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Le belle parole silenti

Le belle parole silenti

Versione Santippe -

Camilla Ghedini Sabato, 28/02/2015 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2015

 Oggi avrei voluto scrivere di memoria, di quella che non abbiamo più in testa, perché è conservata nel disco rigido del pc, cui abbiamo affidato passato ed emozioni. Che tali forse non possono nemmeno essere definite perché bruciate a gran velocità e quindi neppure degne di essere ricordate. L’unico archivio nel quale io credo è il corpo. Nei giorni scorsi ho riletto una lettera inviata a una persona che ho veramente amato. Era l’ottobre 2013 e scrivevo così: “Non mi convincono le persone che tentano di conquistare gli altri con tormenti dell’anima, complessità intellettuali, narrazioni di vita antica e mura difensive da abbattere. Io preferisco il processo contrario, perché i dolori, le inquietudini e le vergogne sono talmente intimi che richiedono una confidenza sperimentata, anche e soprattutto, prima, nella gioia e nel divertimento. Non credo ai legami affettivi, di amicizia o sentimento, nati sulla condivisione del malessere, che poi, secondo varie declinazioni e gradi di intensità, appartiene a tutti. Per questo, forse, io all’inizio mi presento nella versione più superficiale. Poi, se voglio bene, sbaglio. Eccome. Perché divento fragile come la pasta frolla, cui bisogna dare una forma che spesso non prende nonostante si cerchi di modellarla con la forza delle mani. Perché tornano paure antiche, che non sono quelle naturali della vita amorosa. Sono quelle che rimangono nella memoria del corpo, da prima, da subito, dal primo vagito”. Ho ripreso questo concetto, testuale, e l’ho inserito nel mio libro di prossima uscita, dove chi mi rimprovera un certo cinismo scoprirà che anche io ho un cuore. E come me tanti altri, che delle parole fanno poco uso ‘personale’. Io da sempre preferisco quelle silenti, che ci arrivano solo come vibrazione dell’anima. Le preferisco a quelle scritte, spesso tanto anticipatorie quanto gratis. Belle da ammirare in vanagloria sullo schermo del cellulare o da sentirsi rivolgere, ma sulla cui veridicità ci sarebbe da discutere. Quante volte si sprecano i ‘ti voglio bene’ senza riflettere sul significato vero dell’enunciazione, che sta per ‘io voglio il tuo bene, a discapito del mio, secondo i tuoi bisogni’. Il guaio è che le persone come me passano per burbere, soprattutto oggi giorno che vomitare la propria vita di fronte a una platea avida di fatti altrui è cosa facile. Non a caso per il nome della rubrica mi sono ispirata a Santippe, passata alla storia come moglie rompiscatole di Socrate senza che nessuno si interrogasse su cosa pensasse e desiderasse lei. Non cercare il ‘consenso’ viene individuato come difetto o nelle migliori delle ipotesi come incapacità di ‘lasciarsi andare’. E invece così non è, perché il vissuto è dentro e c’è anche se non viene dichiarato; le emozioni sono nella pancia, nelle braccia e nelle gambe, anche se coperte dai vestiti; le paure sono arginate da un bisogno di ordine che non è vigliaccheria. Per fortuna la vita vera non è come la politica e non è indispensabile mettersi ai voti e piacere a tutti. Ecco, io ho fatto questa scelta, in amore e in amicizia. Per noi ‘non cinici’ la libertà è questa, presentarci per quello che non siamo, lasciando a chi ha pazienza e curiosità l’esclusività di scoprirci per quel che siamo. Senza troppe parole.



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