Mondo/ Porto Alegre 2005 - Cinque giorni di incontri, dibattiti, seminari, laboratori, concerti e spettacoli al quinto Forum Social Mundial, con 2500 attività per ascoltare le voci dei poveri e delle più povere tra i poveri
Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2005
Abbiamo scelto di vivere il Forum con un approccio di genere e all’inseguimento di tutte le iniziative promosse dalle donne. La prima osservazione è proprio la grande partecipazione di donne provenienti soprattutto dal Sud. Già dalla marcia inaugurale, 200.000 partecipanti, era evidente la loro forza e la voglia di protagonismo che - dalla Marcia Mondiale delle Donne alle Donne Cattoliche per la liberalizzazione dell’Aborto, dalle indigene a quelle della Campagna contro la violenza domestica - hanno cantato e gridato i loro slogan e portato in corteo i loro manifesti. Ma soprattutto le attività interne al Forum che le hanno avuto come protagoniste erano cariche di questa caratteristica di combattività e decisione; una forza, a volte commovente, che hanno messo in campo le donne del Sud, le più povere tra i poveri, per raccontare le difficoltà e affermare i loro diritti. Così la testimonianza di Daira, rifugiata colombiana afrodiscendente, lideresa come lei stessa si definisce, che ha dovuto forzatamente abbandonare il suo villaggio nella zona di frontiera tra Colombia ed Ecuador; una misura imposta dal Governo colombiano incapace di trovare una soluzione alle continue incursioni dei paramilitari e agli scontri tra questi e le FARC, che mettono a repentaglio la sicurezza della popolazione. Daira ci racconta di una intera comunità sradicata e costretta a vivere in una città in cui non si riconosce e nella quale non si sente accolta, dell’impossibilità di lavorare e essere autosufficiente, dell’angoscia di essere lontani dalla propria terra e dalla propria casa e del dolore di non poter praticare e trasmettere ai più giovani le proprie tradizioni; ma anche della battaglia delle donne rifugiate che cercano di organizzare la propria comunità in esilio e che continuano ad avanzare le proprie richieste perché “quello che ci stanno facendo – dice – è una violazione dei diritti umani”.
Il tema della povertà è stato al centro di un emozionante intervento di due donne, una del Camerun e una della Tanzania, che, durante un seminario organizzato da Global call to action agains poverty, con la partecipazione di rappresentanti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale (la prima volta che delegati di queste istituzioni partecipano al Forum), sono intervenute per denunciare i disastri provocati in Africa dalle politiche imposte da questi organismi internazionali, il debito estero che grava sulla società civile e hanno chiesto di ascoltare “le voci dei poveri ed agire”. Uno scambio assolutamente disequilibrato tra donne, che parlano della vita reale, dei bisogni e dei desideri e funzionari che, pur ammettendo che non esiste un paese al mondo che sia uscito dalle proprie difficoltà economiche seguendo le politiche del Fondo Monetario e della Banca Mondiale, non possono andare al di là di cifre e dissertazioni varie sulla “trasparenza dei governi africani”, come se “la trasparenza” fosse la virtù principale delle organizzazioni che rappresentano.
Ed è sempre la voce di una donna quella che irrompe con autorità in un seminario di Amnesty International: è la rappresentante di una rete argentina di prostitute e denuncia le detenzioni illegittime delle sue compagne da parte del Governo, la mancanza di sicurezza e i tanti assassinii di cui sono vittime le lavoratrici del sesso e conclude dicendo che ad essere “sfruttate, arrestate, uccise!” sono sempre le donne povere.
Ma oltre alle accuse, sempre rigorose e coerenti, come a volte non accade in queste occasioni aperte, le donne hanno portato al Forum anche proposte e testimonianze di pratiche differenti, spesso molto suggestive e degne di attenzione, dimostrazioni di quanto la riflessione femminile ha da offrire per la costruzione di un “altro mondo possibile”. A partire dalle pratiche. Non c’è stato un incontro di donne a cui abbiamo partecipato che non abbia adottato un approccio partecipativo: tutte in circolo, presentazione personale e possibilità di interagire con tutte le presenti; soprattutto con queste prassi si costruisce solidarietà.
Lo sviluppo di un pensiero alternativo e di rinnovati modi di guardare e leggere la realtà sono alla base dell’elaborazione delle donne campesinas della CLOC (Coordinadora Latinoamericana de Organizaciones del Campo) - Via Campesina, invitate ad un seminario organizzato da REMTE – Red Latinoamericana Mujeres Transformando la Economia . Di fronte ad un auditorio di “cittadine” la leader cilena Angelica Celis lancia una proposta provocatoria di “femminismo rurale” e invita le donne a riprendere il controllo dell’economia come “scienza della cura e dell’amministrazione della casa, laddove la casa di tutti è il nostro pianeta”. Da quando la natura è entrata nel processo di sfruttamento capitalista le donne sono state progressivamente emarginate dalla dimensione economica. “Bisogna, invece, riappropriarsi di quelli che sono stati i nostri saperi tradizionali e della dimensione ‘agricola’ che non è solo un progetto produttivo, ma una forma di vita spirituale, educativa e culturale”. La Marcia Mondiale delle Donne, un coordinamento internazionale femminista che raggruppa circa 6000 gruppi di donne in 163 paesi in tutto il mondo e presente al Forum con moltissime iniziative, promuove, invece, un’azione a livello globale con la Carta mondiale delle donne per l'umanità, un documento che raccoglie “le proposte e le aspirazioni delle donne per un mondo libero dal capitalismo e dal sessismo , senza sfruttamento né pregiudizi”. La Carta, inclusa nell’agenda dei movimenti sociali, sarà portata in marcia in più di 50 Paesi, toccando grandi città, aree rurali e zone di frontiera e partirà l’8 marzo da San Paolo, in Brasile, per arrivare il 17 ottobre a Ouagandougou in Burkina Faso, una delle nazioni più povere della terra. Il tema del rapporto tra il “Femminismo e movimento antiglobalizzazione” è stato al centro di una affollatissima assemblea, in cui si sono ritrovate centinaia di donne, per riflettere sulla maniera di trovare una convergenza con gli altri movimenti sociali per portare avanti un’agenda comune. La maggior parte delle donne che ha partecipato al dibattito ha riferito una certa difficoltà nel fare una lettura di genere e una resistenza nell’accettare la questione politica del femminismo che, a loro parere, ancora non è entrato del tutto nei Forum. D’altra parte Magdalena Leon Trujillo della REMTE, ecuadoriana organizzatrice del Foro de las Americas di Quito, ha sottolineato che la confluenza delle donne nel Forum è un fatto naturale perché “un altro mondo possibile” è una sfida da sempre femminista e perchè l’attuale ordinamento mondiale penalizza principalmente le donne. Per quanto ci si sforzi i movimenti sono parte della realtà e quindi, al loro interno, c’è ancora grande disuguaglianza e ci sono ancora dei settori che intendono la politica come questione del potere, che penetra anche la proposta antagonista e le sue pratiche, con la tendenza a riprodurre ordini gerarchici e a riconsegnare il potere a chi già lo possiede, trappola a cui il femminismo si è sempre sottratto facendo corrispondere, al contrario, l’esercizio dell’alternativa in uno spazio altro. Quale è ora la sfida maggiore delle donne nel Forum? Come il tema dell’equità di genere possa realmente diventare un tema di tutto il movimento!
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