Se la carta occidentale sembra respingere la luce, quella cinese, o giapponese, la beve lentamente, e la sua morbida superficie è simile al manto della prima neve. E' una carta cedevole al tatto, e che si lascia piegare senza rumore. E' placida, delicata, leggermente umida. Somiglia alle foglie degli alberi”. Jun'ichiro Tanizaki, Libro d'ombra .

“ Si dice che la carta venga realizzata dalle persone, ma sarebbe meglio dire che è la benedizione della natura a produrre carta...chi studia la carta giapponese studia allo stesso tempo la profondità della natura”. Yanagi Soetsu, The Unknow Craftsman.

Le riflessioni di questi due grandi scrittori giapponesi ci aprono con leggerezza pensosa un piccola porta per entrare nel mondo delle carte giapponesi della pittrice Anna Onesti.

Anna ne aveva una profonda conoscenza già prima dei suoi due viaggi in Giappone, lavorando come Restauratrice e Conservatrice all'Istituto Nazionale della Grafica di Roma. Ancor prima del 1994, anno in cui vinse una borsa di studio della Japan Fondation e rimase due mesi in Giappone, esattamente ad Yoshino, dove ha potuto osservare e sperimentare di persona i procedimenti tradizionali per la fabbricazione della carta nella cartiera della famiglia Fukunishi ( il capofamiglia, il signor Hiroyuki è indicato dal governo giapponese come“ tesoro nazionale vivente” ). Mentre a Kioto, l'antica artistica capitale del Giappone, ha appreso le tradizionali tecniche di tintura della stoffa e ha conosciuto polveri, succhi e inchiostri di antica bellezza.

Ho scritto carte al plurale, e non carta, perché le più importanti tradizionali carte giapponesi sono varie e Anna ha imparato a conoscere con grande partecipazione emotiva il carattere preciso di ciascuna, tutte in ogni modo ottenute, con antichissimi procedimenti artigianali, dalla lavorazione di fibre vegetali estratte dalle piante di kozo, gampi e mitsumata.

Chi non ha visto Anna di persona lavorare nel suo studio – restare lì un' ora è per me ogni volta una sorta di avventura emotiva e intellettuale – potrebbe dire riguardo alle carte che “ se ne serve” per i suoi lavori, ma non è così. A sentirla parlare - ne esalta la morbidezza, la setosità, la lucentezza, la robustezza - e vedendone i gesti calmi, precisi che le toccano, le piegano si ha idea che ci sia una sorta di comunicazione fisica, sensuale fra l'artista e l'oggetto. Un oggetto vivo che viene dalla natura e che della natura conserva una vita remota. Per questo motivo Anna non può violentare le sue carte colorandole con sfacciati colori industriali, “piatti, privi di spessore e mancanti al proprio interno di qualsiasi oscurità”, ( rubo gli aggettivi dal libro “ Di tutti i colori “ di Alberto Boatto). Ma ha scelto di usare solo colori naturali: l'indaco, il guado, la reseda, la cocciniglia, la robbia, i fiori del castagno e le carte rispondono colorandosi in totale armonia.

Varie le tecniche di tintura usate a seconda dei risultasti che la pittrice desidera ottenere. Ricordo l' Itajimezome dove la carta è piegata e colorata solo sulle zone di piegatura ( tecnica usata per le 150 lanterne Di tre colori per i Centocinquanta anni dell'Unità d'Italia esposte in Italia, India e Australlia), lo Shiborizome dove la carta è immersa nei bagni tintori dopo averne legato alcune aree, il katazome, dove la colorazione avviene attraverso mascherine rese idrorepellenti grazie al trattamento della superficie con succo di cachi, o il Suminagashi, procedimento di marmorizzazione, nel quale la carta, adagiata nell'acqua, assorbe l' inchiostro su di essa fluttuante. Tecniche che non sono mai fine a se stesse, ma solo uno dei tanti modi con cui Anna trasfonde con preciso amore la poesia dei colori e delle forme sulla carta che li restituisce morbidi e mutevoli. Su questa base colorata- spesso in azzurro indaco- Anna dipinge strani segni di una misteriosa scrittura, fiori e foglie fantastici, conchiglie, alghe fluttuanti di un giardino degli abissi marini - e dell'anima femminile. La carta dipinta si trasforma poi in lunghi rotoli da appendere ( makemono) o da srotolare( kakemono ), in trittici, lanterne o ariosi aquiloni.

Qualunque opera, tra le tante create da Anna Onesti, cattura a lungo lo sguardo, si ha la sensazione di perdersi nei numerosi misteriosi segni tracciati sulle carte colorate. Non si dimenticano, ce li portiamo dentro nella vita quotidiana- spesso frenetica. Un intimo viaggio verso un'isola segreta, un luogo di meditazione al femminile.

Nel settembre scorso alcune delle sue originali creazioni sono stati esposte al Museo d'Arte orientale di Venezia in occasione delle celebrazioni dei 150 anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone, in contemporanea alla conferenza Tra le pieghe dei colori che la stessa pittrice ha tenuto sulle tecniche naturali di tintura delle carte e delle stoffe. Prossimamente dal 6 maggio al 4 giugno 2017, sempre per ricordare i 150 anni delle relazioni diplomatiche, alcuni lunghi makemono e numerosi aquiloni, tutti rispettosi delle forme tradizionali giapponesi- quadrati, losanghe, rettangoli ed esagoni- saranno esposti nel salone d'Ercole del castello di Racconigi. ( Il giorno dell'inaugurazione è stato chiesto alla pittrice di ripetere anche la conferenza Tra le pieghe dei colori.) Ancora una volta Anna Onesti, sarà ambasciatrice dell'incontro creativo moderno fra Italia e Giappone.

Maria Pia Santangeli



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